Il processo vitalistico e mentale: i giovani, gli adulti, i vecchi

I giovani credono, non hanno alternativa, credono in ciò che gli adulti raccontono loro. I giovani non conoscono, non sanno, mancano di esperienza, sono tabula rasa. I genitori, i parenti, gli amici, gli insegnanti, le istituzioni, la gente, il luogo, l’epoca sono determinanti nella loro formazione, educazione. I giovani credono in ciò che crede la comunità in cui nascono e crescono. Se crescono in una comunità buddhista, credono in Buddha; se crescono in una comunità che crede nello spirito dei morti, credono nello spirito dei morti; se nascono e sono allevati in una società cannibalesca, diventano cannibali. I giovani rispecchiano la mentalità degli adulti; i giovani si adattano, sono fatti d’una pasta plasmabile,

malleabile. L’essere malleabile è una qualità giovanile. Nei giovani dominano la voglia di crescere, fare, provare. Gli anni dell’innocenza e del divenire sono fatali. L’innocenza può durare anche una vita. Si nasce innocenti e si muore innocenti. Quando poi iniziano a formare le loro idee, iniziano a credere in qualcosa, allora credono in ciò che credono con tutto il loro essere. Questo loro modo di credere è travolgente, ribelle, cieco, anche se poi, al nocciolo, ahimé, non è neppure il loro. Non per nulla si dice che i giovani rivoluzionari di oggi sono gli anti-rivoluzionari di domani. I giovani sono passionali non razionali.

E tra una poppata e l’altra, un sospiro e l’altro, un pianto e l’altro, un sorriso e l’altro, un colpo di tosse e l’altro, un bacio e l’altro, un’infatuazione e l’altra, un esame e l’altro, una corsa e l’altra,  si cresce, si diventa adulti.

Così in fretta?

 

Gli adulti sono, non tutti, naturalmente, scettici. Hanno già ricevuto qualche scossone, visto la morte di qualche famigliare, si sono scontrati con assurdità naturali e sociali. Queste esperienze hanno attivato in loro il motore della ragione e quando la ragione si mette in moto, non la si ferma più.

“Perché è successo questo?

“Perché è successo quest’altro?

“Dov’è il senso?”

Gli adulti, quelli diventati adulti, ragionano. Specolano sulle cose che accadono loro fino a quando non riescono a capire le cause dell’accaduto. Ciò che succede intorno a loro è passato al vaglio dalla ragione. Le loro orecchie sentono, ma non prendono per vero tutto ciò che sentono; i loro occhi vedono, ma non credono in tutto ciò che vedono. Gli adulti pensano. Il loro pensiero è critico. Prendono posizione. Possono passare anche all’azione. Gli adulti hanno perso l’età dell’innocenza. Non credono più a tutte le cose a cui credevano da giovani, non sono più benedetti da Bogududù. E poi, verso la mezza età, la vita ha già invertito la rotta. Non si è più giovani. I sapori della vita non sono più gli stessi. In loro non domina la passione, ma la ragione. Questa mostra loro la via dell’invecchiamento. I giovani si avviano verso l’età adulta; gli adulti verso l’anzianità. Non è un’esperienza dappoco accorgersi della propria temporalità. A che pro aver lavorato tanto per farsi una famiglia, costruirsi una casa, avere un piccolo conticino in banca, degli amici, quando poi si deve abbandonare tutto? E per andare dove? Sottoterra! Bella prospettiva dopo una vita di tribolazione e di lavoro! Quando il processo della conoscenza inizia a farsi strada nella testa degli adulti, il mondo ha perso il suo fascino, la sua innocenza, non appare più come rose e miele. Inevitabilmente, tutto, passo dopo passo, conduce gli adulti allo scetticismo, a negare o a mettere in discussione molte idee e credenze giovanili.

E tra un desiderio e l’altro, un fiore e l’altro, un lavoro e l’altro, una cena e l’altra, un amore e l’altro, un viaggio e l’altro, una delusione e l’altra, un figlio e l’altro, una presa di coscienza e l’altra, si matura, si diventa vecchi.

Ma mi sembra ieri!

 

I vecchi hanno finito di illudersi. Per loro la metamorfosi del corpo, le energie che vengono sempre meno, lo smarrimento nel proprio habitat, la società, l’uomo, l’incomprensione, l’assurdo, insieme a tutte quelle domande che sono rimaste senza risposta nell’età adulta, trovano ora la risposta definitiva e questa non è bella anche se è bella. La vecchiaia non sbaglia. Il mondo, rispetto a come appariva loro negli anni dell’innocenza e dell’età adulta, è diventato irriconoscibile, è radicalmente cambiato. I giochi ormai son fatti. I loro cuori palpitano, i loro sentimenti sono presenti, la loro ragione, fredda e senza pietà, dice loro, in un linguaggio chiarissimo, che non lascia spazio a dubbi, che si stanno avviando verso la fine. Realtà irreversibile insopportabile inevitabile.

Dolori, visite mediche, farmaci, operazioni, impotenza hanno invaso le loro vite. Le notizie mortuarie sono sempre più appiccicose e diventano pian piano il din don della loro età. È così, non possono farci nulla. Il telefono squilla. Una voce risponde. Un’altra voce dall’altra parte del filo dice:

“Sandro ci ha lasciati alle tre e un quarto di questa mattina.”

Una cassa da morto sempre aperta non smette più di perseguitarli. Le illusioni giovanili si sono trasformate in un incubo; una realtà fredda, spietata, incontestabile li domina. Il mondo intero è diventato sordo ai loro lamenti, indifferente ai loro dolori, implacabile coi loro destini. Sentono che la loro fine è imminente. Il processo della conoscenza ha fatto in loro il suo corso, raggiunto il fondo, la verità ultima: il nulla.

Iniziano a toccare la morte con mano. La morte si vive e si sperimenta vivendo, da vivi. L’ossessione della morte non li molla più. Ha un sapore macabro. Non si aspettano più niente, né inferno né paradiso né reincarnazione né nirvana, niente. Sanno che, dopo morti, tutto è finito. Saranno inghiottiti dal nulla da dove sono sgusciati. Ai vecchi il mondo è diventato trasparente: vedono tutto, capiscono tutto, nulla più gli sfugge e le credenze infantili di una volta non hanno più appiglio su di loro. Si nasce soli; si muore soli.

Lacrime invisibili solcano i loro occhi. All’età in cui sono arrivati, è stato loro tolto persino il diritto di illudersi. Il velo di Maya non li interessa più. Se li interessa, è per ammorbidire un po’ il pungolo della morte, anche se, sotto sotto, sanno che è solo illusione. Tutto è diventato limpido: la loro fine è anche la fine del mondo. La morte e il pensiero della morte li sta avvolgendo, rapendo, portando via. Sentono la sua presenza in ogni respiro. Non lo dicono. Gli è proibito. È una realtà incomunicabile. A quell’età, ognuno deve scoprirla da sé; a quell’età si diventa nichilisti. I vecchi non credono più a nulla: né in loro stessi, né nella società, né nell’aldilà. Il terreno sotto i piedi gli crollando alla velocità della luce. Non c’è più futuro che va verso di loro. Sono immersi nel gioco della morte: una candela in mezzo ad una tempesta.

E tra un riconoscimento e l’altro, una perdita e l’altra, una tassa e l’altra, un dispiacere e l’altro, un compleanno e l’altro, una vacanzuccia e l’altra, un dolore e l’altro, un funerale e l’altro, un ricovero e l’altro, si muore.

Ed è tutto finito.

Vedere Ha un senso la vita?

 

 

 

 

 

 

 

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