Lo Stato predatore (2)

2. Il concetto di proprietà

Gli indiani d’America, quando videro gli europei mettere staccionate, filo spinato, stabilire frontiere e poi dire: “Questo è mio!” “Questo è nostro!”, si meravigliarono. Non conoscendo il concetto di proprietà, si chiedevano: “Come si può possedere la terra quando è fatta per ospitare e nutrire tutti? Come si può dire “questo è mio” o “questo è nostro”, dal momento che appartiene a tutti, anche agli animali? Nessuno può possedere il cielo, la terra, i fiumi, le spiagge. “Wie kann man den Himmel kaufen oder verkaufen – oder die Wärme der Erde?” Come può l’uomo comprare o vendere il cielo oppure il caldo e la Terra? “Mutter Erde-Bruder Himmel”, Texte von Dedo Weigert und Peter Musail, p. 2.

Gli indiani si sbagliavano, of course. Non era così, per gli europei. Questi non avevano fatto altro, durante millenni di evoluzione, che dire “Questo è mio!” Pensa, Rossi che, oggi, se vai in vacanza in Liguria, trovi che la spiaggia, anche la spiaggia!, se la sono comprata o commercializzata quasi tutta gli speculatori. A volte, se non paghi, non puoi neppure avvicinarti al mare e, quando riesci a farlo gratuitamente, sarà sicuramente su quel pezzo di spiaggia dove viene scaricata l’immondizia o sboccano le fogne.

Oggi, il concetto di proprietà è molto forte nel mondo, ma, all’inizio della nostra storia, nessuno era padrone di niente, tutto apparteneva a tutti, come giustamente dicono gli indiani. Homo habilis non aveva certo in mente il concetto di proprietà. Colui che per primo disse “Questo è mio!” diede il via al concetto di proprietà, quindi all’idea di possesso. In altre parole, aveva trasportato il suo egoismo sul terreno che voleva tutto per lui, esattamente come una bestia quando cattura un’altra bestia e la vuole tutta per sé.

Oggi tutti conoscono questo concetto, il concetto di “proprietà”, e tutti fanno a gara a chi possiede di più: denaro, potere, terra, privilegi, esseri umani. Soprattutto questi ultimi.

Abbiamo visto, Rossi, nell’Indifferenza divina, che, ad un certo punto, la Chiesa, da stracciona e morta di fame, era diventata la più ricca istituzione del mondo. La sua predica, il suo vangelo, sotto sotto o allo scoperto, non miravano alla divinità, ma alla proprietà.

Solo chi non ha idee da vendere, come te Rossi, non possiede nulla, fa solo da recipiente e da veicolo alle idee altrui. I Rossi non posseggono neppure se stessi, sono posseduti; i Rossi non si appartengono, sono proprietà di altri. Più un’idea è forte, più consente di acquistare corpi, di conquistarli, di ottenere potere e ricchezza. Le idee, astratte o concrete che siano, si pagano, si pagano sempre. Le idee, anche se nella loro essenza originaria non erano parassitarie, oggi lo sono diventate: rendono molto, anzi moltissimo!

Comunque, per quello che riguarda il concetto di proprietà, noi restiamo d’accordo con Proudhon: è un furto.

 

Zusammen-tun

Una goccia d’acqua, due gocce d’acqua, tre gocce d’acqua rinfrescano il terreno e non fanno male a nessuno; ma milioni e miliardi di gocce d’acqua possono formare torrenti, fiumi, laghi, mari, diventare minacciose, costituire un pericolo in agguato. Un fiocco, due fiocchi, tre fiocchi di neve non fanno male a nessuno, anzi, come le gocce d’acqua, sono belli, rallegrano a vederli e a toccarli; ma milioni e miliardi di fiocchi formano ammassi di neve, potenziali valanghe e costituiscono un’insidia. Un filo di gramigna, due fili di gramigna, tre fili di gramigna in un campo di grano li si può tollerare, ma milioni e miliardi di fili di gramigna lo distruggono. Un cane, due cani, tre cani insieme, li si può anche spaventare, far correre via se ti danno fastidio ma centinaia di cani possono attaccarti, ucciderti.

La stessa ed identica cosa succede con gli uomini. Un uomo, due uomini, tre uomini insieme non diventano un vero pericolo per una comunità ma centinaia e migliaia di uomini diventano un gruppo, un esercito, un partito, una nazione, formano un unico pensiero, un’unica ideologia, formano un ammasso di creature con una sola identità, con una sola testa, una sola idea, un’idea che spesso vogliono imporre ai singoli, ai pochi, anche con la forza, quand’è necessario. Si può chiamare religione questa idea e così nasce il movimento religioso; la si può chiamare nazismo e così nasce il movimento nazista; la si può chiamare comunismo e così nasce il movimento comunista; la si può chiamare liberalismo e così nasce il movimento liberale.

