Linda Lindberg (racconto) *

 

A volte preferirei farmi sbattere da cani idrofobi piuttosto che da questi maledetti omuncoli col fallo. Malgrado ciò, e questo è detestabile, di loro non posso farne a meno: li uso, mi usano, ci usiamo a vicenda. Ecco i miei rapporti con gli omuncoli.

Non so perché, e vorrei scoprirlo, molte donne, se non tutte, invece di essere solidali con me e contro l’arroganza degli omuncoli, mi odiano e mi evitano come se fossi infetta. La cosa, dopotutto, è reciproca: anch’io le odio. Ho sempre odiato le mie più dirette competitrici. La natura non regala niente, io neppure.

Mio padre è morto da tempo, mia madre è viva. Non l’ho mai amata. È autoritaria, bigotta, insopportabile. La odio. Ho una sorella, Hilda, è nella mia stessa stomachevole situazione.

Sono sola, sola al mondo, e non so se devo compiangermi oppure rallegrarmi. Detesto la solitudine, il disagio dei sentimenti non appagati, le lunghe fredde notti d’inverno. Non ho buoni rapporti con me stessa. Odio guardarmi allo specchio. La carne e lo spirito non sono mai andati d’accordo. La prima mi chiede una cosa, il secondo un’altra e viceversa, una battaglia costante.

So, l’ho studiato a scuola, so che ognuno, al nocciolo, è solo con se stesso, come lo sono io, come lo sono le pietre, gli animali e le stelle. Non è una consolazione sapere questo, ma le cose stanno così nel migliore dei mondi possibili.

Sono un’insegnante. Aborro questo mestiere, aborro i miei colleghi. Sono, il 99,9 per cento, pedanti vacui ipocriti, ma più di tutto aborro quelle piccole canaglie, i miei merdoselli, i futuri omuncoli e competitrici, che mi fanno uscire matta giorno dopo giorno coi loro rumori, i loro sgorbi e la loro ignoranza. Educarli? E per quale ragione? Per aggiungere, quando viene il loro turno, altri disastri ecologici e sociali? Che lavoro assassino è il mio. Se potessi trasformarmi in un plotone di esecuzione a mio volere, prima o poi nessuno di loro uscirebbe vivo dalla classe.

 

Io, Linda Lindberg, a quarant’anni suonati, non ho figli e non sono sposata, perché nessuno mi ha mai desiderata fino a questo punto. Non ho nessuno che mi ami e io non amo nessuno. Il n’y a pas d’amour heureux, dice Aragon e dice giusto. Sono disperata, mi sento come una polveriera all’avvicinarsi delle fiamme: pronta a esplodere come una supernova.

Tutto mi offende nel mondo in cui vivo, anche l’aria che respiro. È inquinata, cancerogena, mortale. Cammino per le strade della città con una maschera anti-inquinamento e me la tolgo solo quando arrivo in aula e quando sono a casa. Gli omuncoli hanno assassinato il mondo con il loro fare e il loro egocentrismo. Li odio. Sono crudeli barbari infidi falsi egoisti incapaci meschini irresponsabili codardi catastrofici.

Nonostante abbia trascorso una grandissima parte della mia vita studiando, leggendo, andando a mostre, a concerti, a conferenze, viaggiando e scopando in giro per il mondo, nessuno aiuto e nessun sollievo mi ha apportato questo mio operare. In questo così fatto mondo, sono felici solo quelli che non sentono e non vedono e non hanno cognizione né di sé né di niente. sono solo schiavi del loro stomaco e dei loro genitali. Non è il mio caso. E poi non saprei cosa farmene di questo tipo di felicità.

La mia anima è malata. Sento che nulla ormai riesce più a curarla. Il mio cuore palpita caoticamente, come un orologio che ha perso ogni contatto con la direzione del tempo, e continua, malgrado ciò, a frantumarsi nel suo assurdo e ostinato tic-tac. Questo, il tic-tac, ha una sola direzione, quella che mi porta verso le tenebre. Mi vedo ogni giorno sparire. Sono sulla strada della putrefazione. Sono dannata, isolata, figlia di nessuno. Brancolo e sbraito nell’immenso ingorgo di cacca che mi sta attorno. Eppure, nonostante tutti i pronostici e tutte le difficoltà, devo, devo tirarmi fuori da questa melba caccosa: ecco la mia disperata ambizione.

