L’Indifferenza divina (8)

Le imprese del Padre

La creazione: come Dio creò il mondo

Prima immagine: Dio creò se stesso. Come? chiede Rossi. Non lo so, risponde Guglielmini.

Seconda immagine: Dio creò il mondo. Come? chiede Rossi. Non lo so, risponde Guglielmini.

Terza immagine: Dio creò l’uomo. Come? chiede Rossi. Non lo so, risponde Guglielmini.

Quarta immagine: Dio creò gli esseri umani, poi li distrusse, poi li ricreò. Come? chiede Rossi. Non lo so, risponde Guglielmini.

Quando Dio creò il mondo?, chiede ora Rossi a Guglielmini.

Seimila anni fa, risponde Guglielmini.

Ma com’è possibile questo? chiede ancora Rossi.

Vogliamo parlare di qualcos’altro? dice Guglielmini.

Di cosa? chiede Rossi.

Di come Dio il Muto, dopo queste grandi imprese, iniziò a governare i suoi figlioli con savoir faire e saggezza.

Il Signore parlò a Mosè dicendo: “Consacrami ogni primogenito, che apre il ventre, tra i figli d’Israele: uomo e animale sono miei.”, Es 13/1.

Hai capito? Dio chiede che ogni primogenito, umano o animale che sia, venga sacrificato a Lui. Ha ragione: li ha creati Lui. Gli appartengono. È giusto che li si arrostisca in suo onore. Un Padre, particolarmente quello che creò l’uomo, il mondo e tutto l’universo, può anche permettersi di avere in olocausto una sua creaturina, può anche godere, dopo il duro travaglio, dell’odore che emette mentre viene arrostita. Nelle sue stesse parole: “È un olocausto, dono offerto come odore gradito al Signore,” Lv 1/17.

Dio tentò Abramo dicendogli: “Abramo, Abramo!” Rispose: “Eccomi!” Riprese: “Su, prendi tuo figlio, il tuo diletto che tu ami, Isacco, e va’ nel territorio di Moria, ed offrilo ivi in olocausto su di un monte che io ti dirò!”, Gn 22/1.

Mettiamo in chiaro questo punto, Rossi, perché deve poi valere per tutta la Lettera. Qui, amico mio, non si tratta di simbolismo, qui si tratta di realtà biblica. Le cose contenute nella Santa Santissima Bibbia, tutte le cose, dalla prima all’ultima, sono da intendersi così, alla lettera, per come sono descritte nel Libro scritto da Dio, e chi le mette in dubbio diventa un miscredente! Detto questo, continuiamo.

Ecco come s’indirizzò Dio all’esercito d’Israele: “Avrai un luogo fuori dell’accampamento e uscirai là fuori. Avrai un piolo nel tuo bagaglio e con esso scaverai quando ti accovaccerai fuori, quindi ti volgerai a ricoprire i tuoi escrementi. Poiché il Signore tuo Dio si muove in mezzo al tuo accampamento per proteggerti e per mettere i tuoi nemici in tuo potere, il tuo accampamento sarà santo ed Egli non deve vedere presso di te alcuna indecenza; si allontanerebbe da te”, Dt 23/13.

Il Padre, creatore dell’uomo, del mondo e di tutto l’universo, come un sergente di caserma, ispeziona gli accampamenti dei soldati e li minaccia dicendogli, che se non li tengono puliti dagli escrementi, li abbandonerà. Niente da dire, è un suo diritto.

Così disse il Signore al Popolo Eletto: “Se tuo fratello, figlio di tuo padre o figlio di tua madre, tuo figlio, tua figlia, la moglie del tuo seno, l’amico che è come la tua anima, ti incita in segreto dicendo: “Andiamo a servire altri dèi”, che non hai conosciuto né tu né i tuoi padri, tra le divinità dei popoli che vi circondano, vicini o lontani, da un capo all’altro della terra, tu non acconsentirai, non gli darai ascolto, il tuo occhio non avrà misericordia di lui, non lo risparmierai né coprirai la sua colpa. Tu dovrai ucciderlo, la tua mano sarà la prima contro di lui per metterlo a morte, quindi la mano di tutto il popolo; lo lapiderai e morirà, perché ha cercato di allontanarti dal Signore tuo Dio che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla casa di schiavitù”, Dt 13/7.

Mi pare giusto. Rimane nell’ordine, nel carattere dell’Onnipo- tente. Quando si è padroni, bisogna esserlo fino in fondo.

“Mossero contro Madian, come il Signore aveva ordinato a Mosè, e uccisero tutti i maschi. Oltre ai loro caduti, uccisero i cinque re di Madian: Evi, Rekem, Sur, Ur, Reba, e uccisero con la spada Balaam, figlio di Beor. Poi i figli d’Israele fecero schiave le donne di Madian, i loro bambini, fecero razzia dei loro animali, dei loro greggi e di ogni loro bene. Incendiarono le città dove abitavano e i loro recinti; presero tutto il bottino e la preda, gente e animali, e condussero i prigionieri, la preda e il bottino a Mosè, al sacerdote Eleazaro e alla comunità dei figli d’Israele, accampati nelle steppe di Moab, presso il Giordano di Gerico”, Nm 31/7.

