Renato Curcio

L’altra sera il mio amico Franco mi ha detto, “Sai che viene a Biella Renato Curcio a presentare un suo libro?” L’ho guardato tra il sorpreso e il pensoso, ho risposto, “No, non lo sapevo.” E, infatti, come lui mi ha fatto questo nome, nel mio cervello ha iniziato a scorrere tutta una storia, la storia delle Brigate Rosse, degli anni di piombo, la storia degli anni ’70 del XX secolo, insomma la storia della lotta armata del terrorismo. “Quando viene?” ho chiesto. “Domani sera.” Ho guardato la mia agendina: venerdì 24 gennaio. Diamine!, avevo un impegno. “Allora ci andiamo?” gli ho detto pensando che d’un modo o d’un altro mi sarei disimpegnato. “Ok, sì, ci andiamo.,” rispose lui. “Verrà anche tua moglie?” “Certo, verrà anche Lucia.” “Bene. Passate a prendermi, la mia macchina è dal meccanico. A che ora?” “Alle 21, all’Itis Q. Sella”. “Ci sarà sicuramente un fracco di gente, la polizia, i giornalisti, forse anche qualche pezzo grosso della politica, suppongo.” “Non lo so,” rispose Franco. “Dovremmo essere lì un po’ prima. Non voglio rimanere in piedi per tutta la serata. Vi aspetto per le 20 e 40.

Come il mio amico è partito, mi sono fiondato subito sul pc, poi su safari, poi su Wikipedia e, infine, sul personaggio. Ho dato una scorsa alla sua biografia qui e lì, mi sono un po’ documentato. Avevo letto un libro e qualcos’altro sulle Brigate Rosse molti anni prima, ma non ricordavo più niente. Curcio era stato uno dei padri fondatori del movimento, era finito in prigione, era uscito nel ’98. Sua moglie, Margherita Cagol, anche lei una brigatista e una dei fondatori, era rimasta uccisa in uno scontro a fuoco mentre cercava di liberare il marito dal carcere. Il personaggio, dopo l’uscita di prigione, si era messo, tra l’altro, a scrivere libri. Il titolo del libro che avrebbe presentato qui a Biella è “Mal di Lavoro”.

La sera dopo siamo arrivati all’Itis dieci minuti prima. La piccola sala dove si teneva l’incontro era quasi vuota. Sono rimasto di stucco. Cos’era successo? Eppure! Il personaggio era comunque già lì. Nato nel ’41. Eravamo nel 2014. Aveva 73 anni. Li portava benissimo. Non gliene avrei dati più di 65. Si vede che le lotte, gli ideali sociali, quando sono sofferti e sentiti, nutrono bene lo spirito e rallentano l’invecchiamento. Mi è saltato in mente “Il conte di Montecristo”, Edmond Dantes. Non so se l’avevo letto da qualche parte oppure no, ma ho pensato che fra 100/200 anni, quando si parlerà del ventesimo secolo italiano, se si parlerà, si ricorderanno solo le Brigate Rosse e la lotta di classe, le uniche degne di essere ricordate, e il 73enne Renato Curcio era lì, lì di fronte a me e le rappresentava tutte queste lotte e queste vicende, un vero e proprio pezzo di storia vivente! Forse, ho pensato, come per Robin Hood, così anche per i brigatisti, nel futuro li si ricorderà come coloro che combattevano contro i ricchi per agevolare la vita dei poveri, proprio come faceva, più o meno, lui, Robin Hood.

Era arrivata della gente. La saletta si era quasi riempita, ma non come io avevo immaginato. Non riuscivo a crederci. Sono rimasto deluso. Molto. E i giovani? Ero convinto che se al suo posto ci fosse stato un cantautore da quattro soldi, non solo si sarebbe riempita quella saletta, ma un intero stadio, così per un calciatore, per un politico, per un attore, per un pagliaccio da nulla, oppure per una madre omicida. È così che va il mondo in questo paese. Chapeau!

La serata era stata organizzata dal gruppo locale “No Tav”. Prima che il personaggio prendesse la parola, la presentatrice di “No Tav”, Lucietta Bellomo, ha accennato alla disperata situazione economica del Biellese. Il disagio, la disoccupazione, i problemi erano ovunque nell’industria locale. Tra l’altro, ha definito il padronato tessile “ottuso e rapace”. Non ci avevo pensato.

“Mal di lavoro”, quindi. E di questo male ce n’è tanto in giro per il mondo. L’autore, Renato Curcio, questo fenomeno universale, vecchio come la storia, ce l’ha fatto capire in un linguaggio fluido e chiaro. Ad esempio, la crisi che stiamo vivendo non è reale, è inventata. È stata orchestrata ad hoc dal “capitale” per meglio sfruttare e manovrare i lavoratori. Questo comunque si sapeva. Riguardo agli operai, questi poi, negli Stati Uniti, se timbrano il cartellino d’un solo secondo in ritardo, vengono chiamati ladri, perché hanno rubato un secondo di tempo all’impresa per cui lavorano, e questo io non lo sapevo. Un impiegato dell’Amazon se non spedisce un ordine entro 20 minuti dal momento che era stato fatto, rischia di essere licenziato. Anche questo non lo sapevo. E gli operai che vengono ricattati, robotizzati, umiliati, messi l’uno contro l’altro… e l’isolamento, l’alienazione, la fame, lo sfruttamento…

Niente, una serata interessante e piacevole. Ho comprato il libro, “Mal di lavoro”, edito da “Sensibili alle foglie”, una casa editrice fondata dallo stesso autore. Gli ho chiesto di firmarmelo. L’ha fatto. Mentre me lo porgeva, i nostri occhi si sono incontrati. Una stretta di mano, sentita e calorosa, ne fu il risultato.

Finally, an evening to remember!

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