L’Italia analfabeta – post 10

Cultura – in 2 parti  (I)

 

Questo racconto, Cultura, pubblicato nella collezione di racconti “Ribelli non si nasce” nel 2000, s’inserisce nella raccolta di post che sto pubblicando sul mio blog dal titolo “L’Italia analfabeta”.

 

“Signor Davos,” chiese una mattina Cipollina a Davos mentre si stava vestendo nella sua camera, “lei spesso usa la parola cultura  e io questa benedetta parola la sento più volte al giorno alla radio e alla televisione, ma non la capisco. Potrebbe spiegarmela, lei che va ancora a scuola?”

Davos studiava all’università di Perugia e aveva in affitto una camera a casa di Cipollina. Questi era un pensionato. Sua moglie lavorava ancora in una fabbrica di sigarette. Quando riusciva a portare a casa una stecca, la vendeva al suo affittuario col venti per cento in meno di quanto lui l’avrebbe pagata dal tabaccaio. I Cipollina avevano tre figli. Erano tutti sposati e raramente venivano a trovare i genitori.

“La cultura,” rispose Davos, “è tutto un complesso di tradizioni storiche, religiose, tecniche, scientifiche, artistiche, letterarie, filosofiche …”

“Cosa?” l’interruppe Cipollina.

Si alzava tutte le mattine alle sei in punto. Subito dopo si faceva la barba con quel vecchio rasoio che gli aveva regalato suo padre il giorno che era partito per la guerra in Etiopia. Poi andava in cucina, preparava del caffè per lui e caffellatte per la moglie, prendeva una scatola di biscotti, zucchero, cucchiaini, tovaglioli; metteva tutto su un vassoio e lo portava nella camera da letto. Qui, i Cipollina, mentre facevano colazione, parlavano delle faccende che si dovevano sbrigare durante quel giorno: le compere da fare e di qualche altra bazzecola. Venti minuti dopo questa loro routine mattutina, la donna si alzava, si lavava, si vestiva e poi andava a lavorare. Cipollina, una volta solo, faceva il letto, scopava, puliva a destra e a sinistra e dappertutto, infine si metteva a passare lo straccio nel bagno e nell’ingresso, cosa, quest’ultima, che faceva regolarmente tre volte al giorno.

“Come, cosa?” fece Davos.

“Cosa c’entrano tutte quelle cose che lei ha menzionato con la cultura?” rispose Cipollina con un’altra domanda.

I Cipollina, la domenica, giorno in cui la signora Cipollina era a casa, di solito bisticciavano. Lei non voleva, almeno per quel giorno, che lui passasse lo straccio in casa, perché non sopportava di vedere quelle mattonelle quasi tutto il tempo bagnate e luccicanti. Lui, che ovviamente si aspettava una certa comprensione dalla consorte per quello che faceva, si sentiva invece rimproverato! Allora, lì per lì, s’imbestialiva e, per dispetto, si metteva di nuovo a passare lo straccio. A questo punto lei lo chiamava pazzo e lo minacciava dicendogli che avrebbe raccolto le firme per farlo mettere in manicomio. Cipollina, sentendola dire queste parole, s’infuriava ancora di più, sbatteva lo straccio sul pavimento con violenza, dicendole: “Canta, canta! Cos’altro puoi fare eccetto che cantare? Ah, povera te!”

“Ma, signor Cipollina,” continuò Davos, “cultura vuol dire tante cose. E poi c’è cultura e cultura: cultura italiana, cultura occidentale, cultura orientale, cultura paleolitica, cultura …”

“Cosa, cosa?” l’aveva di nuovo  interrotto Cipollina.

In tutti quei mesi che Davos era rimasto lì da loro, solo una volta la coppia Cipollina si era azzuffata. Quando Davos aveva capito che quella volta i due erano venuti alle mani, era saltato dal letto, dove a lui piaceva tanto studiare leggere e scrivere, ed era andato a dividerli. Cipollina quel giorno era andato via di casa, la donna era rimasta là piangendo e maledicendo il giorno in cui era nata.

“Vede, signor Cipollina,” proseguì Davos, “la cultura, a differenza delle bestie che non sono riuscite a farsene una, ce la siamo creata noi, noi esseri umani. La cultura è una nostra seconda evoluzione, la cultura è un’invenzione e tutto ciò che noi facciamo è cultura. Quando, per esempio, lei va al gabinetto e si pulisce il deretano con la carta igienica, è cultura, quando va dal medico a farsi prescrivere una cura, è cultura, quando litiga con sua moglie, è cultura. Pensi che persino la respirazione è cultura, perché ci sono dei popoli che hanno fatto di essa un’arte. Tutto lo scibile umano, tutto lo spirito …”

“Cosa, cosa, cosa?” gridò Cipollina questa volta.

C’era un collegio davanti a casa loro. Cipollina, ogni mattina, eccetto la domenica, dopo che sua moglie era andata al lavoro e lui aveva spolverato e passato lo straccio nel bagno e nell’ingresso, si metteva alla finestra della cucina e, da dietro le tendine, occhieggiava avidamente le donne che passavano sulla strada e particolarmente le ragazze che andavano al collegio. Una mattina, Davos, alzatosi più presto del consueto, l’aveva visto masturbarsi mentre adocchiava un gruppetto di fanciulle ferme a discorrere fra loro.

Tratto da “Ribelli non si nasce”

Nel prossimo, seconda parte

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