Come dice il vecchio adagio: l’unione fa la forza. E non solo la forza, ma anche il fanatismo, la bestialità e, in definitiva, quando l’unione viene utilizzata per opprimere i deboli, i singoli, è, a dire poco, inumana e criminale.

La massa, la massa organizzata in un esercito, movimento, Rossi, rappresenta il brutto, la volgarità della specie. Non c’è bellezza nella massa, c’è solo un ammasso informe sotto l’egida di un’idea che spesso subisce senza capire. La massa è schiava di questa o di quell’idea; la massa è schiava di se stessa. L’unione non forma l’umanità: l’unione forma la disumanità, la brutalità, la volgarità. La massa è volgare e non importa da che punto di vista la osservi, è sempre e comunque goffa, orrida, animalesca. La massa è l’estetica del brutto, dell’anonimato. La vera natura della massa è la mediocrità. Non c’è grazia in essa. Tra un raggruppamento di gnu e uno di uomini c’è poca differenza.

Le masse di neve, di acqua, di montagne sono un pericolo o possono diventarlo, questo è vero, però sono belle da vedere; le masse di bipedi, non importa da quale angolazione le osservi, sono sempre brutte. Anche quando fanno le parate militari, anche quando vanno in guerra schierate sono sempre e ovunque antiestetiche, un insulto alla vista, al buon gusto.

Tutto quello che è singolo è bello anche quand’è brutto; tutto quello che forma una massa è brutto anche se può apparire bello. La poesia, l’estetica del bello, dell’autentico, non si trova nello zusammen-tun, anche se questo può essere conveniente in certe operazioni. I poeti amano le singole cose, non le masse. Ai loro occhi, queste rappresentano l’orrore, sono prive di poesia e, dove non c’è poesia, non c’è bellezza.

 

Lo scopo dello zusammen-tun

Quelli che si mettono insieme non lo fanno per ragioni umanitarie, anche se all’inizio l’idea avrebbe potuto essere questa. Lo fanno per ottenere quel che vogliono più facilmente che da soli. Non soltanto i partiti politici, ma anche le corporazioni, le multinazionali, le società per affari e via di seguito. Tutti i componenti di questi “sistemi”, in sostanza, hanno questo obiettivo in mente: dominare gli altri, arricchirsi sulla pelle degli altri.

Se senti parlare i loro portavoce, Rossi, sicuramente ti danno l’impressione di essersi messi insieme per il bene della comunità, della società. Non è vero! Qui non stiamo parlando di persone che si riuniscono per portare aiuto a gente terremotata, disastrata; qui stiamo parlando di partiti politici, corporazioni, multinazionali, ideologie. Questi signori non si mettono insieme per il bene comune, not at all!, ma per il proprio tornaconto. Altre ragioni, al nocciolo, non ci sono.

La parola composta tedesca zusammen-tun vuol dire associarsi, unirsi, fare cose insieme e noi sappiamo dello stile tedesco del mettersi insieme! Basta solo che, per un istante, guardi la storia scorrere davanti a te (la storia non è mai dietro di te, Rossi, ma sempre di fronte a te, è così che la vediamo), per vedere i disastri che gli uomini hanno combinato tutte le volte che si sono messi insieme: Ramsete secondo e il suo esercito della morte; Serse primo e il suo esercito della morte; Alessandro il Macedone e il suo esercito della morte; Cesare e il suo esercito della morte; Gengis Khan e il suo esercito della morte; Hitler e il suo esercito della morte.

Come le valanghe che si staccano dalle montagne, come le dighe che rompono gli argini, come le bande di cani randagi, così le orde umane creano disastri, distruggono tutto ciò che incontrano sul loro cammino. A guidarle, non sono spiriti umanistici, ma sono le idee che i furbi, i cunning, i rusés, gli psicopatici, escogitano per il proprio egoismo e tornaconto.

 

Una civiltà cannibalesca

La nostra, Rossi, detto in nuce, è una civiltà cannibalesca. Un esempio, se vai in Chiesa, ti fai il segno della croce. Non appena ti sei fatto il segno della croce, hai messo in moto nel tuo corpo il concetto religioso dell’Indifferenza divina. Questa, amico mio, vive e si nutre di te.

Un altro esempio: quando, sulla piazza d’armi, il capitano urla ai soldati “Aaattenti!”, tutti loro, e anche quelli che stanno passando in quel momento, oltre a mettersi sull’attenti, acuiscono il concetto di soldato, il loro corpo si irrigidisce, è preso dal dovere militare. Questo vive in loro. Per difendere questo concetto, i soldati, se necessario, sono pronti anche a morire. Morire per chi? Sicuramente non per te, Rossi, ma per coloro che gli hanno ficcato quest’idea in testa: i capi, gli astuti, i tiranni.

