La papera d’oro e le auliche lettere nel Paese delle meraviglie

Qualche tempo fa, una signora di alta classe, ad un certo punto della sua vita, dato il suo status e i suoi miliardi, decise di darsi, tra tantissime altre cose, anche alla scrittura. Non scriveva lei. Questo, quelli che avevano fiuto, l’avevano subito capito. Faceva fatica a tirare giù una sola riga senza sbagli e sbadigli, come poteva scrivere dei libri? Secondo loro, secondo quelli che avevano fiuto, riusciva solo a balbettare qualche cosa a qualche giornalista o scribacchino privo di talento e che aveva la passion for anonymity, come dicono gli americani. Questi, lo scrittore ghost, geniale nell’arte dell’artificio, accettava l’incarico. E così, dopo avere, ovviamente, intascato una bella somma di denaro sborsato dalla papera d’oro, si metteva all’opera.

A lavoro compiuto, la papera d’oro metteva la sua firma, il suo nome e il gioco era fatto. Quel “capolavoro”, grazie alla pubblicità, ancora prima di arrivare nelle librerie, era già famoso, era già stato elevato alle stelle dai giornali, dalla radio, dalla televisione e in ogni recensione. Tante, tantissime recensioni, tutte che vantano la nuova star delle auliche lettere. Si elogiavano il genio, il talento, l’estro letterario della nuova signora autrice. Il contenuto? C’era anche questo, of course. Era quello dello status che la papera d’oro rappresentava nel Paese delle meraviglie.

E così, ancora prima di uscire, quell’intruglio di parole, era già un best-seller, era già famoso. I suoi libri, infatti, quando uscivano, andavano subito a ruba. L’arte della pubblicità non ha limite. La gente, anche quella che non sapeva leggere, gli analfabeti, gli illetterati, quelli che non avevano mai letto un libro in vita loro, si precipitavano nelle librerie per comprare il neonato best-seller, proprio come si va di corsa a comprare il pane dal fornaio prima che lo finisca.

Poi, una volta che la gente aveva comprato quel mucchietto di carta ben stilizzato e ornato, se lo portava, orgogliosa e trionfante, a casa, lo piazzava sul tavolo, sul comodino, lo guardava, cercava di leggere qualche paragrafo, sbadigliava, troppa fatica, troppo impegnativo, poco training mentale, poco stimolo, niente, lo andava a piazzare subito nell’armadio a vetri nel salotto, oggetto di orgoglio e di decorazione domestica.

Alcuni anni dopo l’esordio trionfante della papera d’oro, e non si sa esattamente il perché, fine dell’orgasmo pubblicitario, fine delle vendite e fine della signora scrittrice d’alta classe. Certo, ne aveva pubblicati parecchi di capolavori, best-seller. Che perdita! Figurati, lettore, tutto il paese aspettava e aspetta ancora un altro suo capolavoro per aggiungerlo agli altri che fanno da decorazione in casa. Ma non arriva. Cos’è successo?

Forse, pensano quelli che hanno fiuto, quello che è successo è chiaro. Il ghost writer che le scriveva i libri è morto o si è stufato di fare lo scrittore anonimo. E, una volta che costui è sparito si è reso difficile trovarne un altro con lo stesso stile. Lo stile è lo scrittore, è l’uomo, lo stile è difficile imitarlo senza plagiarlo. La scrittrice papera d’oro, quindi, aveva deciso di ritirarsi dalle auliche lettere per non rischiare di essere scoperta se si fosse servita della penna di un altro scribacchino dell’anonimato.

Ecco come si scelgono e si promuovono i geni sul suolo del Paese delle meraviglie; ecco un altro candidato che va ad aggiungersi alle auliche lettere destinato all’immortalità, un altro tassello letterario nell’elevatissima cultura della Santa Santissima Terra Meravigliosa.

Vedere Il Paese delle meraviglie

 

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