La favola di Bogududù e la favola di Geova – in 10 post, il quarto

 

 

La favola di Bogududù  (IV)

Mi viene un’altra idea. È inevitabile, da idea nasce idea. Come si dice: l’appetito viene mangiando. Impiego i più grandi geni ingegneristici e architettonici (altro che Brunelleschi! Altro che Eiffel!) nella costruzione d’un castello sulla Terra come quello immaginato su Marte. Una volta finito, riempio le camere con dei personaggi della mia fantasia che faccio ritrarre dagli artisti, i migliori artisti del mondo, of course. Altro che dei Michelangelo, altro che dei Rembrandt, altro che dei Piero della Francesca; coi soldi che pago posso comprare veri e propri geni della pittura. Le loro opere sono grandiose, appropriate, quelle che ci vogliono. I personaggi che ritraggono sembrano divinità. Bogududù, però, li batte tutti: è stupendamente divino. Ha occhi azzurri, capelli biondi, un viso attraentissimo, è alto, ben formato, armonioso, mirabilmente vestito.

I semplicioni, quelli che ingoiano tutto senza mai capire nulla, dopo averlo visto nei dipinti, non hanno più dubbi. Se lo sognano persino di notte. Le donne, in particolare, vanno matte per il mio Bogududù. L’adorano. Sarebbero pronte a fare qualsiasi cosa per Lui: darsi a Lui, tradire i loro mariti per lui, ammazzarsi, qualsiasi cosa. Sono tutti, maschi e femmine, presi dal suo fascino, dal delirio mistico. Ne parlano, parlano, parlano, tutto il mondo ne parla, ne va matto, vuole comprare, affittare, assicurarsi a tutti i costi un posto su Marte, soprattutto dopo aver visto quello in miniatura sulla Terra. Non mancano quelli che vorrebbero addirittura morire subito per andare a vivere su Marte con Bogududù. Ci sono stati e continuano ad esserci dei suicidi a questo proposito. Non posso farci niente. La credenza bogududiana è diventata irresistibile, un oppio, una droga, quasi tutti, pagani e di altre credenze e religioni, si convertono ad essa.

Naturalmente, all’entrata del castello su Marte, ci sono dei guardiani che lasciano passare solo chi ha le carte in regola, un lasciapassare su cui c’è scritto che l’entrata è stata onorata. Una volta nel castello, tutti saranno accolti con festeggiamenti: si mangerà, si berrà, si farà l’amore: sesso e cibo a volontà. Dopo averlo fatto, ci si riposerà; più tardi si riprenderà a farlo di nuovo, e così per sempre. Le donne non mancano e neppure i maschi. Belle favolose donne, belli fantastici maschi. Tutti, tutti mirabilmente attraenti, anzi, attraentissimi, perché una volta lì su Marte, tutti diverranno bellissimissimi, anche i più brutti. Altro che neve, arance e caffè sbavazza, altro che le 72 vergini, le bellissime hûrî musulmane che attendono il kamikaze nell’aldilà, i miei giovani e le mie giovani sono i più belli e i più ammaestrati di tutti in assoluto. Non mancano neppure i poeti, i musicisti, gli artisti, i maghi, i prestigiatori, ballerine e ballerini, buffoni e i cervelli più pazzi e più svariati al mondo. Nel castello su Marte: la vita è vita!

Un furbetto una volta, Rossi, mentre stava speculando sul prezzo d’una camera nel castello, mi chiese:

“Potrei fare un piccolo assaggio di tutto questo bene di Bogududù di cui lei parla adesso?”

“Affatto!,” gli rispondo subito, “solo dopo aver regolato il conto e dopo la sua santa santissima morte potrà farlo.”

Mi guardò a lungo dubbioso, deluso, e tacque.

Mi ha fatto pena… Niente, era così in quei tempi!

I cattivi i non credenti, gli atei, gli eretici, gli agnostici, i fisicisti, quelli che non hanno onorato l’entrata, quelli che sparlano del nuovo Bogùdudù, quelli che non credono in Lui né al castello su Marte, quelli che prima di credere vogliono capire, vogliono i fatti, questi, quando tireranno le cuoia, andranno tutti dritti dritti da Bugadoni, il nemico numero uno di Bogududù, un mostro che dispone di un miliardo di tormenti e che castigherà tutti quelli che non credono nel mio castello su Marte e al potere divino di Bogududù. La gente trema dalla paura quando gli si parla di Bugadoni, ma non i furbetti non credenti.

Bugadoni, infatti, è un sadico, un torturatore, brutalizzatore, seviziatore, è l’incarnazione stessa del male, massacra tutti, ma soprattutto gli eretici, i laici, i miscredenti, gli atei, i fisicisti, i venali, gli arroganti, gli scienziati, i saputelli, quelli delle altre credenze. Questi li fa a pezzi cento volte al giorno e poi li rimette di nuovo insieme per rifarli a pezzi subito dopo e così all’infinito. Bugadoni semina terrore, la gente cambia colore solo a sentire il suo nome. S’informa su cosa bisogna fare per non cadere in mano a Bugadoni. Noi glielo diciamo; facciamo anche in modo che, se alla loro santa santissima morte si ricorderanno di noi nei loro lasciti, of course, nessuno, o quasi nessuno, finirà tra gli artigli di quell’essere truce: Bugadoni!

Nel prossimo posto, La favola di Bogududù (V)

Tratto da L’Indifferenza divina

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