Si dice che Charles Darwin perse la fede a causa di un insetto.“Non riesco a persuadermi,” scrisse,“che un Dio benefico e onnipotente abbia volutamente creato gli icneumonidi con l’espressa intenzione che essi si nutrano entro il corpo vivente dei bruchi”, Richard Dawkins, “Il Fiume della Vita”, p. 97.

Darwin rimase impressionato, commenta Dawkins, da questa crudele realtà di natura.

Ora, ciò che vale per gli icneumonidi, che si nutrono entro il corpo vivente dei bruchi, vale anche per le idee parassitarie (sia chiaro, Rossi, le idee religiose e le idee politiche sono le idee più parassitarie del Pianeta). Anch’esse, dunque, si nutrono nel corpo vivente di chi le ospita.

Non bisogna, però, confondere i parassiti reali con quelli irreali. L’insetto è una realtà biologica, fisica, esistente; l’idea è una realtà astratta, inventata. La differenza tra le due è enorme. Mentre il primo, il parassita vero, quello che è rimasto per come la Natura l’ha fatto, si nutre solo di quello di cui il suo corpo ha bisogno; l’idea astratta, teorica, inventata, parassita, l’idea che è diventata simbolo, invece, non ne ha mai abbastanza. L’idea parassitaria è di una voracità tale che può divorare non solo la Terra e tutti i suoi abitanti, ma anche tutto il sistema solare, la Via Lattea, l’Universo!

La differenza tra le idee degli uomini e l’agire della Natura è immensa. Nella Natura, l’azione è inconscia, istintiva, spontanea, come quella di homo habilis ai suoi albori. Negli habilis di oggigiorno, cioè i furbi, i machiavellici, gli astuti, non è così. Questi sono di tutt’altro stampo, questi sanno benissimo che si nutrono del corpo in cui vengono ospitati, sanno che si nutrono del sudore e del sangue altrui: il sudore e il sangue di quelli che lavorano. Le idee, allora, all’inizio innocenti e nate a caso, oggi, amico mio, sono diventate cannibalesche!

 

L’uomo occidentale

Millenni e millenni di cultura, suo vanto e trionfo sulle altre bestie, hanno portato l’uomo occidentale ad un’unica ossessione: quella di volersi arricchire sulla pelle altrui. Punta tutti i suoi calcoli, la sua astuzia millenaria, sull’arraffare, imbrogliare, uccidere. Grazie allo splendido mondo che si è creato di “frega o sarai fregato”, uno dev’essere più furbo, più ipocrita, più impostore e più spietato degli altri per sopravvivere. Lo scopo dell’uomo occidentale, vita natural durante, è trovare il modo di fregare il prossimo, ingannarlo, sfruttarlo, averlo al suo servizio.

Quest’essere è divorato dalla smania di potere e di ricchezza. Sente di essere qualcosa solo se ha un mucchio di soldi in banca. Coi suoi quattrini si compra ogni cosa: l’amore, cioè quello delle puttane; gli amici, cioè gli scrocconi; i compagni di partito, cioè i voltagabbana; il benessere, cioè l’illusione di vivere bene.

E non solo. Deve cambiare spesso macchina, abiti, avere case e ville nel suo paese e all’estero. L’umanità, la solidarietà, lo spirito di fratellanza non sono doti sue. Il suo scopo di vivere, che non parte dalla testa, ma dallo stomaco in giù, lo si trova, appunto, nel suo culo. In lui, tutto alloggia, infatti, nel suo gran deretano.

Ha ragione, dopotutto: a cosa servono, ad una bestia, l’umanità, la solidarietà, lo spirito di fratellanza? A niente. Alla bestia basta la sua bestialità e la sua è, of course, una bestialità particolare: quella di una barbarie illuminata al potere.

 

Il mondo creato dai dispotici

Guglielmini spiega a Rossi com’è avvenuto, in nuce, lo sviluppo storico dell’umanità.

Ecco a te, amico mio, cinque scenari.

Il primo: il passaggio dall’animale naturale all’animale culturale.

Il secondo: il passaggio dall’uomo culturale al dispotismo dell’uomo bestiale.

Il terzo: il passaggio dall’uomo bestiale all’uomo che eregge istituzioni criminali.

Il quarto: il passaggio dalle istituzioni criminali ad una barbarie avveduta e spietata.

Il quinto: Lo Stato predatore al servizio dei parassiti. Questi esultano: il mondo è nostro, ce l’abbiamo in pungo!

Ecco, Rossi, come si possono riassumere i nostri millenni di storia; ecco la nostra così chiamata “democrazia!”

 


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