L’Italia analfabeta – post 1

Piazzerò una serie di post sull’Italia analfabeta e cercherò di spiegare le cause del suo analfabetismo e le cause del suo analfabetismo non sono “casuali”, sono “causali”, hanno una causa ed un effetto ben precisi. Mi servirò d’un mio libro, “Il Paese delle meraviglie”, pubblicato nel 2009 a mie spese (sono un autore che si auto pubblica. Vorrei aggiungere che, grazie a questo libro, alcune persone hanno fatto la loro fortuna e il loro successo televisivo. Ne sono felice per loro). Utilizzerò anche degli scritti che sto preparando tutt’ora sull’argomento e altro materiale da me pubblicato. Le critiche sono ben venute. Iniziamo col primo. 

I superacculturati del Paese delle meraviglie

 

“Fra tutti i visitatori dei musei i giapponesi sono i più attenti insieme agli inglesi e agli americani, ma quelli ricchi. I francesi invece, come in tutte le cose, mantengono un’aria distaccata; i tedeschi non danno confidenza a nessuno; spagnoli e argentini sono i più rumorosi e guai a dirgli qualcosa: sono permalosi. L’unico vizietto dei britannici è quello di accertarsi che la guida sia ben preparata. E quando meno se l’aspetta, le fanno una domandina imbarazzante… Ma per le cento guide fiorentine, abituate ad accompagnare milioni di visitatori, i clienti più difficili sono gli italiani. Credono di conoscere tutto e vogliono la spiegazione di tutto”, scrive Giovanni Morandi ne “Quel David è mio”.

Ecco, Rossi, un pizzico di realtà italiana doc riportata da chi ha fatto esperienza per trentadue anni con i superacculturati del Pdm (Paese delle meraviglie), il resto, come sempre, è retorica.

Nel suo libro, “Tutta la vita è risolvere problemi”, Karl Popper scrive riguardo al sapere: “Non sappiamo niente – questo è il primo punto. Di conseguenza, dobbiamo essere molto modesti – questo è il secondo punto. Che non diciamo di sapere, quando non sappiamo – questo è il terzo punto. Questa è all’incirca la concezione che io vorrei volentieri rendere popolare. Ma non è che ci siano troppe speranze. Invece di posare a profeti, noi dobbiamo diventare i creatori del nostro destino. Noi dobbiamo imparare a fare le cose nel miglior modo che ci è possibile e andare alla ricerca dei nostri errori. Non dobbiamo più cercare di posare a profeti onniscienti. Ma questo significa che dobbiamo cambiare noi stessi”, p. 263.

Andare alla ricerca dei nostri errori, dice Popper. E chi, noi italiani? Ma figurati! Questo potrebbe indurci ad andare alla ricerca delle nostre radici. Questo è lavoro duro, bisogna scavare, lavorare, pensare, far funzionare il cervello. Ma figurati! No, queste cose a noi meravigliosi non interessano. E poi noi, proprio noi, andare alla ricerca dei nostri errori, delle nostre origini? E perché dovremmo, poi? Il nostro cervello è ormai avvezzo alla sua Santa Santissima pozione di droga quotidiana. È più facile credere nella bella Indifferenza divina e nel bello Stato predatore con tutte le loro succulente promesse che non in quello che dice il Popper. No no no, noi non vogliamo andare alla ricerca dei nostri errori, dei nostri inizi, ma figuriamoci!

Poi, continua dicendo il filosofo austriaco, che dobbiamo cambiare noi stessi. Chi? Noi? Noi i superacculturati del Pdm? Ma quello è pazzo! Figurati! E poi, per farlo, non dovremmo riempirci la bocca tutto il tempo di parole sante e pallonare. Dovremmo, invece, rieducarci. E chi ha voglia di rieducarsi? E proprio noi, rieducarci, noi che sappiamo tutto, che viviamo nel luogo più ricco di dèi, di cristi e cristicoli, madonne e madonnine, santi e santini, papi e papini, chiese e chiesine, preti e pretini, che siamo i portatori di una coscienza santificata, di verità infallibili, noi educarci? Ma quel Popper è proprio pazzo! Scherziamo? Non per nulla, qui da noi, ogni giorno sforniamo santi nuovi di zecca. Giovanni Paolo II ha fatto suo il compito di santificare non soltanto tutto il Pdm, non soltanto il mondo intero, ma anche cani, porci e pidocchi: tutti santi. Siamo, infatti, noi i meravigliosi, diventati un paese di santi. Se non sei diventato ancora un santo, Rossi, è perché sei il solito fesso. Chiunque può diventarlo, amico mio, basta solo mettersi in contatto con il luogo dove si fabbricano i santi e il gioco è fatto. Il boss del Vaticano è sempre alla ricerca di nuovi candidati alla santità. Il mondo ci conosce come fabbricatori di santi, oltre che, of course, come mafiosi, pizzaioli, truffatori, lavapiatti, spaghetti e mandolinari.

Popper dice anche questo: che dobbiamo diventare i creatori del nostro destino. Chi? Noi? Ma scherziamo! Proprio noi i creatori del nostro destino? E come? E quando mai? Ma se il nostro destino è stato sempre nelle mani della Provvidenza, la Chiesa, dei preti e del santo Santissimo Stato predatore. Come possiamo allora crearci con le nostre mani il nostro proprio destino? Su, dai! È più facile, molto più facile che si prendano cura del nostro destino il bel Santo Padre e il bel Santo Stato, così non sprechiamo tempo ed energie in ricerche e fatiche inutili. Noi siamo gente che crede e la gente che crede, crede ciecamente. Altrimenti che credenza sarebbe la nostra?

Tratto da  Il Paese delle meraviglie

Nel prossimo post: Il dono delle fede.

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