Questi erano gli ordini, i saggi ordini che il grande Padre dava ai suoi cari figlioli, ordini di uccidere altri suoi figlioli!

Ecco, Rossi, le regole impartite dal Padre ai figli d’Israele riguardo alla schiavitù: “Lo schiavo e la schiava di tua proprietà vi verranno dai popoli che abitano intorno a voi; da loro prenderete schiavi e schiave. Anche fra i figli degli ospiti che abitano presso di voi potrete prenderli e dalle loro famiglie che si trovano presso di voi e che hanno generato nella vostra terra; essi saranno vostro possesso. Li lascerete in eredità ai vostri figli dopo di voi, perché li assumano in possesso eterno; presso di loro prenderete gli schiavi. Ma fra i vostri fratelli, i figli d’Israele, nessuno domini duramente sull’altro,” Lv 25/44.

Così, il Padre, il Dio onnipotente, creatore dell’uomo, del mondo e di tutto l’universo, volle che alcuni dei suoi figli fossero padroni e altri schiavi.

È andata proprio così, Rossi. Nel suo creato il concetto di democrazia non esiste. Infatti, non ce n’è mai stato neppure l’odore. Il mondo creato dal Saggio Saggissimo Dio il Muto è un mondo di padroni e di schiavi.

Disse il Signore a Mosè: “Ma se non ascolti la voce del Signore tuo Dio, osservando e mettendo in pratica tutti i suoi precetti e le sue prescrizioni che oggi ti ordino, verranno su di te e ti colpiranno tutte queste maledizioni: “Maledetto tu nella città, maledetto nel campo. Maledetto il tuo cesto e la tua madia. Maledetto il frutto del tuo seno e il frutto della tua terra, i parti delle tue vacche e i nati del tuo gregge. Maledetto quando entri, maledetto quando esci. Il Signore manderà contro di te la maledizione…,” Dt 28/15.

Basta, Rossi! Non ce la faccio più. Le grandi imprese di Dio hanno un terribile effetto su di me. Mi sento male; mi viene da vomitare. Non te le narro più. Scusami. E poi, figurati, siamo solo all’inizio!

 

Le imprese del Figlio

Voglio riportarti alcuni famosi precetti e opere di Gesù secondo i Vangeli apocrifi (non autentici) e canonici (autentici). Per quello che riguarda i primi, gli apocrifi, mi limiterò a dirti che Gesù, da bambino, era un vero e proprio birichino, un diabolico monello, ne combinava di tutti i colori: costruiva uccelli col fango e poi li faceva volare; uccideva bambini senza un perché, altri, dopo averli fatti fuori, li riportava di nuovo in vita, piegava gli alberi mentre era ancora nel seno della madre, accecava quelli che si lamentavano con lui, portava l’acqua a casa nel mantello, si sgolava dicendo ch’era senza padre sulla terra e senza madre nel cielo, baciava Maddalena pubblicamente sulla bocca, faceva crollare i templi, distruggeva idoli, statue, risuscitò in una sola volta 182 sacerdoti, eccetera, eccetera. Straordinario il Gesù degli apocrifi. Tutto quello che diceva si avverava lì per lì. Un vero mago, un vero figlio di Dio. Beautiful fiction, la sua, Rossi. Leggi “I Vangeli apocrifi!”

E ora occupiamoci un po’ più seriamente e dettagliatamente di quelli canonici, cioè quelli ispirati, veritieri, quelli che hanno formattato la mente del popolo occidentale. Iniziamo con le sue opere.

Gesù e gli apostoli stanno attraversando il mare quando “Si scatena una grande bufera di vento e le onde si abbattevano sulla barca, al punto che la barca già si riempiva. Egli intanto stava a poppa e dormiva su un cuscino. Perciò lo svegliano e gli dicono: “Maestro, non t’importa nulla che periamo?” Egli allora, svegliatosi, sgridò il vento e disse al mare: “Taci! Calmati!” Il vento cessò e si fece gran bonaccia”.

Figurati, Rossi, suo Padre creò il mondo e se stesso dal nulla, Mosè spartì il mar Rosso, Giosué fermò il Sole, Davide uccise il gigante Golia, Lui, quando non combina guai, calma le tempeste. Tutto è in ordine.

E non solo. Guariva tutti. “Percorrendo tutta la Galilea, Gesù insegnava nelle sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo fra il popolo ogni malattia e infermità. Si sparse la sua fama per tutta la Siria e così condussero a lui malati di ogni genere. Sofferenti di infermità e dolori vari, indemoniati e paralitici, ed egli li guarì”.

Non soltanto guariva gli ammalati, ma resuscitava persino i putrescenti: “Quando Gesù arrivò, trovò che Lazzaro stava nella tomba già da quattro giorni… Gridò a voce alta: “Lazzaro, vieni fuori!” Uscì fuori il morto, legato piedi e mani con bende e la sua faccia era avvolta con un sudario. Gesù dice loro: “Scioglietelo e lasciatelo andare”.

