Fides et ratio ovvero Lettera enciclica circa i rapporti tra fede e ragione, di papa Karol Wojtyla – sesta e ultima parte

Oltre a quanto abbiamo detto fin qui, Rossi, “Fides et ratio” è anche un continuo boomerang: io faccio l’elogio a te e tu poi fai l’elogio a me. Detto diversamente, Karol Wojtyla non fa che citare nel suo libro i padri della Chiesa. La sua rimane una cosa tra preti. Funziona così, Rossi: “…il mio venerato Predecessore Pio XII …” (Pio XII era l’amico intimo di Hitler, di Mussolini, di Franco), e non poteva mancare, “ … san Tommaso, l’Angelico Dottore …” e “…in coerente continuità con quella grande tradizione che, iniziando con gli antichi, passa per i Padri della Chiesa e i maestri della scolastica …” (scolastica vuol dire parlare e imparare solo dal passato, quindi fermare il pensiero, bloccarlo, ucciderlo), poi bisogna dire qualche parola su “Il grande Pontefice (papa Leone XIII) (che) riprese e sviluppò l’insegnamento del concilio Vaticano I …”, non dimentichiamo “Quanto i miei Venerati predecessori …” Non poteva mancare “Il grande Dottore occidentale, il Vescovo di Ippona, sant’Agostino …” E poi san Paolo, e poi sant’Anselmo e poi e poi e poi.

Troverai anche, Rossi, in “Fides et ratio”, una serie di autocitazioni. Giovanni Paolo II adora citarsi. Lo fa spessissimo. È un Narciso della parola. Vediamo: “Cfr. Giovanni Paolo II …, p. 122; “Nello stesso anno scrivevo nella mia Lettera enciclica …, p. 132; “Ho scritto nell’enciclica Dominum et vivificantem, …”, p. 136; “Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso al Pontificio Ateneo …”, p. 142; “Cfr. Giovanni Paolo II, esort. ap. Catechesi tradendae…” , p. 144. Ovviamente lui parte con le sue autocitazioni dalla pagina 5 “Già scrivevo nella mia prima Lettera enciclica Redemptor hominis …”, e continua fino alla fine del suo coso ad autocitarsi a più non posso.

Papa Giovanni Paolo II ama alla follia menzionarsi, citarsi, essere sempre al centro dell’attenzione. È un incallito Narciso e megalomane. Un Narciso e megalomane che si trasforma in un eroe. L’eroismo è una specie di malattia mentale provocata dalla vanità. Il papa polacco è molto vanitoso.

Non c’è, in “Fides et ratio” un solo paragrafo che entri in diretto contatto coi problemi sociali, con gli uomini, le cose, i fenomeni veri, reali. Parla di fede, ma la fede uno non può mangiarsela, la fede non riempie uno stomaco vuoto. Certo, non manca di citare, anche se solo di nome, alcuni filosofi cristiani, come John Henry Newman, Antonio Rosmini, Jacques Maritain ecc. Ci mancherebbe! Il suo ritornello, comunque, è sempre lo stesso: i padri della Chiesa; fede e filosofia. Ma, la filosofia che lui ha in mente, in realtà tutto è eccetto che filosofia.

In termini scientifici, reali, materiali, “Fides et ratio” non dice proprio nulla, solo aria fritta priva di particelle. La sua storia è fuori dalla storia; fuori da tutto ciò che è visto sentito toccato provato annusato sperimentato, fuori da tutto ciò che è costruito con atomi, particelle e molecole. La sua storia non ha a che fare col mondo fenomenico, ma con quello alieno, mortifero, quello della Chiesa Cristocatto.

L’ “ignoranza”, quella riconosciuta, accettata come limite umano, è sana, naturale, normale. Ad esempio, non so il portoghese, ignoro tutto di questa lingua, quindi sono un ignorante a riguardo; non conosco cosa c’era prima del big bang, quindi ignoro tutto di questo periodo cosmico; non so perché c’è un mondo piuttosto che nulla, quindi sono un ignorante. C’è, però, un altro tipo di IGNORANZA, quella che noi scriviamo in maiuscolo, che è quella praticata da Giovanni Paolo II. La sua è un IGNORANZA pericolosissima: pretende di sapere, ma in realtà non sa proprio nulla di tutto ciò di cui si riempie la bocca giorno dopo giorno, e questa è la peggiore di tutte le IGNORANZE.

Succede, a volte, Rossi, che qualcuno rimanga incastrato in qualche sacca storica e non ne venga più fuori. È il caso di Karol Wojtyla. Il suo genio integralista è rimasto bloccato al Medioevo, fagocitato dal pensiero dell’Angelico Dottore, uno dei più grandi plagiatori della storia. Oltre il Medioevo, la mente di Giovanni Paolo II non si è evoluta.

Di solito, quando finisco di leggere un libro, inizio a riflettere su di esso, incomincio a farmi scorrere davanti il suo contenuto e, con gli occhi della mente, lo vedo nel suo insieme. Così ho fatto anche dopo aver letto “Fides et ratio” ovvero Lettera enciclica circa i rapporti tra fede e ragione,” di papa Karol Wojtyla. Però, non ho visto nulla, proprio nulla, nulla di nulla, non mi è rimasto niente di niente nel cervello di questo libro, eccetto un’orgia di parole vuote, prive di sapore e di vita.

Scrive Virginia Woolf in “Come si legge un libro?”: “Non sono forse delinquenziali quei libri che ci hanno fatto sprecare tempo e attenzione? Non sono forse corruttori, profanatori, i nemici sociali più insidiosi, gli scrittori di libri falsi, di libri contraffatti, di libri che sembrano rendere l’aria putrida e malsana?,” p. 20. Ecco, amico mio, ecco “Fides et ratio”: un libro zeppo di aria putrida e malsana, venduto e stimato in tutto il mondo!

Vedere  L’Indifferenza divina

 

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