Papa Francesco e “dialogo aperto con i non credenti” – 4 post, il primo

Dopo che Papa Francesco ha scomunicato i mafiosi illegali, dimenticando però di scomunicare i mafiosi legalizzati che siedono al nostro governo, ripropongo i miei 4 post a lui dedicati.

 Intanto Papa Francesco ha fatto carriera nella Compagnia dei Gesuiti il cui motto è: “Dateci un bambino sino all’età di sette anni e poi sarà nostro per il resto della sua vita.” Cosa vuol dire questo? Vuol dire che l’imprinting nel bambino ossia il marchio cristiano se lo porterà addosso come le mucche dei cowboy si portano il loro. Cos’altro vuol dire? Vuol dire che il bambino-adulto non potrà più decidere su una sua scelta religiosa o meno: i preti hanno già deciso per lui. Cos’altro vuol dire? Vuol dire che la fede del gesuita, in realtà, non è una fede, non è neppure una religione, una spiritualità, è politica, politica a tutti gli effetti. Detto in parole povere, la religione di Papa Francesco è ideologia, è condizionamento, è indottrinamento, è depauperamento e, infine, è schiavitù mentale.

Intanto Papa Francesco è stato fatto Vescovo di Roma per contrastare l’austero e sprezzante comportamenteìo intellettuale che aveva adottato nei confronti del gregge il suo predecessore, papa Joseph Ratzinger, un ex nazista. Infatti, Papa Francesco, prima di essere eletto papa, ha dovuto subire un training mentale non indifferente, ha dovuto imparare come piacere al gregge, come accattivarselo, come riportarlo di nuovo in Chiesa. Il poveretto ha dovuto mangiare nelle bettole, dormire negli alberghini, baciare i piedi ai senza scarpe, lodare i poveri di mente e di averi, eccetera eccetera eccetera, e tutto questo ha dovuto impararlo prima ancora che venisse eletto papa. Poi, una volta papa, con l’addestramento ricevuto, è stato facile per lui fare il grande attore, pastore, burattinaio. Oggi Papa Francesco è famosissimo e stimatissimo dai fedeli, riesce a vendergli la sua deliziosa torta che è una meraviglia. Chapeau!

Intanto, riguardo alla sua coscienza gesuita argentina, dovrebbe fare i conti con tutte le accuse che gli rivolge il massimo giornalista del suo paese, Horacio Verbitsky, particolarmente nel libro “L’isola del silenzio”, pubblicato da Fandango. Ecco un brano, tra tantissimi altri, che chiama in ballo Jorge Bergoglio, alto prelato argentino al tempo del golpe. Scrive Verbitsky: “La Compagnia (dei Gesuiti) non svolse un ruolo profetico e di denuncia perché Bergoglio aveva legami con Massera (Massera è stato capo di Stato Maggiore della marina militare argentina e uno tra i maggiori responsabili del colpo di Stato del 1976. È stato condannato più volte per violazioni dei diritti umani, per assassinio, per tortura, per violenza, insomma un mostro). Non ci sono solo i casi di Yorio, Jalics e Mónica Mignone, il cui sequestro non venne mai denunciato pubblicamente dalla Compagnia. Altri due sacerdoti, Luis Dourron, che in seguito smise la tonaca, ed Enrique Rastellini, operavano anch’essi a Bajo Flores. Bergoglio chiese loro di andarsene e quando questi si rifiutarono informò i militari che non godevano più della sua protezione, e questo portò al loro sequestro. Quando vennero liberati li abbandonò al loro destino,” pag. 34.

Non è tutto oro ciò che luccica, come non è fatta di soli sorrisi la maschera di Papa Francesco.

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