L’amore è un prodotto tutto al femminile

 

– Quante storie!

– Di cosa parli?

– Leggi e capirai.

 

L’innato e il costruito

 

Questo articolo non è un articolo contro i maschi, come potrebbe apparire dal titolo, è un articolo che ha a che fare con la nostra storia, la nostra biologia, la nostra chimica, atomicità, quindi con la nostra realtà vera. Può comunque non piacere ai machos, ai misogini, ai fallocrati, agli antifemministi ma, piaccia loro o meno, le cose non cambiano d’un’acca, stanno così.

Iniziamo dicendo che i maschi, e di qualsiasi specie, una volta che si sono accoppiati con una femmina, si calmano per un po’, la loro struttura fisica lo esige, ma poi la ricerca per un’altra femmina riprende, il loro istinto sessuale glielo impone. Pochissimi di loro aiutano le femmine che loro stessi hanno ingravidato a crescere i figli; sono le femmine da sole, spesso, molto spesso, che crescono e proteggono la loro prole a costo della loro vita e, a volte, anche contro i maschi che gliel’hanno messa nel seno. I maschi, quindi, pur di realizzare il loro atto seminale, sono pronti a tutto, anche a uccidere o a essere uccisi.

Questo concetto, il concetto dell’amore, come si può immaginare sin d’ora, non si basa su una realtà obiettiva, affatto. In altre parole, non funziona di pari passo fra il maschio e la femmina della specie homo.

La specie homo (homo sapiens è il nome d’arte che la scimmia homo si è dato), se ama i suoi figli, non è per amore naturale che lo fa, la natura non si esprime con l’amore, ma con l’istinto, l’istinto di riproduzione e di sopravvivenza. Perciò, se la specie homo ama i suoi figli, nel migliore dei casi li ama per una convinzione culturale, nel peggiore per un castigo che gli è stato imposto dal gruppo dominante della sua specie o dalle leggi fatte dai più forti.

È la donna, via via lungo la storia, che trasforma il suo istinto di riproduzione e di sopravvivenza in amore. Il suo attaccamento per i propri figli è naturale, non le è imposto dal gruppo dominante e tanto meno dalle leggi istituzionali, ce l’ha in lei.

L’uomo, eventualmente, trasforma il suo desiderio sessuale in amore. Il suo amore, però, è dettato dal bisogno sessuale di accoppiarsi. Il sesso, per lui, è cibo e il cibo sesso, ma non amore. Il suo “Ti amo” si traduce in “Ti voglio”.

La donna ama i suoi piccoli per un quid innato, per qualcosa di biologico che la trascende, che è in lei ed è più forte di lei. Infatti, per salvare i suoi figli, è pronta a qualsiasi cosa, come a buttarsi in mare anche se non sa nuotare.

Per l’uomo il mondo è una vagina. E per quello che riguarda il suo contributo alla crescita dei figli che ingenera, nei confronti della donna, è quasi insignificante.

È lei, la donna, che porta nel seno per nove mesi il figlio, che rischia di morire al parto, che deve sopportare i dolori più atroci mentre lo mette al mondo, che allatta il piccolo, che lo cresce, educa, istruisce, che si toglie il cibo dalla bocca per nutrirlo, che è pronta a qualsiasi sacrificio per lui, pronta a morire se necessario.

L’uomo si potrebbe definire, in termini naturali, come un fenomeno inseminatore, feconda gli ovuli come fanno tanti altri maschi del regno animale e il polline in quello vegetale, atto necessario per la continuazione della propria specie e della vita.

La donna è biologicamente programmata a creare e a realizzare in tutto e per tutto il prodotto da lei partorito. È lei che quando le muore un figlio o gliel’ammazzano che si dispera, grugnisce, balbetta cose, piange, si mette in lutto, stringe il corpo senza vita a sé, lo bacia, lo accarezza, parla con lui e di lui e, con questo suo fare, insegna ai maschi, non solo a sviluppare una coscienza umana e sociale, ma anche e soprattutto come amare.

Un uomo può infatuarsi di molte donne, voler possedere molte donne, accoppiarsi con molte donne e nonostante ciò sentirsi solo e vuoto; alla donna il maschio fa comodo solo se la protegge in caso di necessità e l’aiuta a crescere i figli, altrimenti, data la sua natura creativa, può fare anche a meno dell’uomo e sentirsi ugualmente soddisfatta e realizzata, proprio come gli alberi quando portano a termine i loro frutti.

L’amore dell’uomo è una costruzione artificiale, culturale; quello della donna è intimo, naturale, le viene dal suo istinto di procreare, quindi dall’anima, dal cuore e dal suo essere donna. Quando la volpe, nel libro di Antoine de Saint-Exupéry, dice al Piccolo Principe che “non si vede bene che col cuore”, sta dicendo una verità tutta al femminile.

L’uomo raramente si sente realizzato, felice. Spesso si sente impotente e frustrato. Non è il caso della donna. La felicità è un sentimento che va condiviso: il maschio è solo, la femmina ha i figli. Questo fatto genetico la dice lunga. Il suo istinto protettivo e il quid che trasforma in amore per i figli, le bastano, il resto è cultura.

Nell’uomo gli elementi che lo compongano lo portano a fare guerra coi suoi simili e con se stesso; nella donna gli elementi che la compongono si trasformano in produttività e infine in amore.

La donna vuole bene, ama, prova affetto per inclinazione naturale; l’uomo desidera per inclinazione naturale il sesso opposto, ma non l’ama necessariamente. Confonde, spesso, il prurito, la cupidigia, la voglia e la bestialità carnale con l’amore.

La donna, nonostante tutte le fatiche, le privazioni, i rischi che deve affrontare nel crescere i figli, questi, poi, grazie alle infinite ingiustizie create dall’uomo, non portano neppure il suo cognome, ma quello di chi l’ha forse anche stuprata!

I ruoli sociali tra l’uomo e la donna, oggi più che mai, devono essere tutti rivisti, perché, in realtà, l’uomo, quando si va al nocciolo della faccenda, di fronte alla donna, non è quello che si crede di essere.

L’amore, dunque, è un prodotto tutto al femminile. È il suo copyright naturale, una sua realizzazione. È lei la creatrice di questo nobile feeling, di questa stupenda passione, un fenomeno, questo, che allontana le tenebre e illumina la vita. Proviamo a immaginarci per un solo istante privi a vita dal sentimento amoroso e ci renderemo subito conto della sua prodigiosa importanza. Questo e molto altro lo dobbiamo a lei, alla donna.

L’uomo, dalla notte dei tempi, e soprattutto l’uomo bigotto, ha sempre sfruttato, maltrattato, ingannato, picchiato, schiavizzato, assoggettato, manipolato, oltraggiato, ammazzato, imprigionato, abusato, torturato, violato, giocato a modo suo con la donna e ingiustamente e barbaramente: lui, lui che nei suoi confronti è solo un piccolo ingranaggio della macchina biologica.

Stando così le cose, si potrebbe dire che è nei maschi che si annidano tutte le assurdità, tutte le ingiustizie e tutte le mostruosità che troviamo oggi nella società in cui viviamo. Non per nulla, le femministe americane, vogliono privare l’uomo da ogni ruolo sociale e assegnargliene uno solo, quello dello stallone. Se questo avvenisse, sarebbe una perdita per la razza umana e per il pianeta o una fortuna?

 

UN INVITO: Se l’articolo è stato di vostro gradimento, passate parola, condividetelo, criticatelo, dite ciò che pensate. Per crescere e maturare culturalmente (non biologicamente, di questo si occupa la natura), abbiamo bisogno di comprendere, di comunicare, di confrontarci, di dire la nostra, brutta o bella che sia. Fatelo! La vita è qui e ora e poi mai più. Non perdetevi questo confronto con voi stessi e coi vostri simili. Siamo tutti degli esseri umani. Nessuno uomo è più che un uomo.

 

 

Comments

  1. By Antonio Urzì Brancati

  2. By Daniel

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