Adriano Celentano e Vincenzo Mostarda al Festival di Sanremo

Il primo è un cantautore, il secondo un contadino: del primo nessuno avrebbe bisogno per vivere; del secondo tutti. Il primo produce rumore, il secondo cibo; il primo grida, il secondo coltiva; il primo ci assorda col suo chiasso, il secondo ci addobba la tavola con ogni leccornia gastronomica; il primo svolge un’occupazione piacevole, il secondo fa un lavoro duro; il primo è un clown dello spettocolo, il secondo un giardiniere, uno che sa fare della terra una bellezza unica dove fiori alberi e piante si armonizzano; il primo coi suoi strumenti urla e fa un baccano insopportabile, il secondo un mestiere sano e riposante; il primo è un prodotto della cultura dell’artificio, il secondo un prodotto della cultura della natura; il primo incrementa l’edificio degli ammalati mentali, il secondo rinforza la natura creando ortaggi, frutti, semenze, pane, olio, carni, migliorandoli sempre più e rendendoli più saporiti.

Ora, a questo signore che produce rumori e ch’è un clown dello spettacolo, per una sola serata, no, mi scuso con il lettore, neppure per una sola serata, ma solo per qualche oretta, al Festival di Sanremo, lo si paga 300mila euro, cioè più di 600milioni di vecchie lire! Lui, ovvio, se li prende questi soldi e fa bene. Chiunque, penso, farebbe altrettanto al suo posto. Noi ci chiediamo però: è giusto pagare uno che produce fracasso, inquinamento acustico, un prodotto sotto culturale, è giusto pagarlo un fracco di soldi e il contadino, che pur produce vita, che pur produce gli alimenti indispensabili per l’esistenza, pagarlo solo un’elemosina?

Riguardo a quei signori che se la prendono con Celentano per aver chiesto troppi soldi, nonostante venda un sotto prodotto, devo dire che mancano il bersaglio di brutto. Non è colpa sua. Lui può chiedere quel che vuole. Sono le leggi di mercato che sono assurde e le leggi di mercato sono permesse dalla società, una società capitalistica, sfruttatrice, guidata dall’egoismo, una società che sa solo produrre ingiustizia e discriminazione fra gli esseri umani. È una mastodontica ingiustizia pagare il prodotto del contadino quattro soldi; è una follia pagare un sotto prodotto non necessario e inquinante un fracco di soldi; è un’ignominia che uno che produce un bene indispensabile guadagni quel tanto per rimanere in vita e uno che produce oppio canterino venga pagato e osannato fino alla nausea. Per conto mio, il prodotto di Adriano Celentano dovrebbe essere pagato meno, molto meno di quello di Vincenzo Mostarda.

Se poi vogliamo metterla sul filosofico, quello che produce il contadino è un prodotto necessario, mentre quello che produce il cantautore è un prodotto non necessario, direbbe Epicuro e, per di più, strapagato, aggiungiamo noi. Che poi Celentano dia i soldi che gli “diamo noi”, cretini telespettatori, a Emergency o a chi altro voglia, oppure se li tenga lui, questo lo riguarda. Lo sbaglio, come sempre, viene da coloro che gestiscono il denaro pubblico, non con la testa, ma con il fondo del deretano.

Questo paese, e ormai lo sanno cani e porci, da quando è nato, ha costruito, secolo dopo secolo, la sua storia col culo (mi scuso con il lettore per l’uso di questo turpiloquio) e non ha smesso di farlo. Come possono, quelli che amministrano il sudore dei contribuenti, come possono usarlo in questo modo così ignobile e irragionevole? Questo è uno schiaffo in faccia a tutti i lavoratori, a tutti quelli che pagano le tasse, a tutti quelli che fanno fatica a nutrirsi, a tutti quelli che con sacrificio e dolore pagano il canone Rai, a tutti quelli che vivono solo e solo per mantenere i parassiti al potere!

Perché, perché tanta discriminazione tra due esseri della stessa specie? C’è una risposta a tutto questo schifo sociale? Sì, c’è. I valori, i valori creati lungo la storia da quelli che tengono il coltello gocciolante di sangue dalla parte del manico, sono valori falsi, valori ingiusti, valori sottosopra: quelli che lavorano e costruiscono il mondo, non hanno nulla, fanno la fame; quelli che non fanno niente e demoliscono il mondo, hanno tutto e fanno bella vita!

E che non mi si parli di artisti, specialmente di quelli alla Gianni Morandi che, parlando di Adriano Celentano, spara qualcosa del genere, cioè che è “l’artista italiano che vale di più, unico non solo in Italia ma nel mondo” (la Repubblica, primo febbraio 2012). Cosa ne sa lui, Gianni Morandi, del mondo? Come lo conosce? Qual è la sua esperienza? Forse è andato a lavorare nelle miniere di Marcinelle?

Di più. Sostiene che vale il triplo di quello che chiede, cioè un miliardo e 800 milioni sempre di vecchie lire, per fare, più o meno, la sua apparizione a Sanremo. Che dire, che dire quando uno dalla levatura culturale di Gianni Moranti, ti spara un’assurdità mega galattica di questo genere? Niente, mi sembra che sia già tutto detto. Ma per favore, ma per favore! E in ogni modo, gli artisti, gli artisti che ho in mente io, cioè quelli degni di questo nome, quelli che hanno sempre combattuto l’ingiustizia e la volgarità elevata a sistema, prima di tutto non hanno mai mangiato alla tavola dei tiranni, e poi non si riempiono le tasche di soldi approfittando dell’infantilità, della sentimentalità, della vuotaggine e della stoltezza altrui!

E comunque, non è Celentano che è tutto da rifare, ma la società grottesca in cui viviamo, una società che non ha mai conosciuto limiti nello sfruttare e imbrogliare il popolo. Se questo vuole smettere di prendere schiaffi in faccia, smettere di dire sempre “Signorsì!”, se vuole iniziare a farsi sentire, a riscattarsi, ed è sempre troppo tardi, allora cominci pure con il non guardare il Festival di Sanremo, tutto eccetto questo!

Quanto a me, e dico questo in tutta serenità e sincerità, fino a quando posso scegliere tra una quartina di Omar Khayyam e il rumore che mi circonda, beh, mi pare che la scelta sia ovvia, no?

È proprio un mondo fantastico il nostro, mi viene l’acquolina in bocca solo a pensarlo!

Vedere Il Paese delle meraviglie

 

 

 

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