L’Indifferenza divina (15)

Creazione o big bang?

È bene che tu sappia, Rossi, che la religione cristiana ha potuto realizzarsi grazie al pensiero di Platone e di Aristotele, per opera di Agostino e di Tommaso, il primo saccheggiando l’opera di Platone, il secondo quella di Aristotele. C’è da dire, però, che sia il dio di Platone che il dio di Aristotele non hanno nulla a che spartire con il dio della Bibbia. Il dio di questi filosofi non crea il mondo e se stesso dal nulla, ma è un dio che mette ordine nel caos pre-esistente. E neppure il Primo Motore di Aristotele ha qualcosa a che fare con il dio dei cristiani. Costui, Geova, fa tutto lui: si crea e crea. Tutto in natura ha un principio (causa) e un fine (effetto), eccetto Lui, of course. Dio non ha né causa né principio né fine né niente.

Il dio dei filosofi, comunque (di Eraclito, di Democrito, di Epicuro, di Lucrezio, di Spinoza, di Kant), è un dio che risponde a quesiti fisici. È normale, anzi è normalissimo per un essere umano porsi delle domande esistenziali e darsi delle risposte. Il dio di Eraclito non ti dice come vivere, il dio di Epicuro non interferisce col fare degli umani, quello di Spinoza è un dio panteista ossia tra natura e dio non c’è differenza. Il dio dei filosofi si distingue molto dal dio dei cristiani. Il primo è un dio poetico, scientifico, filosofico, umano, non alienante ma che mette pace nel cervello e fa riflettere su cose giuste, razionali e sagge. Non è il caso del dio dei cristiani. Questo ti ordina, ti dice come ti devi comportare, vivere, morire e se non segui i suoi comandamenti ti punisce, ti manda all’inferno. È un dio, a dire poco, crudele, terrorizzante, dispotico.

Bertrand Russell, riguardo alla creazione del mondo, si esprime così nel libro già citato: “Mio padre m’insegnò che la domanda: ‘Chi mi creò’? non può avere risposta, perché suggerisce immediatamente un nuovo interrogativo: ‘Chi creò Dio?’ Compresi allora quanto fosse errato l’argomento della Causa Prima. Se tutto deve avere una causa, anche Dio deve averla. Se niente può esistere senza una causa, allora perché il mondo sì e Dio no? Questo principio della Causa Prima non è migliore dell’analoga teoria indù, che afferma come il mondo poggi sopra un elefante, e l’elefante sopra una tartaruga. Alla domanda: ‘E la tartaruga dove poggia?’ l’indù rispose: ‘Vogliamo cambiare discorso?’ Non c’è dunque motivo per sostenere che il mondo debba proprio avere una causa e un’origine. Potrebbe anche essere sempre esistito. È soltanto la nostra scarsa immaginazione che vuole trovare un’origine a tutto”, pp. 6-7.

Recentemente, la Chiesa ha cercato di fare del big bang un’esperienza divina, dicendo che è stato causato da Dio, riportando di nuovo tutto al Primo Motore di Aristotele. Il big bang, però, è una scoperta scientifica e non ha nulla a che spartire coi deliri di questa istituzione. Inoltre, come abbiamo già detto, Dio non ha né principio né fine e quindi non ha neppure una causa, un inizio. Il big bang invece ha causa e inizio: quando le quattro forze dell’Universo – gravità, elettromagnetismo, forza nucleare forte e forza nucleare debole – si sono combinate, ecco il momento del grande boato cosmico.

È obbrobrioso vedere come questa predatrice millennaria non abbia perso il vizio di plagiare le idee e le scoperte altrui. Ma, poi, queste idee e scoperte altrui, sono vestiti che non le vanno bene, e così il suo racconto diventa ancora più grottesco.