Bisogna credere in qualcosa, dici tu. E in che cosa? E a chi? E per quali ragioni? Io non credo in nulla, né nella natura, né nell’uomo, né in un dio. Questo nome, dio, mi ripugna solo a sentirlo menzionare. È il rifugio degli ottusi, degli incolti e dei furbi. Dio è come le lucciole, brilla nel buio, dove la stupidità illumina le tenebre. Invenzione perfetta in un mondo imperfetto. E perché poi ci siamo inventati un dio? Perché siamo vili, perché non abbiamo il fegato di confrontarci con la realtà tale e quale è, come faccio io: io credo solo in me stessa.

Non esiste il paradiso, esiste l’inferno. Io vivo in un inferno. Questo mondo è un inferno. Gli omuncoli hanno fatto di questa terra un inferno. L’inferno non è fantasia, l’inferno è realtà e il paradiso fantasia. Giorno dopo giorno assaporo le fiamme dell’inferno, le sue scottature, le sue piaghe, i suoi mali, torture. Eppure, questo pianeta avrebbe potuto essere, se fosse stato nelle mani giuste, se non un piacevole luogo, almeno uno tollerabile, dove si sarebbe potuto tirare un sospiro prima di crepare. Gli omuncoli, non essendo all’altezza neppure di prendersi cura delle loro piccole squallide vite, figuriamoci dell’intero Pianeta!

Da quando sono apparsi fino a oggigiorno, non hanno imparato altro che dire: Io, io, io; mio, mio, mio; io, io, io; mio, mio, mio: l’egocentrismo e l’egoismo sono la loro vera natura. Crescere, diventare adulti, vecchi, saggi, loro, non sanno neppure che cosa sia. Continuano invece a schiamazzare: Io, io, io; mio, mio, mio; io, io, io; mio, mio, mio.

 

Sono una misogina, ma soprattutto una misantropa. Cinica, nichilista, solipsista, determinista e non ho rispetto per niente e per nessuno e me ne vanto. Mi vedo come un miraggio, come un puro accidente, un capriccio degli elementi: io sono il nulla che sa di essere un nulla.

È sempre il presente che conta e il mio è uno schifo, un letamaio d’idee e di sentimenti, un abisso senza fondo dove non smetto di precipitare. Mi sento come un relitto sbattuto dal flusso e dal riflusso. Una folle, una folle con il vomito sempre pronto inseguita dal disgusto della vita e dalla morte. Una tragedia vivente. E pensare che ci sono voluti milioni e miliardi di anni per creare un tale capolavoro.

Adoro contraddirmi. Mi contraddico, dunque esisto. È l’unica cosa che so fare bene. Nella contraddizione trovo me stessa, la vera Linda Lindberg. Chi non si contraddice è un idiota. Io sono grande, contengo migliaia se non milioni di Linda Lindberg. Mi scopro tutto il tempo un’altra, per questo mi contraddico. Come il nulla è sempre stato, così il mio spirito è sempre stato: la mia natura.

Fortunatamente ho il senso dell’umorismo. Il mio humour o, forse, dovrei dire il mio black humour? Non lo so. So solo che è l’unico che mi aiuta a vivere, senza di esso mi sarei già suicidata un milione di volte. L’umorismo mi permette di burlarmi di me stessa e di sghignazzare di tutti i campi di concentramento passati presenti e futuri e di fare una bella pernacchia al funerale della mia gatta.

Devo voglio fare qualcosa; devo voglio escogitare qualcosa; devo voglio costruire qualcosa. I must do something! Quando si tocca il fondo dell’abisso esistenziale, bisogna venirne fuori con le idee chiare, altrimenti è inutile. La mia vita, dopo questa esperienza, ha raggiunto un crocevia. Mi trovo a una svolta. O cambio o salto nell’eterno. È un aut aut. Due più due questa volta fa quattro e non cinque.

