Un paese che ha scambiato gli atomi coi deliri

 

foto (3)“Un Paese senza memoria,” scrive Alberto Arbasino in Un Paese senza, “un Paese senza storia, un Paese senza passato, un Paese senza vissuto, un Paese senza esperienza, un Paese senza conoscenze, un Paese senza dignità, un Paese senza realtà, un Paese senza motivazioni, un Paese senza disposizioni, un Paese senza grandezza, un Paese senza saviezza, un Paese senza salvezza, un Paese senza programmi, un Paese senza progetti, un Paese senza testa, un Paese senza Stato, un Paese senza senso, un Paese senza sapere, un Paese senza sapersi vedere, un Paese senza guardarsi, un Paese senza capirsi, un Paese senza chiedersi?…” p. 8, Garzanti, 1990.

Un paese, aggiungo io, io Orazio Guglielmini, che ha scambiato gli atomi con i deliri, la Terra con il cielo, l’universo con il regno di Dio, i pianeti con i mondi immaginari, la passione con la crocifissione, l’amore con il dolore, la vita con la morte, la matematica con la preghiera, la scienza con la volgarità mentale e la realtà con le divinità;

un paese che vende inganni, superstizioni, favole, miti, sogni, utopie, imbrogli, bla bla bla; un paese di cartomanti, di creduloni, di pecoroni; un paese abbeverato nell’acquasantiera dalla nascita alla morte; un paese chiuso, impenetrabile, un paese di inquisizioni, di roghi, di torture, di preti, di papi, di santoni; un paese di assassini divini;

un paese dall’intelletto confuso, limitato; un paese che non legge, che non si istruisce, un paese di gente che non si confronta, un paese di monologhi, un paese di laureati analfabeti; un paese machiavellico, di furbi, di mafiosi, di parassiti, di cinici, di nichilisti nel senso nietzschiano; un paese incapace di auto-governarsi, un paese che fa della sua bruttura mentale il suo orgoglio nazionale;

un paese ossequioso, lacrimoso, elemosinante, un paese di emigranti, un paese senza radici, senza una storia sentita come propria, senza una vera repubblica, un vero Stato, una vera democrazia, una vera solidarietà, un vero spirito nazionale; un paese di forti coi deboli e di deboli coi forti; un paese senza un’etica, una morale, un’umanità, una giustizia; un paese che ha fatto dell’immoralità il suo cemento nazionale;

un paese senza traguardi, scopi, visioni degne di esseri umani; un paese di sfaceli, di falsi, di ciarlatani, di impostori, di mistificatori, di buffoni; un paese di vite spezzate, di vite vissute invano, di vite che aspettano Godot, di frustrati, di psicopatici, di complessati; un paese senza vergogna, un paese di morti viventi, di cadaveri ancora prima di morire; un paese che ha interiorizzato e pietrificato la bacchettoneria; un paese che ha istituzionalizzato, legalizzato e santificato l’imbecillità nazionale;

a country of fake art, fake values, fake people, fake dreams; un paese farcito di chiacchiere, di idee di superiorità quando in realtà è l’ultimo in Europa e forse nel mondo intero (non sono né la ricchezza, né la povertà a fare d’un paese un gran Paese, per un Paese con la P maiuscola, ci vuole altro); un paese di passerelle sulle quali si esibiscono le infinite volgarità e vanità nazionali giorno dopo giorno;

un paese senza una vera scienza, una vera sapienza, una vera filosofia, una vera arte, una vera letteratura, una vera poesia, una vera vita sociale; un paese senza una spina dorsale, sempre alla deriva, sempre sul ciglio del precipizio, della bancarotta, un paese che non è mai stato un vero solidale affiatato paese, ma un paese diviso, governato da un’accozzaglia di piccoli uomini al potere che hanno imparato a fare in millenni di storia un’unica cosa, azzuffarsi fra di loro per chi ruba di più nelle casse dello Stato, e cioè sul sudore del popolo lavoratore.

E da ultimo, un paese che esporta in giro per il mondo, grazie al suo primo patrono, rappresentante e portavoce, il papa-re, non la voce della liberazione dei popoli, non una cultura emancipatrice, non una democrazia illuminata, non scienza, non tecnica, ma l’oppio dei popoli!

UN INVITO: Se l’articolo è stato di vostro gradimento, passate parola, condividetelo, criticatelo, dite ciò che pensate. Per crescere e maturare culturalmente (non biologicamente, di questo si occupa la natura), abbiamo bisogno di comprendere, di comunicare, di confrontarci, di dire la nostra, brutta o bella che sia. Fatelo! La vita è qui e ora e poi mai più. Non perdetevi questo confronto con voi stessi e coi vostri simili. Siamo tutti degli esseri umani. Vale a dire, nessuno uomo è più che un uomo. È così che Orazio Guglielmini parla agli amici del Web.

 

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