A volte, però, trova anche qualche scienziato di fama mondiale che, per el particulare suo, come direbbe Guicciardini, intitola i suoi libri con nomi divini. Uno di questi è Stephen Hawking. Ecco cosa scrive su di lui Martin Rees nel suo libro “Prima dell’inizio”:

“Il mio amico e collega di Cambridge, Stephen Hawking, diceva nel suo ‘Dal Big Bang ai buchi neri’ che ogni equazione avrebbe dimezzate le vendite del libro. Ha seguito quest’ingiunzione, e così ho fatto anch’io. Ma Stephen (o forse il suo editore) pensava anche che ogni menzione di Dio avrebbe raddoppiato le vendite. Con adulante imitazione, Dio è così finito sulle copertine di vari libri successivi (‘La particella di Dio’, ‘La mente di Dio’ e simili). Su questo non ho intenzione di seguire Stephen. Le incursioni degli scienziati in campi come la teologia o la filosofia possono essere tremendamente ingenue o dogmatiche. Le implicazioni che la cosmologia può avere in questi campi potranno anche essere assai profonde, ma un senso di diffidenza mi impedisce di avventurarmi … Mi trovo invece d’accordo con un altro mio collega, il cosmologo Joseph Silk: ‘La vera filosofia che la fisica moderna può offrire è l’umiltà di fronte alle grandi incognite che sono pur sempre davanti a noi’ ”.

Cosa dire, Rossi, quando un personaggio di questo calibro si vende così miseramente? Quattro cose: o fa parte dei geni idioti di cui parlava Freud o è un bigotto o è una persona venale o, ed è ancora peggio, è manipolato dal suo editore. Stephen Hawking, strettamente parlando, non ha lo spirito dello scienziato, tutto è eccetto che uno scienziato. Non basta calcolare il mondo matematicamente per essere uno scienziato. Ci vuole altro, ci vuole di più, ci vuole l’uomo. E, in ogni caso, uno scienziato vero, non mischia l’aria fritta con la scienza!

Lo stesso si potrebbe dire del professor Zichichi, lo scienziato italiano, ma ritengo il suo caso ancora più volgare di quello di Hawking e quindi neppure degno di essere menzionato.

 

Il grottesco continua

In Natura tutte le bestie e gli esseri umani nascono dalle femmine, invece con il signor Iddio è l’opposto, sono i maschi che partoriscono le femmine; i maschi che partoriscono i maschi: Gesù è stato partorito dal culo di Dio.

Nella nostra cultura, ogni incesto viene visto come un’offesa al pudore, alla morale. Nella Bibbia, l’incesto è di casa, fa parte della creazione. I figli di Adamo ed Eva, per riprodursi e moltiplicarsi, hanno dovuto accoppiarsi tra di loro: fratelli e sorelle, madre e figli, padre e figlie. Così i figli di Noè. Senza rapporti sessuali tra i membri della famiglia di Adamo-Eva, non avremmo avuto il Popolo Eletto, quindi i cristiani e i cristicoli. Detto diversamente, no incesto, no figli, no creazione.

Le astrusità del dio ebreo non finiscono mai. Jahvè prima crea gli uomini, poi li distrugge, poi li ricrea. In seguito, se non li distrugge, li condanna a perpetue sofferenze e miserie.

E cosa dire, in questione di cibo, di Jahvè appollaiato sulla sua nuvoletta? Non chiedeva troppo. Si accontentava dell’odore che proveniva dagli olocausti fatti in suo onore. Ora, con l’odore soltanto, uno che non mangia mai, può anche permettersi di non andare di corpo. E, infatti, Jahvè non ci andava. Esigeva solo che quelli che ci andavano non lasciassero le feci nei campi e tra le tende dove lui poi doveva camminarci e ispezionare. Non era bello per un Dio del suo calibro smerdarsi.

Non era la stessa cosa col Figlio, Cristo. Questi mangiava pane, pesce, fichi e beveva vino, però non andava mai al cesso. Mai Gesù è andato a cagare, pisciare. Suo padre non toccava cibo e quindi non aveva bisogno di evacuare; Lui invece mangiava e beveva e comunque neppure Lui andava di corpo.

Sapevi, Rossi, sapevi che le donne sterili venivano fecondate da Dio in persona. Perdinci, con Lui ogni botta era un nascituro. Qualche esempio: “Isacco supplicò il Signore per sua moglie, perché essa era sterile, e il Signore lo esaudì, cosicché Rebecca sua moglie divenne incinta, Gn. 25/21. Sansone, Giuseppe, Gesù ecc. tutti nati da madri fecondate dal membro di Jahvè o dallo Spirito Santo, che per noi è la stessa e medesima cosa.