Ma cosa potrei fare? Non ne ho la pallida idea. E qui non sto parlando del mio lavoro, sto parlando della mia esistenzialità. Mi sono scervellata infinite volte pensando a cosa potrei fare, ma nessuna stella ha mai illuminato la mia strada. Ho dato fondo a tutte le mie risorse astute, machiavelliche, creative. Il mio cervello non regge più, mi sento vuota, un cratere devastato: solo cenere fumo e tizzoni. Non riesco più nemmeno a vomitare. Mi ripugna la vita, la società, il sozzume che mi circonda, l’orgoglio dei buffoni e dei vendifrottole. Più più di ogni altra cosa, mi ripugnano gli omuncoli.

Gli omuncoli? E come potrei trascorrere un solo secondo senza pensare a loro? Che destino! Serpenti velenosi, fatti di fango sperma e grugniti, prima ti fanno un sorriso, poi ti prendono in giro con delle belle parole, ti dicono che sei carina anche se non lo sei, che sei intelligente anche se non lo sei, che ti amano anche se non ti amano, in seguito, in un modo o in un altro, riescono sempre a infilarti dentro quel loro coso lungo e liscio e, infine, ti lasciano come se niente fosse successo fra te e loro. Creature immonde! Impudenti! Bugiardi! Mandrilli vigliacchi e irresponsabili!

Qual è la differenza tra i lupi e gli omuncoli? Da quando ho iniziato a capire qualcosa in questo cavolo di mondo, non sono riuscita a darmi altra risposta eccetto quella che i primi sbranano per natura e i secondi per cultura. Una bella differenza!

Ah, come li detesto! Nessuno di loro mi ha mai amata, si è mai interessato a me come a un essere umano, ha mai trovato qualcosa in me che lo trattenesse per più di qualche scopata? Sporchi maiali. Quanto sono abietti. Tuttavia, girala come vuoi, ci casco sempre. È vergognoso sentire il bisogno di accoppiarsi proprio con quelli che più esecri! Che sorte! E guarda caso, se sono ancora in vita, lo devo proprio a loro, agli omuncoli, i miei acerrimi nemici!

Com’è possibile, chiedi tu? È facile. Li odio così ferocemente da voler restare in vita il più a lungo possibile per poter continuare a odiarli e a disprezzarli. Tutto qui. L’odio per i miei nemici allunga la mia esistenza e forgia di continuo la mia passione per la vita. Odio gli omuncoli, dunque sono, dunque vivo più a lungo, dunque li massacro!

Lo sapevi? Tutto quello che tocca l’omuncolo crepa, tutto quello che dici è falso, tutto quello che pensa è diabolico: il resto è retorica.

 

Devo fare qualcosa, maledizione! Se no, prima o poi, finirò davvero per suicidarmi. La mia età, due volte venti, significa, appunto, una svolta. Questo vuol dire una doppia lotta: quella contro gli omuncoli che mi ronzano ancora intorno per portarmi via l’ultima fibra di carne che mi è rimasta, e quella contro il dovermi vedere avvizzire sempre di più ogni volta che mi guardo allo specchio. Non riesco più a nascondere le rughe sotto il fondotinta, tanto meno l’accumularsi delle vene varicose sulle cosce, e poi non parliamo della carne che diventa sempre più floscia e i fianchi e le natiche e il dilatare di certe parti del corpo e il disseccarsi di altre, un vero sfacelo, sto diventando una statua mobile di laidezza.

Sono diventata brutta, io? Io, che fino a qualche anno fa, non mi sarei cambiata nemmeno con la più bella star di Hollywood! E ora? Ah, se potessi distruggerei tutti gli specchi del mondo! Almeno così, una durante l’ultimo periodo della sua vita, non si vedrebbe divenire ogni giorno più repellente.

Devo essere dura e realista con me stessa, per far sì che quando i miei nemici insultano la mia degenerazione, la mia irreversibile putrefazione, troverò i loro insulti meno offensivi.

Ah, cosa non farei per uscire da questa mia ignobile situazione. Magari mi venisse qualche ispirazione, qualche idea. Niente di originale frulla nella mia testa di capperi, è solo piena di cose che odio. La mia pessima  esistenzialità mi domina e mi rompe l’anima.

