Artisti, sport estremo e cellule adipose

 

 

Per una nuova visione dell’uomo e dell’universo

Le cose per come stanno e non per come noi vogliamo che siano

 

È tutta una questione fisica, biologica, mentale. Il mistero non esiste, esiste solo l’ignoranza, questa sì.

Le cellule dell’obesità, per come agiscono nel corpo, si equivalgono alle cellule dello sport estremo – alpinismo, surfing, formula uno, boxing; inoltre, le cellule dell’obesità, per come poi funzionano nel loro insieme, si equivalgono anche, con risultati diversi, alle cellule mentali degli artisti – Mozart, Flaubert, Picasso.

Il corpo e la mente si adeguano, si abituano, divengono un tutt’uno con l’ambiente e col pensiero che li determina. Diventano addirittura dipendenti dell’esercizio fisico e mentale, proprio come un drogato diviene dipendente della sua roba, così loro, sportivi e artisti, divengono dipendenti di ciò che fanno e praticano sia in senso fisico che mentale.

Interamente d’accordo con John B. Watson quando, nell’esperimento “Little Albert” 1920, dice: “Datemi una dozzina di bambini sani e farò di ognuno uno specialista a piacere, un avvocato, un medico. A prescindere dal suo talento, dalle sue inclinazioni, tendenze, capacità, vocazioni e razza”.

Io direi, oggi, oggi nel 2020,“Datemi una dozzina di bambini maschi e femmine e farò di ognuno di loro l’artista e lo sportivo che desiderate.

Per restare incollati a una parete rocciosa, come una lucertola su un muro liscio, ci vogliono anni e anni di tirocinio, di pratica, di volontà, e tutto questo, poi, pian piano, senza neppure che uno se ne accorga, diventa in lui passione, orgoglio, droga e soprattutto diventa quella voglia, conscia o inconscia, di far vedere agli altri quanto è bravo.

Alpinisti, artisti, compositori, atleti non si nasce, si diventa.

I grandi dello sport sono fondamentalmente dei grandi schiavi, schiavi del loro fare, proprio come sono schiavi i grandi artisti dei loro strumenti, della loro creazione, del loro, e perché no?, hobby. Qual è la differenza tra uno hobby e ciò che uno pratica professionalmente? Il primo non viene pagato, il secondo sì, ecco la differenza.

Ogni arte, ogni sport, ogni talento, sono relativi alla passione di chi li pratica: piccola passione, piccolo talento; grande passione, grande talento. Non si tratta qui di superomismo, d’un grande dono atletico, d’una grande dote artistica, qui si tratta semplicemente di materia grigia e di quanto e come essa viene stimolata in questo e in quel campo, in questo e in quel diletto.

Reinhold Messner non si nasce, Reinhold Messner si diventa e tutti, volendo, possono diventare se hanno il fisico e il cervello giusto. E poi, e questo non nuoce, basta avere un padre come il suo, un padre che sin da bambino ti porta in montagna, t’incolla alla roccia e poi ti dice: “Arrampica!” E tu arrampichi. Poi, e anche questo non nuoce, abitare vicino alle alte cime, respirare l’aria pulita delle alture e non avere intorno a te tante altre cose tra cui scegliere, anche questo it’s a help!

Ingrassiamo quando mangiamo troppo, così sviluppiamo un interesse fisico o mentale esagerato quando lo pratichiamo troppo. È quello che è successo a Messner.

I Mozart, invece, nascono con delle deformazioni cerebrali. Un cervello normale a 4 anni non dà concerti! Lo si potrebbe anche chiamare, il suo, un tumore, un tumore cerebrale benigno, un tumore artistico, ma un tumore comunque. Quindi, coi Mozart, si nasce questo e si nasce quello grazie alla loro abnormalità neurologica o, come li definiva Freud questi personaggi, gli idioti geniali!

Invece per i tipi come Kant, Camus, Primo Levi, Einstein, con questi tipi di cervelli, per diventare ciò che sono diventati loro, ci vuole pratica, passione, applicazione, esperienza, duro lavoro. In altre parole, questi personaggi, per poter fare ciò che fanno, inevitabilmente diventano schiavi della loro passione.

Quello che noi definiamo genio non è altro che un gruzzoletto di particelle, di atomi, di molecole, di proteine e chissà cos’altro che i “super formattati” o i “super deformati” stimolano con esercizi, droghe e altro alla massima potenza. Tutto qui, il resto è retorica o, se preferite, vuotaggine ragionata.

Ci dicono tutti che possiamo giocare al pallone, ma che non diventeremo mai dei Maradona; ci dicono tutti che possiamo suonare la Nona Sinfonia di Beethoven, ma che non diventeremo mai dei Beethoven, ecc., però, diventare questo o diventare quello è solo questione di passione, di incallita ripetizione, di schiavitù oppure di deformazione cerebrale alla Mozart. Poi, ovvio no?, poi si potrebbe anche diventare più o meno inferiore, uguale o addirittura superiore ai così definiti “grandi sportivi o grandi artisti”.

Fino a sei anni i miei piedi non hanno conosciuto le scarpe e io non mi ero neppure accorto di averne bisogno. Oggi, quando vado al mare e cerco di fare i primi passi a piedi nudi sulla spiaggia ghiaiosa, mi rendo subito conto cosa vuol dire non avere le scarpe!

Personalmente, e io ne so qualcosa, sono arciconvinto che non c’è nessun artista, nessuno sportivo e non importa di che tipo, che sia degno di baciare il culo a un padre di famiglia che deve sacrificare la sua vita facendo dei lavori massacranti e poco pagati e solo per mantenerla a stenti. L’arte, la tanta vantata e supervalutata arte, è ed è sempre stata al servizio dei briganti che governano il mondo; il sudore dell’operaio, è ed è sempre stato il vero succo e la vera linfa sociale, e questo è ed è sempre stato al servizio del benessere dell’umanità.

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