 

Il Dio creatore

Fermiamoci un momento, Rossi, contiamo fino a tre e poi cerchiamo di capire meglio questo bon Dieu: uno, due, tre: continuiamo.

Costui, dunque, il dio che ispeziona i campi dei soldati, creò miliardi e miliardi di galassie, miliardi e miliardi di stelle, miliardi e miliardi di terre, miliardi e miliardi di universi, miliardi e miliardi di dèi, oltre, of course, se stesso. E quest’Essere, la cui mole è indescrivibile tanto è grande, saprebbe in ogni momento, dato che si trova nel corpo e nella mente di ognuno di noi, quello che facciamo, quello che io penso di lui, saprebbe anche quando cadono le meteoriti, quando ci sono i terremoti, quando arrivano gli tsunami, quando il cane del mio vicino tirerà le cuoia, quando io vado al cesso! “Dio sa dunque quante sono le pulci, le zanzare, i moscerini e i pesci, sa quanti sono quelli che nascono e quelli che muoiono, e non viene a conoscere una cosa alla volta, successivamente, ma tutto sa contemporaneamente e d’un tratto”, Ludwig Feuerbach, “L’essenza del cristianesimo”.

Similmente in tutto il resto dei suoi possedimenti, in tutti i suoi miliardi e miliardi di universi, di galassie, di terre con tutti i loro abitanti. Ma allora, se è così, questo è il dio degli indù, di Marco Aurelio, di Spinoza, dei panteisti e, se è il dio di costoro, è un dio che s’incazza come una biscia contro se stesso, morde se stesso, si strappa il cuore, fa la guerra a se stesso. Ma insomma, il dio dei cristiani, Rossi, è lo stesso dio dei panteisti?

 

Il Dio bugiardo

Non ci crederesti, ma tutte le nostre buone abitudini ce le ha trasmesse Lui, il Muto, quello che mette incinte le donne sterili. Quando diciamo bugie, questo lo dobbiamo a Lui, a Dio. È grazie a Lui che noi mentiamo. Infatti, Dio era proprio un grande bugiardo.

Scrive Odifreddi ne “Il Vangelo secondo la Scienza”: “Quando Adamo ed Eva mangiano il frutto dell’albero della conoscenza essi non muoiono, e dunque Dio ha mentito, mentre il diavolo ha detto la verità!

“Il serpente era il più astuto di tutti gli animali che il Signore aveva creato. Egli chiese alla donna: “È proprio vero che Dio vi ha detto: Non mangiate il frutto di tutti gli alberi del giardino?

“La donna rispose al serpente: “Noi possiamo mangiare il frutto degli alberi del giardino, e solo del frutto di un albero che sta nel mezzo del giardino Dio ha detto: Non lo mangiate, anzi non toccatelo nemmeno, altrimenti morirete!

“Allora il serpente disse alla donna: “No, voi non morirete. Anzi, il Signore sa che, qualora voi ne mangiaste, vi si aprirebbero gli occhi e diventereste come Dio, acquistando la conoscenza del bene e del male”, p. 118.

Come sai, né Adamo né Eva sono morti dopo aver mangiato il frutto proibito. Dio, dunque, non creava soltanto mondi dal nulla e uomini dal fango, raccontava anche balle!

 

I figli di Israele e le lumache

“I figli di Israele, secondo la storia narrata nell’Esodo, impiegarono quarant’anni a migrare attraverso il deserto del Sinai sino alla Terra Promessa, ossia a percorrere una distanza di circa 320 chilometri. La loro velocità media fu quindi di quasi 22 metri al giorno, ossia di poco più di 90 centimetri all’ora, o di due metri e mezzo all’ora circa se si tiene conto delle soste notturne. Comunque facciamo il calcolo, ci troviamo di fronte a una velocità media assurdamente piccola, molto minore di quella del proverbiale passo di lumaca (l’attuale record mondiale di velocità della lumaca, secondo il Guinness dei primati, è di ben 50,27 metri all’ora!)”, Richard Dawkins, “L’orologiaio cieco”.