Devo cercare una via d’uscita, devo sforzarmi di fare qualcosa per venire fuori da questa insopportabile situazione. Su, dai Linda Lindberg. Oh, come adoro il mio nome e cognome: Linda Lindberg! Su, dai, cara, prova a escogitare qualcosa che ti tolga di dosso, non per il resto della tua vita, questo non è possibile, ma solo per un breve periodo di tempo questo peso che ti schiaccia incessantemente.

Niente da fare. Ti arrovelli il cervello notte e giorno inutilmente. Non sei mai stata la prima della classe. E poi, la laurea, l’hai ottenuta in cambio di alcune scopate col tuo professore. Che porco era quel tipo! Ne sapeva una più del diavolo. Adesso non tirare fuori questa roba, Linda Lindberg. Basta così, per favore! Continua a pensare a una possibile via d’uscita da questa gabbia in cui sei finita. Insisti! Sì, hai ragione tesoro, è un’impresa difficile, però non ho scelta. Devo continuare. Mi sento già scoppiare la testa. Adesso quanto tempo è passato da quando ho incominciato a pensare a questa cosa? Non ha importanza. Insisti. Continua. Non arrenderti. Devi farlo. È questione di vita o di morte. Assolutamente devi escogitare un qualche accidente che ti faccia uscire da quest’inferno in cui vivi.

 

Cosa? Aspetta. Ma… Non dirmi… Mi sembra… Eccola, sì, ho sgravato qualcosa, finalmente mi è venuta un’idea e che idea! Eccola: intrappolare un omuncolo facendomi mettere incinta da lui! Che ne pensi, Linda? Ripeti ciò che hai appena detto. Intrappolare un omuncolo facendomi mettere incinta da lui! Mi pare un’idea geniale. Sì, sì, niente di più apocalittico. Visto che ce l’hai fatta, lucertolina mia? E che idea! Incastrerai un omuncolo facendoti mettere incinta. Grande, sei proprio grande! Ho sempre avuto fiducia in te. Brava Linda Lindberg!

Adesso però bisogna pensare come mettere in azione questa tua idea. Questo è facile, questo è il mio terreno preferito. E il fegato di farlo, ce l’hai? Ce l’ho, eccome, altrimenti mi riterrei una dea delle feci. Una vita bruciata come la mia, che solo la disperazione l’avvolge, non ha più nulla da perdere, qualunque cosa le accada. E poi, l’idea d’intrappolare un omuncolo facendomi mettere incinta da lui, mi piace, l’adoro. È mefistofelica, è geniale; è geniale perché è mefistofelica. Apocalittica abbiamo detto e apocalittica è. Così potrò buttare tanta porcheria quanta ne ho voglia sulla faccia dell’omuncolo che mi viene sotto: un’idea veramente ingeniosa e devastante, la mia!

Non ho bisogno di dirlo che io non credo nel matrimonio, a tutto, ma non nel matrimonio. Come potrei credere a questa gabbia di sporcizie ipocrisie litigi frustrazioni guerre e maialate a due? Ah, no, io non ci casco. E poi, ovvio no?, non credo neppure all’amore. Il n’y a pas d’amour heureux. L’amore, o ciò che chiamiamo amore, è bestialità istintiva alla massima potenza, il resto è coglioneria.

Pensa, Linda, tesoro, pensa sposarti con un omuncolo: il tuo peggior nemico! Ah, se riuscissi a farlo, inizieresti a torturarlo non appena dice “Sì!” Che bella idea che hai avuto. Per una volta sei stata proprio brillante, acuta, grande. Adesso hai di nuovo una ragione in più per vivere, grazie all’inseminazione che dovrai farti iniettare da un omuncolo. Oh, oh, oh! Molto signorile questo linguaggio, molto artistico, un vero e proprio virtuosismo espressivo. Ti do dieci e lode questa volta, Linda, Lindina mia. Intrappola un omuncolo in questo modo, visto che in nessun altro ci sei riuscita.

