Dobbiamo bruciare Dante Alighieri? – in 4 post, terza parte

“L’inferno?” s’interroga ancora Gombrowicz, e risponde “Ma se non è che un mito! … I suoi tormenti sono retorici. I dannati recitano. L’eternità è l’indolore eternità delle statue. I gironi ascendenti e discendenti, le maestose gerarchie dei peccati e delle pene, le iniziazioni, le profezie, la luce crescente, le virtù e i cori, la teologia e la scienza, i misteri, maledetti e quelli sacri… tutto, tutto non è altro che retorica. Dante recitava la propria epoca. Ma anche l’epoca recitava. Per cui il poema è, per così dire, un doppio luogo comune: il poeta recita ciò che veniva già comunemente recitato. Un po’ le discussioni domenicali dei tifosi di calcio nei bar. Ci tengono veramente tanto? Neanche per sogno. È semplicemente che ormai si sono impadroniti di quella terminologia, di quel modo di parlare, mentre mancano del linguaggio necessario per parlare d’altro. L’umanità segue i sentieri battuti dell’espressione.”

Leonardo da Vinci sicuramente avrebbe detto che Dante era solo un altro di “questi ripetitori della tradizione, di questi trombetti e recitatori delle opere altrui.” Per noi, come abbiamo già detto: oltre ad essere un piccolo reporter di provincia, di parrocchia, era anche uno che aveva il vizio di scrivere per sentito dire.

“È mai possibile che io,” protesta contro se stesso Gombrowicz, “con la mia immaginazione odierna, possa sinceramente restare affascinato dai frutti dell’acerba e quasi contadinesca immaginazione dantesca? I tormenti dei suoi dannati sono talmente rozzi, poveri, logorroici! E tutti quei predicozzi enunciati tra un tormento e l’altro… Sempre le stesse situazioni ripetute con esasperante monotonia… Quante cose ci sarebbero ancora da dire in questo senso per dimostrare quanto quest’opera sia rozza, mediocre, noiosa e senza forza!”

Dunque la Divina Commedia è un’opera “rozza, mediocre, noiosa e senza forza”, ma per chi? Sicuramente non per tutti, almeno non per quelli che afferrano in un solo colpo d’occhio il suo contenuto e capiscono subito dove va a parare; sicuramente non per quelli che sono all’altezza di leggere la meschina mente di chi l’ha scritta. Detto diversamente, quando un cervello “copiante” si scontra con un cervello “pensante”, il risultato è inevitabile, fatale!

Nel prossimo posto, quarta e ultima parte

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