Il popolo Schidiburì

 

Si raccontava in quei tempi, al tempo dei Mubatta, d’un paese abitato da un popolo acchiappa Schidiburì (una razza di fantasmi invisibili), e da qui il suo nome “il popolo Shidiburì”. Si raccontava anche che la classe dominante, stufa marcia di governare questo popolo, stufa marcia di fregarlo, di bastonarlo, di ingiuriarlo, di sputargli in faccia, di farlo scoppiare di lavoro, insomma stufa marcia di averlo come suddito e tra i piedi, aveva deciso, prima di filarsela sconfitta da tanta pecorinità, di mettere alla testa del governo un asino, un asino asino.

Ebbene, non ci crederesti lettore, ma la storia è la storia, ebbene, il popolo acchiappa Schidiburì, si era messo, un istante dopo che l’asino era stato eletto, al suo servizio. Si racconta che seguiva i suoi ordini (le ragliate dell’asino sul cadreghino) alla lettera e lo rispettava e festeggiava né più né meno come rispettava e festeggiava gli Schidiburì.

Gli altri popoli della terra di allora, non riuscivano a credere, erano rimasti stupiti del comportamento di questo popolo, stupiti di fronte a questo fenomeno homo. Tutto si sarebbe pensato di questa specie, ma non che si sarebbe messa a servire, onorare e a celebrare gli asini!

Schidiburì: che popolo!

 

UN INVITO: Se l’articolo è stato di vostro gradimento, passate parola, condividetelo, criticatelo, dite ciò che pensate. Per crescere e maturare culturalmente (non biologicamente, di questo si occupa la natura), abbiamo bisogno di comprendere, di comunicare, di confrontarci, di dire la nostra, brutta o bella che sia. Fatelo! La vita è qui e ora e poi mai più. Non perdetevi questo confronto con voi stessi e coi vostri simili. Siamo tutti degli esseri umani. Vale a dire, nessuno uomo è più che un uomo. È così che Orazio Guglielmini parla agli amici del Web.

 

 

 

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  1. By Roberto Filiberto Gorelli

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