Il Paese delle meraviglie (8)

I superacculturati del Pdm (I)

“Fra tutti i visitatori dei musei i giapponesi sono i più attenti insieme agli inglesi e agli americani, ma quelli ricchi. I francesi invece, come in tutte le cose, mantengono un’aria distaccata; i tedeschi non danno confidenza a nessuno; spagnoli e argentini sono i più rumorosi e guai a dirgli qualcosa: sono permalosi. L’unico vizietto dei britannici è quello di accertarsi che la guida sia ben preparata. E quando meno se l’aspetta, le fanno una domandina imbarazzante… Ma per le cento guide fiorentine, abituate ad accompagnare milioni di visitatori, i clienti più difficili sono gli italiani. Credono di conoscere tutto e vogliono la spiegazione di tutto”, scrive Giovanni Morandi ne “Quel David è mio”.

Ecco, Rossi, uno spizzico di realtà riportata da chi ha fatto esperienza per trentadue anni, riguardo ai superacculturati del Pdm, il resto, come sempre, è retorica.

Nel suo libro “Tutta la vita è risolvere problemi”, Karl Popper scrive riguardo al sapere: “Non sappiamo niente – questo è il primo punto. Di conseguenza, dobbiamo essere molto modesti – questo è il secondo punto. Che non diciamo di sapere, quando non sappiamo – questo è il terzo punto. Questa è all’incirca la concezione che io vorrei volentieri rendere popolare. Ma non è che ci siano troppe speranze. Invece di posare a profeti, noi dobbiamo diventare i creatori del nostro destino. Noi dobbiamo imparare a fare le cose nel miglior modo che ci è possibile e andare alla ricerca dei nostri errori. Non dobbiamo più cercare di posare a profeti onniscienti. Ma questo significa che dobbiamo cambiare noi stessi”, p. 263.

Andare alla ricerca dei nostri errori, dice Popper. E chi, noi? Ma figurati! Questo potrebbe indurci ad andare alla ricerca delle nostre radici; questo è lavoro duro, bisogna scavare, lavorare, pensare, far funzionare il cervello. Ma figurati! No, queste cose a noi meravigliosi non interessano. Guarda che roba! Noi, proprio noi!, andare alla ricerca dei nostri errori, delle nostre origeni? E perché dovremmo, poi? Il nostro cervello è ormai avvezzo alla sua Santa Santissima porzione di droga quotidiana. È più facile immaginarsi la bella Indifferenza divina e il bello Stato predatore con tutte le loro succulente promesse e vattelapesca. No no no, noi non vogliamo andare alla ricerca dei nostri errori, dei nostri inizi, vogliamo restare come siamo!

Poi, dice Popper, che dobbiamo cambiare noi stessi. Chi? Noi? Ma quello è pazzo! Figurati! E poi, per farlo, non dovremmo riempirci la bocca di parole senza sapere neppure cosa vogliono dire. Dovremmo, invece, rieducarci. E chi ha voglia di rieducarsi? E proprio noi, rieducarci, noi che sappiamo tutto, che viviamo nel luogo più ricco di dèi, di cristi e cristicoli, madonne e madonnine, santi e santini, papi e papini, chiese e chiesine, preti e pretini, che siamo i portatori di una coscienza santificata, di verità infallibili, noi educarci? Ma quel Popper è  proprio pazzo! Scherziamo? Non per nulla, qui da noi, ogni giorno sforniamo santi nuovi di zecca. Giovanni Paolo II ha fatto suo il compito di santificare non soltanto il Pdm, non soltanto il mondo intero, ma anche cani e porci: tutti santi. Siamo, infatti, noi i meravigliosi, diventati un paese di santi. Se non sei diventato ancora un santo, Rossi, è perché sei il solito fesso. Chiunque può diventarlo, amico mio, basta solo mettersi in contatto con il luogo dove si fabbricano i santi e il gioco è fatto. Il boss del Vaticano è sempre alla ricerca di nuovi candidati alla santità. Il mondo ci conosce come fabbricatori di santi, oltre che, of course, come mafiosi, pizzaioli, truffatori, lavapiatti.

Popper dice anche questo: che dobbiamo diventare i creatori del nostro destino. Chi? Noi? Ma scherziamo! Proprio noi i creatori del nostro destino? E come? E quando mai? Ma se il nostro destino è stato sempre nelle mani della Provvidenza, dell’Indifferenza divina, del santo Stato predatore. Come possiamo allora crearci con le nostre mani il nostro proprio destino? Ma figurati! È più facile, molto più facile che si prendano cura del nostro destino il Santo Padre a Roma e il Santo Santissimo Stato Predatore, così non sprechiamo tempo ed energie in ricerche e fatiche inutili. Noi siamo gente che crede e la gente che crede crede ciecamente. Altrimenti che credenza è?

 

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