Necrofilia o biofilia ovvero Alessandra e Pietro

 

È così che si esprime Pietro Maxymilian Di Paola: “Io ho già perso l’anima. Voglio che lei provi terrore prima di dire addio a tutto” (da “Lettera shock di Pietro”). È riuscito benissimo nel suo proposito. Se l’è trascinata con lui nel vuoto l’infelice diciannovenne Alessandra Pelizzi.

Perché ci chiediamo noi, sbalorditi e inorriditi da questo crimine premeditato da lungo tempo, almeno un anno, perché questo giovane ha voluto uccidere anche la sua ragazza? Uccidere la donna che amava? E poi in quest’orrendo modo?

Intanto possiamo dire che Pietro purtroppo non godeva d’una mente sana e razionale: l’amore c’è o non c’è e se non c’è non lo si può elemosinare e tanto meno comprare. Perché, allora, voleva essere amato se amato non lo era? Ma poi è vero che Alessandra l’ha lasciato o è stato lui a fare di tutto perché lei lo lasciasse così avrebbe potuto mettere in azione ciò che voleva già fare un anno prima?

Scrive La Repubblica, 16 settembre 2014: “Per circa un’ora, lo scorso anno, era rimasto in equilibrio sul tetto del palazzo sporgendosi per guardare giù, come se stesse decidendo il punto dell’impatto. “Aveva una felpa bianca e nera, lo ricordo come fosse ieri, era pieno giorno – racconta un suo coetaneo che quel giorno immortalò la scena con la macchina fotografica – Lo ha salvato un vigile del fuoco dopo che un collega lo ha distratto. Lo ha afferrato al volo e trascinato in salvo. Stavolta è riuscito nel suo intento, però, e purtroppo si è portato dietro lei.”

Quindi, riflettendoci, forse Pietro Maxymilian Di Paola pensò ch’era più spettacolare suicidarsi con qualcun altro, in questo modo avrebbe reso la sua fine più vistosa, più teatrale. C’era sicuramente anche del narcisismo in lui, narcisismo necrofilo.

Noi continuiamo comunque a chiederci, sempre sbalorditi e inorriditi da questa sua mostruosità premeditata, quanto la natura, la società e la famiglia hanno contribuito al suo atto omicida-suicida. Non è nato suicida-omicida, suicida-omicida si diventa ma non si nasce. Chi l’ha dunque portato a questo gesto fatale e drammatico?

Erich Fromm, nel suo libro “Anatomia della distruttività umana” ci parla di biofilia e necrofilia ossia pulsione di vita e pulsione di morte freudiani. I biofili amano la vita, vogliono godere, apprezzare, vivere, gioire, amare, abbracciare l’esistenza con quattro braccia e spolparsela e godersela fino all’ultimo istante; i necrofili odiano la vita, odiano se stessi, odiano il mondo che gli ha dato luce, vogliono distruggere tutto, incluso se stessi, solo sulla croce e nell’inferno stanno bene. Il supplizio e il dolore sono il loro regno ideale.

Scrive Di Paola nella sua fredda micidiale lettera: “Un odio così forte da essere felice di sacrificare la propria vita per far provare all’altro la vera tristezza:” C’è, ci chiediamo noi, sbalorditi e inorriditi da questo crimine, c’è in tutto il regno animale una specie che riesce a odiare i suoi simili e se stessa con una tale intensità? Come ha potuto, allora, questo giovane, questo bocciolo, in una società benestante come la nostra, come ha potuto accumulare un tale disprezzo per la vita?

Sappiamo fino alla nausea che viviamo in un mondo nichilista fino all’anima. La nostra società non sa creare amore valori nuovi gusti nuovi scopi piaceri, no no no, nulla di tutto questo, sa solo creare sfruttamento infelicità odio, sa solo crocifiggere: ecco cosa gli hanno insegnato millenni di storia, ecco i suoi valori! Come, come possono, i giovani, grazie a questa prospettiva macabra, come possono trovare pace senso e uno scopo per vivere bene e positivamente?

Per quanto riguarda Alessandra Pelizzi, per noi c’è solo dolore, un dolore profondo e silenzioso per questa giovane ragazza perché, anche se non l’abbiamo mai vista o conosciuta, ci da tanta tristezza: così tragicamente strappata dalla sua giovanissima vita. Ciao, da noi, tutti noi!

Scrive ancora Pietro: “Purtroppo con l’Alessandra ho finito a coinvolgere tutto me stesso: anima, cuore e corpo, ho specificato anima perché se si arrivano a fare certe cose, vuol dire che non la si ha più.”

Che tipo di anima, noi, almeno questo dovremmo chiedercelo, perché questo suicidio-omicidio ci riguarda, ci riguarda eccome!, che tipo di anima, noi i suoi tutori, i suoi protettori, i suoi genitori, che tipo di anima gli abbiamo messo nel corpo e nella testa per perderla a solo vent’anni? Insomma, cosa gli abbiamo fatto per portarlo a quest’atto così deciso, cinico, crudele e inumano?

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