Insomma, Rossi, la Bibbia ti spinge a rinunciare alla tua ragione, al tuo senso critico, al tuo buonsenso, ti vuole idiota, perché solo così puoi leggere e accettare i suoi sragionamenti. Un cervello ragionevolmente critico e la Bibbia sono come il giorno e la notte.

 

La santa Bibbia e i preti

Ne I libri della Bibbia, nell’appendice storico-critica intitolata La Genesi e la Bibbia, si legge che la Bibbia si è servita di tre poemi preesistenti, e cioè del poema assiro Atrahâsis, del poema Enuma Elish e della saga di Gilgamesh. Ora, ad una mente non necessariamente sveglia (non è necessaria una testa intelligente per capire questo), diciamo una mente quasi mediocre, basterebbero questi tre plagi per capire che la Bibbia non è stata scritta da un dio very clever, perché non è un prodigio di originalità. Comunque, in questa mistura di esperienze altrui, di copiature, di idee, riti, miti, superstizioni derivanti da culture preesistenti a quella biblica, non è facile capirci qualcosa neanche per uno che sia del mestiere, figuriamoci poi per la gente comune, come te, Rossi.

E comunque, anche se uno ci avesse capito qualcosa, cosa avrebbe capito? A parte le storie, non ci avrebbe capito proprio niente, perché, in realtà, non c’è proprio nulla da capire, eccetto il nonsense e la furbizia spicciola che prevale in tutto il santo Libro (con alcune eccezioni che, prima o poi, troveremo il modo di sottolineare). Tutto quello che c’è da capire è che non c’è proprio nulla da capire. È tutta interpretazione, ci dicono gli ermeneuti. Sì, certo, ma come si fa ad interpretare il nonsense? E poi, se anche si può, ne vale la pena? Ecco dove si arriva: a questa fatale realtà.

Lo straniamento della religione è inevitabile per chiunque abbia un po’ di cervello. E per questo che molta gente, avvilita, stanca, disgustata, crede e basta, perché non ci capisce nulla in tutta questa storia di pazzi.

Anche i preti, che trascorrono tutta la loro vita studiando i testi sacri, alla fine, non meno degli ignoranti e dei dotti, non ci capiscono niente di niente neppure loro: cioè, arrivano a capire, come gli esperti, che non c’è proprio nulla da capire. Perché, allora, ci chiediamo noi, Rossi, perché non si spretano, non lasciano l’abito, la Chiesa? La risposta a questo “perché” ce la dà Luigi Cascioli:

“Sono arrivato alla conclusione che molti preti, sicuramente la maggior parte, siano i primi ad ignorare le truffe su cui è basato il cristianesimo dopo aver letto il libro “Dalla fede alla Ragione” di Prosper Alfaric che, come ex-Monsignore insegnante di teologia (e quindi esperto conoscitore dell’insegnamento nei seminari), ha ben spiegato, dopo essersi convertito all’ateismo, quali sono i sistemi usati per alienare intellettualmente coloro che dovranno poi recitare la commedia del sacerdozio. Sembra incredibile, ma è proprio così! Essi, i preti, sono le prime vittime del plagio eseguito dalla Chiesa sui propri seguaci, i primi a subire quel lavaggio del cervello indispensabile affinché diventino i sostenitori irresponsabili di una morale basata ideologicamente su sofismi e storicamente sulla contraffazione dei fatti. I cinque anni di teologia, senza contare gli otto che li precedono, non hanno altro scopo che quello di trasformare nei futuri sacerdoti la capacità raziocinante di cui ogni uomo è dotato in un’imbecillità acquisita al fine di mettere a tacere a loro stessi quell’ateismo che, innato in ogni individuo, sentiranno poi continuamente agitarsi nelle loro coscienze. Ma per quanto quest’opera di trasformazione sia stata eseguita nella maniera più ossessiva e martellante sono pochi, veramente pochi, i preti che vivranno bovinamente un’esistenza di convinti credenti: come quel curato d’Ars, quel Vienney dal quoziente intellettuale praticamente nullo, che in un atto di ispirazione divina si autodefinì un’oca.

