La mia vita, parte dodicesima e ultima

 

Il crepuscolo *

 

A causa dello studio, e per molti anni, ho sacrificato la mia vita sentimentale, affettiva, familiare, generazionale: nonostante vivessi nel mio tempo, ero fuori dal tempo. Lo sport, la musica, il teatro, i cantautori, il ballo, lo sci, la moda dei giovani, le vacanze e altre cose non le ho conosciute né sperimentate come avrei dovuto  e poi, quasi quasi, non mi rendevo neppure conto che esistessero. Non ho preso nemmeno parte alle ribellioni studentesche del Sessantotto, nonostante fossi uno studente, nonostante mi trovassi a Parigi. Li guardavo sfilare in rue de Rivoli e place de la Concorde mentre io ero appollaiato su un muro con un libro in mano. Non mi sentivo uno di loro, non mi sentivo come loro, sentivo che fra me e loro c’era un abisso. E in ogni modo, se volevo recuperare gli anni vissuti nell’incultura più nera, non avevo scelta. Lo studio, dunque, a qualsiasi rinuncia, prezzo e privazione.

Devo ammettere però che gli anni giovanili trascorsi a prendermi cura dei miei animali, mi aiutarono a sintonizzarmi con la natura. Non sono stati vani, anche se qualche volta l’avevo pensato. No, non sono stati vani per niente. Anzi, sono stati un insegnamento vero e proprio. Oggi potrei dire che, per capire e risolvere molte faccende della mia vita, prima vado a lezione dai miei fratelli animali e dalla natura e solo poi, nel caso fosse proprio necessario, dagli uomini.

Mentre studiavo in Germania, Dagmar, una professoressa che ho conosciuto a una conferenza su Nietzsche all’università di Monaco, ha voluto darmi un figlio, Julian, un bambino, oggi un uomo, a dir poco meraviglioso. Se volessi e potessi, non riuscirei a migliorarlo. È un tesoro. Purtroppo, e questo “purtroppo” ha le sue ragioni, non sono rimasto lì a vivere con loro. A quel tempo, costruirmi una famiglia e iniziare a mettere radici, era un pensiero che non faceva ancora parte della mia vita. La mia voglia di studiare e di viaggiare era ancora troppo forte. Però, per quanto ho potuto, ho sempre fatto in modo che a mio figlio non mancasse il padre, quel padre positivo e affettuoso di cui i bambini, tutti i bambini del mondo hanno bisogno.

A settantasette anni, la mia bramosia di conoscenza si è addolcita, ma non spenta: il bimbo in me non è invecchiato. Credo però di aver dato, bene o male, molte risposte alle tante domande sulla vita che lo zio Carlo, in quella sera d’inverno, aveva suscitato in me. Forse mi sono anche dato alcune risposte che lui non riusciva a dare né a me né a se stesso e avrebbe tanto voluto. Come risultato di questo nuovo cervello, sono riuscito a crearmi in questi ultimi tempi, dei rapporti affettivi felici, gioiosi e duraturi.

 

*  Preso, i 12 post di cui è composta questa mia breve autobiografia, dal terzo libro della Trilogia. “Figlio degli elementi e del big bang, l’autobiografia cosmica d’un essere umano”.

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