E Lazzaro, of course, non se lo fece dire due volte: se ne andò resuscitato.

Ecco alcuni suoi precetti:

“Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Io vi dico di non resistere al male; anzi, se uno ti colpisce alla guancia destra, volgigli anche la sinistra”.

A questo riguardo, Rossi, Bertrand Russell nel suo libro “Perché non sono cristiano”, scrive: “Non contrastare il male; anzi, se qualcuno ti percuote su una guancia, tu porgigli anche l’altra” . Questo precetto, commenta il filosofo, non è nuovo. È già stato enunciato da Lao-Tze e da Buddha cinque o sei secoli prima di Cristo.”

Il problema dell’ “altra guancia”, comunque, non finisce qui. Se ci pensi, Rossi, e devi!, in ognuno di noi, come sai, sonnecchia un Buddha, un Nerone, un Torquemada, un Sade, un Kant, un Baudelaire, chiunque tu vuoi, ma non un Gesù, perché non c’è una sola creatura al mondo che porga spontaneamente l’altra guancia. Se lo fa è perduta. Se lo fa è perché è una creatura debole, quindi lo fa per il suo tornaconto: quello della speranza che il suo nemico, più forte di lei, la lasci vivere. L’atto di porgere l’altra guancia è contro l’istinto di sopravvivenza, contro natura, contro la dignità intrinseca alla Specie, è, umanamente parlando, pietoso e degradante. Tout court, è contro la materia stessa di cui siamo fatti. E, in ogni modo, tutti i miserabili della Terra, tutti i Rossi, tutti i morti di fame che oggi fanno fatica a restare in vita, sono proprio quelli che, lungo la storia, hanno porto l’altra guancia. Ecco la ricompensa!

“Non vi affannate ad accumulare tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano, dove ladri scassinano e portano via. Accumulate tesori in cielo, dove tignola e ruggine non consumano né ladri scassinano e portano via. Infatti, dov’è il tuo tesoro, lì sarà pure il tuo cuore”.

Dove, allora, ci chiediamo noi, Rossi, dove risiede il cuore del vescovo di Roma? Ogni abito che indossa questo signore, costa al popolo milioni di vecchie lire; l’oro che scintilla sul suo corpo, non ha prezzo; ogni oggetto della sua abitazione costa centinaia di migliaia di euro; ogni dimora in cui alloggia, ha un valore inestimabile; dove, dunque, dove risiedono il cuore e il dio di questo signore?

“Non ucciderai, non commetterai adulterio, non ruberai, non dirai falsa testimonianza; onorerai il padre e la madre e amerai il prossimo tuo come te stesso”.

Sicuramente tra il linguaggio di Gesù e quello della Chiesa c’è totale disaccordo: rubare, uccidere, insultare, commettere crimini d’ogni tipo è stato sempre il fare dell’Indifferenza divina.

“Ma tu, quando vuoi pregare, entra nella tua camera e, serratone l’uscio, prega il Padre tuo che sta nel segreto, e il Padre tuo che vede nel segreto te ne darà la ricompensa”.

Perché costruire chiese, allora, quando uno la preghiera se la può fare da solo in camera sua e con la porta chiusa?

“Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Sono venuto a separare l’uomo da suo padre, la figlia da sua madre, la nuora da sua suocera; sì, nemici dell’uomo saranno quelli di casa tua”.

Io, Rossi, quando ho letto per la prima volta queste parole di Gesù, ho perso, lì per lì, quel poco di fede che professavo e sono diventato un senza Dio.

“Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me”.

Non penso che queste parole siano degne di commento.

“Avete inteso che fu detto: Non farai adulterio. Io invece vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, già ha commesso adulterio con essa nel suo cuore”.

Per quello che riguarda questo detto di Gesù sull’adulterio, Rossi, devo dirti, e scusa questa digressione, ma voglio proprio dirtelo, che io di adulteri, intesi come l’intendeva Gesù, ne ho commessi moltissimi. Non parliamo di quelli commessi prima di sposarmi, ma dopo. Senza volerlo, quando vedo una bella donna, scatta in me una pulsione libidinosa, una voglia di accoppiarmi con lei, anche se ho fatto l’amore appena un momento prima con mia moglie. Il bello è che non ho alcun potere su questa pulsione. Il buon dio me l’ha data e io devo tenermela così! Il meccanismo è automatico e contemporaneo: bella donna, verga che scatta tra le gambe e l’erezione è pronta! Allora, figurati, non si contano più tutte le volte che ho commesso adulterio “in automatico”. E, per esserti sincero fino in fondo, mi auguro proprio di continuare a sentire questo bellissimo brivido sensuale tutte le volte che mi trovo di fronte ad una bella donna. Puoi immaginarti, Rossi, cosa vorrebbe dire se non lo sentissi più?

“Chi non è con me è contro di me”.

Questo precetto mi ricorda tanto le parole di Georges W. Bush: “Chi non è con l’America è contro l’America”.

“Il Regno dei cieli è simile a una rete gettata in mare, la quale ha raccolto ogni genere di pesci. Una volta piena, i pescatori la traggono a riva e, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nelle sporte e buttano via quelli cattivi. Così avverrà alla fine del mondo: verranno gli angeli e separeranno i malvagi dai giusti e li getteranno nella fornace ardente. Là sarà pianto e stridore di denti”.

Sicuramente il cuore di Gesù nutriva più odio che amore verso il prossimo. Non odiava soltanto, era anche vendicativo. Infatti:

“Recandosi la mattina in città, ebbe fame. Vista sulla via una pianta di fico, si avvicinò ad essa; ma non vi trovò che foglie; allora, rivolto ad essa: “Non possa più portare frutto in eterno”. E all’istante il fico seccò”.

In un altro suo precetto dice: “Padre, padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Come può dire questo, noi ci chiediamo, Rossi, quando lui non è capace di perdonare neppure un albero di fico?

Ecco cosa succede al servo al quale il padrone, prima di partire, aveva affidato un talento e che non glielo aveva fatto fruttare come gli altri due servi: “Perciò toglietegli il talento e datelo a quello che ne ha dieci. Infatti a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza. Ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”.

Almeno in questo, Gesù si è dimostrato veggente. La società è andata sempre così: i ricchi sono diventati sempre più ricchi; i poveri sempre più poveri. Il pauperismo è dovuto, Rossi, prima di tutto agli insegnamenti di Cristo.

“Forse un cammello potrà passare attraverso la cruna d’un ago, ma un ricco non attraverserà mai le porte del paradiso. Beati i poveri perché per essi ci sarà il regno di Dio”.

Solo i poveri, dunque, i poveri di cervello, i poveri di averi, quelli a cui sarà tolto anche quello che hanno, solo a loro saranno aperte le porte del paradiso! Di certo, il discorso coerente non faceva parte del suo understanding. Una volta prende ai poveri e dà ai ricchi e un’altra dice che i ricchi, a causa della loro ricchezza, non andranno mai in paradiso. Niente, è il figlio del Muto, può permettersi di dire tutto, Lui.

“Beati i poveri perché erediteranno il regno di Dio!”

Come potranno mai i poveri essere beati? La povertà, per quello che noi sappiamo, è fonte di ogni male, crimine, disgrazia, dolore, infelicità.

Gesù dice ai discepoli: “In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella rigenerazione, quando il Figlio dell’uomo sederà sul suo trono di gloria, sederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele”

Queste parole di Gesù sono una mega fandonia e confermano la tesi di Mario Liverani costruita con testimonianze storiche, fatica e impegno, nel suo libro Oltre la Bibbia, quando scrive che le dodici tribù d’Israele non sono mai esistite, che sono un’invenzione; e questo conferma anche la tesi di Luigi Cascioli nel suo libro La favola di Cristo, quando scrive che Cristo, in realtà, non è mai esistito.

Basta, Rossi, a questo punto mi fermo, perché, se continuo a citarti i detti di Gesù, dovrò concludere qui questa Lettera, cosa che non voglio fare. Ho ancora molte cose da dirti. Aggiungo solo tre brani di tre pensatori, Jean Meslier, Bertrand Russell e Celso, che sicuramente hanno riflettuto più di me su questo prodotto fantastico chiamato Gesù.

“Gesù è sicuramente esistito”, ammette Meslier, “ma fu un uomo da nulla, senza talento, spirito, scienza, avvedutezza, completamente disprezzato dalla gente: un pazzo, uno squilibrato, un povero fanatico e una miserabile canaglia. Questo squilibrato era un “arcifanatico”, in quanto aveva pensieri e fantasie vuote, false, ridicole, assurde e stravaganti; e se oggi si ripresentasse, lui in persona o qualcuno simile, per dirci e farci vedere che quei pensieri e quelle fantasie ce li aveva proprio nell’anima, lo considereremmo di certo ancora come un visionario, un pazzo e un fanatico, proprio come accadde allora”, dal libro di Georges Minois, “Storia dell’ateismo”.

Bertrand Russell scrive: “C’è un grave difetto nella morale di Cristo: Egli predicava l’inferno. A mio giudizio, chiunque abbia in sé un poco di umanità non può credere nel castigo eterno. Egli, invece, credeva nel fuoco infernale e, stando ai Vangeli, scagliava le sue invettive contro coloro che non lo ascoltavano. Atteggiamento, questo, comune a molti predicatori, ma non certo saggio e lodevole. Socrate, ad esempio, non si lasciò mai prendere dall’ira e, anche in punto di morte, usò molta dolcezza verso tutti, anche gli avversari. A coloro che non apprezzavano la sua parola, Cristo diceva: “Serpenti, progenie di vipere, come sfuggirete al castigo dell’inferno?” Celebre è la sua condanna del peccato contro lo Spirito Santo: “Chi pecca contro lo Spirito Santo non sarà perdonato né in questo mondo, né in quello futuro”. Cotesta minaccia ha causato sofferenze indicibili in molti che temevano di aver commesso peccati contro lo Spirito Santo. Frasi di questo genere hanno arrecato paura e terrore all’umanità, e non mi sento di riconoscere un’eccezionale bontà in chi le pronunciò. E ancora: “Il Figlio  dell’Uomo invierà i suoi angeli, ed essi raduneranno tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente. Ivi sarà pianto e stridore di denti”. Queste ultime parole vengono ripetute varie volte, sicché è palese una certa soddisfazione nel pensare a questo spettacolo. Ricordate, inoltre, la parabola del pastore che separa le pecore dai capretti. Anche Cristo separerà gli uomini alla sua seconda venuta. Ai cattivi dirà: “Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno. E questi andranno nel fuoco eterno”. Altro passo significativo: “Se la tua mano ti fa peccare, tagliala; è meglio per te entrare monco nel regno che andare con due mani nell’inferno, dove il fuoco non si estingue e il verme non muore”. E lo dice e lo ripete. Questa del fuoco infernale, come punizione al peccato, è una dottrina che ha attizzato la crudeltà. E se il Cristo dei Vangeli fu veramente come ci è descritto dai suoi biografi, ne è in parte responsabile. Tante altre cose si potrebbero ricordare. C’è, ad esempio, l’episodio dei maiali di Gerasa: i demoni furono costretti a entrare nel corpo dei maiali, che poi precipitarono nel mare. Tutto ciò non fu molto gentile nei riguardi dei maiali, tanto più che, data la sua onnipotenza, Cristo poteva semplicemente scacciare i demoni, senza disturbare i poveri animali. C’è poi la parabola del fico: “Egli ebbe fame; e vedendo da lontano un fico fronzuto, andò a vedere se vi fosse anche frutto; ma essendosi avvicinato, non vi trovò che foglie; perché non era la stagione dei fichi. E Gesù prese a dire al fico: “Nessuno mangi più del tuo frutto” … E Pietro … gli disse: “Maestro, il fico che tu maledicesti è seccato”. Racconto alquanto deprimente e che mi ha sempre lasciato perplesso. Quale colpa aveva l’albero, se non era la stagione dei frutti? Concludendo, la storia ci presenta persone ben più sagge e virtuose di Cristo; citerò soltanto Buddha e Socrate, che, sotto questo aspetto, mi appaiono molto superiori”, “Perché non sono cristiano”, pp. 13-4.

E Celso:“E quando Gesù dice: “Guai a voi” e “Io vi predico”, egli scaglia minacce e imprecazioni vane, perché con esse ammette apertamente di essere incapace di persuadere. Ma in questa condizione non verrebbe a trovarsi, non dico un dio, ma nemmeno un uomo saggio!”, “Contro i cristiani”.

 

Le imprese della Chiesa

Di queste, Rossi, delle imprese della Chiesa, come ormai sai già da un pezzo, ci stiamo occupando dall’inizio di questa Lettera, e così faremo fino alla fine.

Proseguiamo, dunque. “Questo libro va messo all’Indice”, ordina la Chiesa e lo si metteva all’Indice; “Questo invece va bruciato”, e lo si bruciava; “Questo autore blasfemo va arso vivo”, e lo si ardeva vivo; “Questa strega va messa al rogo”, e la si metteva al rogo; “Questo peccatore va messo in prigione”, e lo si metteva in prigione; “Questo ateo va torturato”, e lo si torturava; “Questo profanatore va lasciato morire in cella”, e lo si lasciava morire in cella; “A questo proprietario terrieno va sequestrato tutto, perché non ha rispettato i comandamenti”, e gli si sequestrava tutto (lo stesso operare divino si occupava del patrimonio dello sventurato, of course); “Questo empio va scomunicato”, e lo si scomunicava; “Questo scienziato va messo a tacere”, e lo si metteva a tacere; “Lutero va scomunicato”, e lo si scomunicava; “Questa ideologia va aborrita”, e la si aborriva; “Questa credenza è falsa”, e la si credeva falsa.

La confessione. Giovanni Botero, nel suo libro “Ragion di stato”, scrive: “Tra tutte le leggi non ve n’è più favorevole a principe che la cristiana, perché questa sottomette loro non solamente i corpi e le facoltà dei sudditi dove conviene, ma gli animi ancora e le coscienze e lega non solamente le mani, ma gli affetti ancora e i pensieri”.

La confessione, Rossi, è uno strumento di controllo sociale. L’Indifferenza divina, quand’era necessario, andava in cerca di coloro che non si confessavano, che non credevano, che non si facevano il segno della croce quando passavano davanti ad una Chiesa, per poi accusarli e condannarli. Di più. Quando non era essa stessa la padrona di casa, lavorava per i potenti, faceva il lavoro sporco per loro. Spiava quelli che si ribellavano contro le angherie che venivano dall’alto e poi li denunciava al potere. Questo, che sicuramente non rappresentava la giustizia, ma le leggi discriminatorie del suo tempo, assestava agli sfortunati il colpo di grazia.

Ma poi, al nocciolo, che cos’è la confessione? Magari fosse solo sesso tra preti e pecorelle smarrite, smarrite in un mondo che subiscono ma non capiscono. È di più, molto di più. È riconoscere all’istituzione Chiesa un’autorità, un potere, un abracadabra divino che è all’altezza di assolvere i penitenti dalle loro malefatte. Confessando al prete i tuoi piccoli o grandi crimini, Rossi, dimostri di riconoscergli questo potere, il potere di assolverti di fronte a Dio dalle tue cattive azioni. Questo permette al suo servitore d’insinuarsi nel tuo essere. È comunque già lì, lui, con l’indottrinamento che hai ricevuto. Solo che, con questa nuova irruzione nel tuo essere, si fortifica ancora di più. È l’ALIENO che entra in te. Il prete, con la confessione, s’impossessa della tua anima, della tua coscienza, del tuo corpo, della tua vita. Ti spia dal di dentro. Non puoi più sfuggirgli. Sei rimasto senza niente. Ti ha spogliato della cosa più bella che avevi: la tua intimità, la tua inviolabile individualità. Chi ti controlla l’anima, ti controlla il corpo. Nella storia dell’umanità non c’è un’invenzione più insidiosa e nociva di quella della confessione.

I preti e i potenti. La Chiesa si è sempre schierata con quelli che hanno il coltello dalla parte del manico. Fa il loro gioco, ed è per questo che la si tiene in vita. Infatti, se non vuole essere annientata, deve offrire i suoi servigi a principi e despoti, a carnefici e fanatici: ai vari Costantino, ai vari monarchi, ai vari Mussolini, ai vari Hitler. “Esercito e Chiesa, diceva un imperatore d’Austria, sono le fondamenta del nostro impero”. La Chiesa, quindi, è un altro tipo di esercito, però più sottile, più insidioso, più devastante del primo. È la nemica numero uno del popolo. Se il popolo si trova nella miseria e nell’ignoranza in cui si trova, lo deve proprio alla Chiesa. Con il suo aiuto i tiranni si sono fortificati, possiedono corpo e anima dei loro sudditi. Come gli ingenui alla san Francesco andavano in giro in cerca di pecorelle smarrite per immolarle all’istituzione che serviva, ma non comprendeva, così la Chiesa andava in cerca dei poveri di spirito per immolarli al signore da cui dipendeva. Non ha cambiato abitudine. Anzi, oggi è diventata ancora peggio.

Quanto all’educazione dei potenti, sin dall’inizio, sono stati sempre istruiti dal clero. Il risultato è ovvio: sono diventati “i preti senza sottana”, come li abbiamo già chiamati. Perciò, secondo il nostro modo di vederli, preti e potenti sono la stessa e medesima cosa. Salvo qualche eccezione, potenti e preti si sono sempre aiutati a vicenda. Cos’è la Chiesa se non un potere gerarchico allo stesso livello di quello dello Stato predatore? Sul trono dello Stato predatore siede un uomo di potere; sul trono del Vaticano siede un uomo di potere. Il potere della Chiesa e il potere dello Stato predatore, insieme, si completano: due poteri, una sola testa. Due sistemi di sfruttamento e di obnubilamento. Insieme formano un tribunale spietato, disumano. Il loro dispotismo celeste e terreno rappresenta un perpetuo terrore per i popoli: terrore di essere scomunicati, terrore di finire ammazzati; terrore di bruciare in inferno, terrore di essere mandati in guerra. Insomma, terrore e basta!

Le malattie nel mondo. “La Chiesa, scrive Luigi Cascioli ne “La favola di Cristo”, ha sempre considerato le epidemie come flagelli voluti da Dio contro i quali ogni lotta veniva considerata un sacrilegio. Quando la peste faceva strage fra le popolazioni, essa emanava ogni volta degli editti che proibivano la distruzione dei ratti, ritenendoli i realizzatori della volontà di Dio. Nel 1829 Leone XIII condannò le vaccinazioni scrivendo: ‘Chiunque procede alla vaccinazione cessa di essere figlio di Dio: il vaiolo è un castigo voluto da Dio, la vaccinazione è una sfida contro il Cielo’ ”.

Scrive Enzo Jannacci, medico e cantautore: “Essendo persona di una certa età, che si è occupata di scienza medica e di ideologia, non posso che condividere le ragioni del sì (cioè votare per il “sì” nel refendum sulla procreazione assistita, giugno 2005). Non dimentichiamo i grandi disastri da certi comportamenti della Chiesa di Roma, di quando, per esempio, i medici non potevano visitare le donne e le partorienti morivano”, L’Espresso, 16 giugno 2005.

Scrive Celso. “Il maestro della dottrina cristiana va dunque in cerca degli stolti e si comporta come uno che promette di sanare i corpi e nello stesso tempo distoglie dal dar retta ai medici sapienti, perché questi potrebbero confutare la sua ignoranza. Perciò ricorrono agli sciocchi ed ai villani ingenui dicendo loro: ‘State alla larga dai medici! Badate che nessuno di voi metta mai mano alla scienza, perché la scienza è male e la conoscenza fa perdere agli uomini la salute dell’anima. Molti sono stati rovinati dalla sapienza. Badate a me, perché io solo vi salverò. I medici invece rovinavano coloro che promettono di curare’ ”, pp. 141 e 143.

La testa della Chiesa non cambia: così era allora, così è oggi. Io dico, però, che nessun papa, prete, ecclesiastico, credente, se fosse coerente con la sua credenza, se la onorasse fino in fondo, non dovrebbe farsi curare dai dottori se si ammalasse, ma solo dal suo Dio.

I conventi. Si dice che i conventi puzzino di sperma, di sudiciume morale, che siano il luogo più appropriato per l’onanismo, nonostante sia condannato dalla Chiesa stessa. È vero anche che i conventi erano i luoghi dove lo sperma non andava mai sprecato. La storia racconta che era proprio in questi luoghi dove monaci e monache, religiose e preti si accoppiavano a più non posso.

Scrive Nigel Cawthorne ne “La vita sessuale dei papi”: “Di fatto i conventi, in Francia, erano noti come ‘case di piacere’. Le suore di Poitiers e di Lys erano famose per le galanterie che scambiavano con i frascescani della città, mentre le monache di Montmartre si prostituivano, arrivando ad avvelenare la loro madre superiore che cercava di redimerle. I bordelli restituivano le cortesie: le tenutarie si facevano chiamare badesse e i postriboli erano denominati abbazie. Nel suo stile fiorito, tipico del Medioevo, Carlo VI di Francia scrisse di essersi recato ad udire una supplica indirizzataci dalle figlie della gioia del bordello di Tolosa ‘la Grande Abbazia’ ”, pp. 88-89.

Scrive Luigi Cascioli sul suo sito Internet: “In una ispezione ai conventi di suore ordinata da Enrico VIII risultò che il 60% delle suore era in stato interessante. Siccome il pericolo di perdere la vita in seguito all’aborto, per via delle infezioni e delle emorragie che ne seguivano, spaventava le monache, la maggior parte di esse preferiva portare a termine la gravidanza. I neonati che si salvavano dalla morte erano pochissimi perché erano le stesse madri che, prive di ogni scrupolo, li strangolavano per quella tranquillità di coscienza che gli veniva dall’assoluzione concessa dalla “casistica” che in questo caso stabiliva che era meglio uccidere che compromettere la reputazione del convento.

“Un prete cronista del tempo, di nome Barletta, che aveva la possibilità di visitare i monasteri femminili come predicatore e confessore, riportava in un rapporto che nei cessi (latrines) sentiva spesso i gridi dei neonati che venivano soffocati, e un frate francescano, un certo Maillard, scriveva “…se avessimo buone orecchie sentiremmo i gridi dei bambini che vengono gettati nei cessi e nei fiumi”. Un’altra testimonianza ci viene ancora da Henri Estienne, frate e confessore, che a proposito della soppressione dei neonati operata dalle monache scrisse: “Questi crimini sono ordinari nei conventi dove i figli che nascono vengono uccisi dalle madri che li strangolano appena escono dai loro corpi.”

Figurati, Rossi, che i giardini dei monasteri e dei conventi finivano per essere cimiteri d’innocenti appena nati.

I bordelli. Una volta, la prostituzione, sempre dal sito Cascioli, era un business molto lucrativo che faceva capo alla Chiesa. “Papa Sisto IV organizzò la prostituzione istituendo quei bordelli dei quali la Chiesa continuò ad essere l’amministratrice fino ai nostri tempi, cioè fino a quando furono chiusi dalla legge Merlin. Di bordelli istituiti dalla Chiesa se ne contarono a centinaia in tutto il mondo cristiano. Considerati fonte di sicuro reddito, i papi spesso li assegnavano come base di sostentamento alle diocesi i cui vescovi, a loro volta, li parteggiavano con le parrocchie assegnando a ciascuna di esse una prostituta la quale, divenuta proprietà della Chiesa, versava ogni quindici giorni il ricavato delle marchette al parroco (quindicina).

“Tra tanti bordelli, il maggiore, sia nella perversità che nella grandiosità dell’organizzazione, fu certamente il Vaticano nel quale ogni sera entravano schiere di omosessuali e di donne travestite da uomini per animare le orge dei nobili romani che, in qualità di bastardi, erano legati da parentela con i più grandi prelati e con gli stessi papi.

“Nei secoli XV e XVI il 50% della popolazione di Roma era formata da bastardi provenienti dai conventi, dai bordelli e dalle relazioni dei preti che disponevano di un numero illimitato di concubine.”

I bambini castrati. “Mulieres in Ecclesiis taceant” –“Le donne in Chiesa tacciano”, Saulus. Se le donne non potevano più cantare in Chiesa, allora bisognava rimpiazzare le loro voci. Con quali? Con quelle dei bambini castrati. E così ebbe inizio un altro terribile crimine perpetrato dalla Chiesa, quello della sterilizzazione dei bambini. Per secoli, questo barbaro e perverso costume è stato un flagello per bambini innocenti, ma di famiglie povere. Li eviravano, Rossi, come si evirano i maiali per ingrassarli. Questi però, i bambini, li eviravano per farli cantare in Chiesa, le famose “voci bianche”. Molti bambini morivano durante la castrazione, altri rimanevano sfregiati per la vita, altri ancora non cantavano così bene come ci si sarebbe aspettato dopo la castrazione, solo pochi soddisfacevano all’ignobile scopo. Bambini innocenti, dunque, venivano sacrificati nei cori, e tutto ciò, per il piacere di Dio, dei preti e dei lupi di turno.

