L’arte di morire – post 4

Il palcoscenico e l’attore

 

Il primo può essere visto come un luogo su cui esibirsi; il secondo, l’attore, come il soggetto che interpreta la vita, il mondo, il tempo che le cose e le specie hanno a loro disposizione prima di sparire. Siamo tutti sottoposti a contratti a termine. Non ci sono favoriti sul palcoscenico. Finito il contratto, finita la vita. Si muore!

Dopo il palcoscenico, non possiamo trovarci un altro lavoro, un altro teatro, un altro luogo. Non tutti però la pensano così. Uno di questi è Jorge Luis Borges che ne “Il giardino dei sentieri che si biforcano” scrive:

“Il giardino dei sentieri che si biforcano” è un’immagine incompleta, ma non falsa, dell’universo quale lo concepiva Ts’sui Pên. A differenza di Newton e di Schopenhaur… egli non credeva in un tempo uniforme, assoluto. Credeva in infinite serie di tempo, in una rete crescente e vertiginosa di tempi divergenti, convergenti e paralleli. Questa trama di tempi che s’accostano, si biforcano, si tagliano o s’ignorano per secoli, comprende ‘tutte’ le possibilità. Nella maggior parte di questi tempi noi non esistiamo; in alcuni esiste lei e io no; in altri, entrambi. In questo, che un caso favorevole mi concede, lei è venuto a casa mia; in un altro, traversando il giardino, lei mi ha trovato cadavere; in un altro io dico queste medesime parole, ma sono un errore, un fantasma”.

I poeti, si sa, la sanno sempre molto lunga. Ben per loro. Il mondo, comunque, è un palcoscenico dove vi è un continuo alternarsi di attori. Su di esso ci si esibisce, se ci si esisbisce, una sola volta. Bisogna imparare in fretta un ruolo, interpretarlo bene, nel miglior modo possibile, perché, in reatà, poi, si viene buttati fuori dal palcoscenico in meno che non si dica. I tedeschi, a questo riguardo, dicono qualcosa di molto interessante: Das Leben ist eine Büne, spiel gut! – La vita è un palcoscenico, gioca bene!

Non c’è una ragione convincente per questa prepotenza assurda dei fenomeni, tanto meno per il fatto che uno abbia o meno l’opportunità di esibirsi sul palcoscenico. Se si volesse per forza trovare una ragione, allora si potrebbe dire che le cose stanno così oppure che la natura ha le sue ragioni che gli uomini e la loro cultura non possono avere.

La vita, dunque, è un palcoscenico e prima che arrivi la Signora delle tenebre, cerchiamo di giocar bene, let’s spiel gut!

Tra da Ha un senso la vita?

Nel prossimo post La morte è uno stordimento

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