“La dimostrazione di questa mia affermazione non viene soltanto da quel loro ricorrere continuamente alla preghiera per non naufragare nei dubbi che derivano da una fede che continuamente vacilla, ma anche dai continui casi, sempre più frequenti che, superato l’ultimo scrupolo, si liberano della sottana nera, custode di angosce e di rimorsi, per rinascere a una seconda vita apportatrice di serenità come soltanto l’ateismo può garantire.

Sono numerosi i preti cattolici e i pastori protestanti che non credono a Dio, ma per viltà, per paura di perdere il guadagno o la loro posizione sociale, essi nascondono ciò che pensano. Ho avuto modo di comprenderlo diverse volte e qualcuno di questi furbi mi ha confessato che essi predicano ciò che considerano menzogna. Non si può che avere compassione di questi individui che, oltre che verso gli altri, sono disonesti anche verso se stessi”, “La favola di Cristo”, p. 85.

 

Le domande sull’esistenza d’un dio

sono universali, le risposte sono locali, sono relative alle diverse culture: cinese, indiana, europea ecc. La domanda: “Esiste un dio?” è una domanda che si pongono tutti gli esseri della Terra. La risposta che si danno, però, è una risposta circoscritta, influenzata dalla cultura del luogo. Un buddhista, ad esempio, a questa domanda, darà una risposta buddhista.

 

Le religioni e gli dèi

Secondo gli esperti, la religione più vecchia al mondo è quella degli aborigeni australiani; le più recenti religioni sono la scientologia, il mormonismo e la New Age, tutte studiate e fabbricate per sfruttare e rimbecillire ancora di più il popolo. Comunque, tra la prima e le ultime ci sono state e ci sono centinaia di migliaia di altre religioni e nessuna di esse, per quello che riguarda il soprannaturale, cioè il contenuto dell’aldilà, è degna di attenzione più di un’altra, come dice, giustamente, Richard Dawkins, ne “L’orologiaio cieco”: “Quasi tutti i popoli hanno sviluppato versioni proprie del mito della creazione, e il racconto della ‘Genesi’ è solo quello che fu fondato da una particolare tribù di pastori del Vicino Oriente. Essa non può ambire a uno ‘status’ più speciale di quello della credenza di una particolare tribù dell’Africa occidentale secondo la quale il mondo è stato creato dall’escremento di formiche”, pp. 421-422. In altre parole, la Genesi e l’idea di questa tribù africana che il mondo è stato creato dagli escrementi di formiche, si equivalgono.

Non c’è un dio per tutti, c’è, invece, un dio per ogni essere umano della Terra e forse anche per ogni pulce, animale e pianta. Non ci sono due bramini, due ayatollah, due buddisti, due papi, in breve, due credenti la cui idea del loro dio si assomigli al cento per cento. Il dio di papa Karol Wojtyla è diverso dal dio del suo sagrestano anche se credono nello stesso dio.

 

Un nuovo dio nella prima decade del secondo millennio

Se qualcuno oggi ci proponesse un dio, sicuramente lo prenderemmo per un visionario, un pazzo, uno squilibrato, alla stessa stregua di quelli che sostengono la schiavitù, che la Terra è piatta, che i neri sono inferiori ai bianchi. In quei tempi, però, duemila, tremila anni fa, quando gli uomini non erano ancora evoluti, quand’erano poco più che bestie, inventare dèi e dee era cosa normale, come era normale sostenere il concetto di schiavitù o andare al cesso. Oggi, però, questi concetti non li inventa più nessuno. L’abbiamo detto il perché: perché sono vecchi e stravecchi, perché sono un’assurdità unica. Eppure, sono lì, gli ammuffiti pensieri, e li teniamo in vita, vivi, perché? Perché, in realtà, il mistero non esiste, l’impostura sì.

 

Nel prossimo capitolo parleremo di riti, di tradizione, di autorità, di rivelazione, di religiosità, di spiritualità, di gusci vuoti, di confusione anatomica, di shit head ecc.

 

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