Jus primae noctis. Tu sai, amico Rossi, che durante il Medioevo, la Chiesa e i signori avevano escogitato una legge nominata, jus primae noctis? Il padrone della contea, regione, città aveva il diritto di trascorrere la prima notte di matrimonio con la sposa. Quando il padrone della città era un prelato, la vergine toccava a lui. Le spose, il più delle volte, appartenevano alla servitù della gleba, ai contadini che lavorano per il signore.

Cerca, Rossi, cerca di immaginarti per un solo momento cosa voleva dire per il giovane sposo essere obbligato, per legge!, a dare, nella prima notte di matrimonio, la sua donna, la sua sposa, la persona amata, la futura madre dei suoi figli, ad un estraneo! Cerca di immaginarti il cuore della sposa che doveva trascorrere la notte, sicuramente una notte che avrebbe dovuto essere la più felice della sua vita, con un uomo che non amava, che non conosceva, che sicuramente odiava. Pensa all’umiliazione che dovevano subire questi giovani. E non venire a dirmi che la Chiesa non c’entrava. La Chiesa c’entrava eccome! Non si oppose mai a questo abominio. Taceva, quindi acconsentiva. Ne traeva vantaggio. Anche i suoi prelati potevano godere della prima notte e con la benedizione di Dio il Muto!

Sessuofobia. Questa era il terrore che i preti avevano delle donne. Già l’Ecclesiaste intonava: “Più odiosa della morte considero la donna, il cui cuore è irto di trappole e di lacci e le cui mani sono catene: chi vuol piacere a Dio dovrà fuggirla”. Già Gesù ribadiva: “Voi sapete che fu detto dagli antichi: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: Chiunque guarderà una donna con desiderio commetterà nel suo cuore adulterio con lei”. Già san Saulus ricordava: “Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione”. Già sant’Agostino confermava che il sesso era la fondamentale fonte di peccato, addirittura l’essenza del Peccato Originale: “Ex hoc peccatum originale” .

Il sesso, Rossi, è una parte integrante della nostra vita, della nostra biologia, del nostro essere. Non c’è nessuna differenza, naturalmente parlando, tra mangiare, cagare e fare l’amore. Il sesso è cibo, è riproduzione, è natura, è un bisogno indispensabile per la continuazione della vita. No sesso, no vita. Eppure, i preti, hanno trovato il modo di denigrarlo, di condannarlo, di vederlo addirittura come il Peccato Originale! Ma sono veramente riusciti ad eliminarlo oppure l’hanno reso ancora più eccitante?

La sessuofobia culminò nella Santa Santissima Maria Margherita di Alacoque. “Questo delirio sessuofobico, scrive su Internet Luigi De Marchi in “Religione e sessuofobia”, non fu di certo limitato al cristianesimo medievale. Esso attraversa come un filo rosso tutta la storia del cristianesimo, sia quello riformato che quello cattolico, e trova anche nell’era contemporanea espressioni sconvolgenti. Basterà un esempio particolarmente illustre: S. Maria Margherita di Alacoque. Questa santa, com’è noto, fu anche l’iniziatrice del culto del Sacro Cuore di Gesù, che le appariva fiammeggiante nelle sue allucinazioni e al quale sono dedicate tutte le Università Cattoliche del mondo. Conforme a una tradizione multisecolare, in un impressionante crescendo di masochismo, Margherita, per fugare le tentazioni, si inflisse penitenze sempre più atroci. Cominciò la sua vita monastica imponendosi di bere soltanto una volta la settimana, ed esclusivamente la risciacquatura dei piatti del convento; poi s’incise sul petto, con un coltello, il nome di Gesù, ribadendo l’atroce tatuaggio, che rischiava di cicatrizzarsi troppo rapidamente, con la fiamma d’una candela; o ancora, dovendo un giorno pulire il vomito d’un malato, avvertì, come ci confessa nel suo Diario (pubblicato nel 1915 con una prefazione del papa dell’epoca, Benedetto XV, che additava in Margherita “un modello per tutti i cristiani”) “un impulso irresistibile a raccoglierlo con la lingua”; e infine, trovandosi ad assistere una donna malata di dissenteria e provando perfino disgusto, s’impose d’inghiottire le urine e ne avrebbe perfino inghiottito gli escrementi solidi se, come ci ricorda sempre nel Diario, non le fosse apparso il volto di Gesù che amorevolmente l’ammonì e la dissuase, ricordandole che “non era l’ora della refezione”.

 

Nel prossimo capitolo parleremo delle radici bibliche, delle radici cristiane e del rimedio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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