Non è certo il modo migliore di fare le cose. Ma poi, qual è il modo migliore di fare le cose nella nostra fottutissima società? Tanto per cominciare, non ha una morale, un’etica, un cavolo di niente che aiuterebbe i bipedi a vivere bene fra di loro, e allora? E se nel caso ci fosse qualcosa, nessuno la rispetta. Tutti predicano bene e razzolano male e al vertice ci arriva solo e solo la feccia della feccia. Ecco in che bordello vivi. Quindi non pensare agli imperativi categorici. Questi li sbraitano i benpensanti, ma poi non li praticano. Fottitene! Ora è giunto il tempo di agire. Sappi che se riuscissi in questo tuo piano, riconquisteresti di nuovo la fiducia in te stessa. Perciò, sii furba e spietata. Conosci la regola d’oro: solo con l’inganno si combatte e si elimina l’inganno; solo con la violenza si combatte e si elimina la violenza. E solo in questo modo si può sopravvivere nel mondo cannibalesco in cui vivi.

E ora, fermati un momento, rilassati, respira comodamente, rifletti su come devono andare le cose fra te e l’omuncolo che incastrerai, perché lo incastrerai prima o poi, ne sono sicura. Ragiona dunque. Ragioniamo. Cosa ti succederà se un omuncolo ti metterà incinta e tu non morirai mentre partorisci? C’è anche questo rischio, no? Sì, ma prescindiamo da questa probabilità ora. Vediamo:

Prima cosa. Avrai un bambino/una bambina, una sua-tua, tua-sua creaturina, quello che sotto sotto hai sempre desiderato, istinto naturale si chiama questo, è più forte di noi. Seconda cosa. La legge, per una volta, è in tuo favore, almeno in questo paese, e contro questo caprone. Il 68 e la Women-Lib sono serviti a qualcosa. Così, che gli piaccia o meno, egli dovrà provvedere al bambino con un mantenimento mensile fino ai diciotto anni e forse anche di più, e questo che mi sposi oppure no. Ah, che risate, una fottuta potrebbe costargli così tanto! Terza cosa. Non sei mai stata capace di possedere uno dei tanti omuncoli che hai avuto, nemmeno Gennaro, quella lordura meridionale, ha voluto saperne di te. Bene, però se tu dai un bambino all’omuncolo, forse lo possiederai, forse lo terrai, perché potrebbe essere persino capace di sentimenti, persino capace d’innamorarsi del suo moccioso e, se questo accadesse, poi sarà tutto alla tua mercé. Quarta cosa. Se le autorità non ti porteranno via il bambino/la bambina, avrai pur sempre qualcuno, che è meglio di niente, che ti terrà compagnia, non solo per qualche anno, ma per tutta la vita e, se va male, fino a quando non sarà abbastanza grande per andarsene di casa. Quinta cosa. Sicuramente all’inizio di questa faccenda, quando l’omuncolo inizierà a capire in che trappola è finito, sarai tanto coinvolta con lui, e non felicemente, che non avrai più nemmeno il tempo di guardarti intorno. Sesta cosa. Infine, se l’esperimento si verificherà negativo in tutti i sensi, finirai la partita alla grande: farai fuori il padre, il figlio o la figlia e te stessa. Settima cosa.Ora, tiriamo le somme: anche se tu fossi ridotta a quest’ultimo atto, non avere rimpianti, perché, per come ti vanno le cose al presente, ed è sempre il presente che conta, ti sbarazzeresti di questo supplizio che è la vita con le tue stesse mani, invece di lasciare che lo faccia la natura. Non perderti d’animo vecchia mia, finché ci sono idee, c’è vita!

Ja ja, Linda Lindberg, so muss das sein 1. Devi intrappolare un omuncolo facendoti mettere incinta da lui. E tanto per incominciare, dove potresti trovarlo? I migliori posti da frequentare sono quelli culturali: musei, teatri, sale da concerto, da conferenze, locali di poesia, di letteratura, di filosofia, università. In questi luoghi, questa malerba, se non è ricca, almeno è colta. E adesso basta con le chiacchiere. Al lavoro, Linda!

 

  •  Pubblicato nel libro dei 25 racconti: “Ribelli non si nasce ovvero Il manifesto dell’antiarte”

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *