La mente malata di Peter Jackson

Ormai non c’è più nulla di sano su tutto il Pianeta e questo vale anche per l’ultimo capolavoro del grottesco di Peter Jackson, “Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato”. Nulla da dire, una mente malata e nulla più. Il guaio è che ha contagiato anche la mia. Anch’io, per il solo fatto che sono andato a vedere Lo Hobbit, mi sono scoperto di avere una mente ammalata. Anche gli altri spettatori presenti nel cinema, mi è venuto da pensare mentre guardavo esterrefatto questa mostruosità cinematografica, avevano una mente ammalata.

Com’altro si potrebbe definire una mente che per mesi e anni pensa, crea, abborraccia e mette in scena una tale ignominia? Come altro si potrebbe definire un essere che con un accanimento maniacale morboso macabro sanguinario, trascorre giorni mesi e anni ad almanaccare inumanità inaudite? Un tale squallore di pensiero! E tutti gli attori, dal primo all’ultimo, che si sottopongano giorno dopo giorno e per mesi e anni a tutto questo sfacelo interpretativo, non sono forse anch’essi degli ammalati mentali?

La nostra società è venuta fuori alla grande. La bestia non nasconde più nulla. È fatta di artisti malati, di attori malati, di audience malate, d’un pubblico malato, di uomini malati, di concetti malati, d’ideologie malate, di mondi malati. E tutto questo scorreva nella mia mente mentre guardavo l’ultimo capolavoro del grottesco del regista neozelandese, “Lo Hobbit”.

Sono ormai in fuga, in fuga da un mondo in cui non mi riconosco più, un mondo che non ha più null’altro da offrire oltre al grottesco. Solo menti malate e grottesco e tutto questo mentre guardavo quello squallore.

Cito a memoria Herman Hesse “Il giuoco delle perle di vetro”: “Quando la musica di un’epoca ordinata è calma e serena, il governo è equilibrato; quando la musica di uno stato decadente è sentimentale e triste, il governo è in pericolo; quando la musica di un’epoca è irrequieta, agitata e truce, il governo è stolto,” Oggi, però, mio caro Hesse, non c’è più “quando quando quando,” c’è solo una mente malata, una società malata, un governo malato, un mondo malato, un mondo che aspetta impazientemente e con un senso di liberazione che qualcuno gli dia il colpo di grazia finale.

Per contro, se il film del regista della Nuova Zelanda ha voluto presentare lo stato del mondo attuale, devo dire, almeno in questo, che ha fatto centro!

In ogni modo, nell’intero film de “Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato,” non ho trovato una sola immagine che mi abbia toccato, mosso, colpito positivamente. Lo spettatore si trova di fronte ad una sequenza di scene, di collages, di visioni in cui si sente smarrito, perso. Cerca disperatamente di scoprire qual è il filo conduttore di tutto quel trash mentale, ma non lo trova.

E il finale? Squallido. Da telenovela. Ci vediamo alla prossima puntata. Finisce infatti nel momento in cui non avrebbe dovuto finire. Insomma finisce con una doccia fredda. Finisce  lasciando lo spettatore intuire che presto verrà sfornato un altro capolavoro di questo genio hollywoodiano. Niente, sono entrato con un buon feeling e sono uscito disgustato e col vomito in bocca.

Ieri sera al cinema, l’ultimo spettacolo, 26 dicembre 2013.

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