Per una filosofia perenne ovvero viaggio nell’immortalità fisica e virtuale (5)

Il balsamo che cura tutti i mali

“He who the most knows, the most lives”

“Colui che più sa, più vive” – dice William Blake. E qui non stiamo parlando di una conoscenza da bibliotecario, ermeneutica, fine a se stessa. Stiamo parlando di una conoscenza sana, propria di persone per cui il sapere è l’alito della vita. Colui che più sa più vive è l’equazione esistenziale di ogni tempo. Chi non può darsi una risposta di duemila anni di storia, dice Goethe, che viva pure nelle tenebre. Oggi diremo, colui che non può darsi una risposta scientifica di quindici miliardi di storia dell’universo, che viva pure nelle più profonde tenebre. “Fatti non foste a vivere come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza,” e per una volta dice bene il vecchio Dante. La conoscenza, una conoscenza sana e non adulterata e oscurantista, è il supremo bene, il valore più nobile che un essere umano possa conseguire. Di più. È un balsamo!

 

I semi che germogliano

La lettura dei grandi libri come esercizio di espansione del cervello, di apprendimento, di spiritualità e, soprattutto, di apprezzamento culturale e di ricchezza vitale. Scrive Ursula Le Guin ne “Il linguaggio della notte”: “Leggiamo i libri per scoprire chi siamo. Che cosa fanno, pensano e sentono altre persone, reali o immaginarie, o che cosa hanno fatto, pensato e sentito, o che cosa potrebbero fare, pensare e sentire, è una guida fondamentale per poter comprendere che cosa siamo e potremmo diventare noi stessi. Una persona che non abbia mai conosciuto un altro essere umano non potrebbe essere capace di introspezione più di un terrier o di un cavallo; può darsi, ma è improbabile che riesca a mantenersi vivo, ma non potrà sapere niente di se stesso, per quanto a lungo abbia vissuto con se stesso. E la persona che non avesse mai sentito raccontare e letto un racconto, un mito, una parabola, o una storia, rimarrebbe ignara delle altezze e degli abissi dei suoi stessi sentimenti e del suo spirito, non saprebbe davvero pienamente che cosa sia essere uomo. Perché il racconto, da Gilgamesh a Guerra e pace, è uno degli strumenti fondamentali, inventati dalla mente dell’uomo, per conquistare il giudizio. Ci sono state grandi culture che non usavano la ruota, ma non ci sono state culture che non narrassero storie.”

Se le cose stanno così, allora è importantissimo leggere, riflettere, dialogare, perché questo vuol dire vivere da umani e non da bestie. Leggere non dovrebbe essere una fuga dal reale, ma un’attività di formazione e di trasformazione di noi stessi; leggere, forse, è il cibo più nutriente e più salutare del cervello.

 

La cultura crea la bellezza

Questa è storica e soggettiva. Per scoprirla ci vuole un’educazione. È la cultura che crea l’arte, l’armonia, la bellezza. Per un primitivo un quadro di Raffaello non ha più valore di uno scarafaggio. Anzi, con quest’ultimo si nutre, del quadro di Raffaello non sa cosa farsene. Ci si educa all’arte, alla storia, alla vita. Senza cultura l’arte è morta, la storia è morta, la vita è morta, si vive a livello animalesco, proprio come dice Ursula Le Guin. Cosa ne sa il primitivo del piacere estetico? Se uno non è preparato a questo sport della mente, il piacere estetico non lo prova neppure. Una poesia, un romanzo, una sonata di Beethoven sono frutti della mente, sviluppati nel cervello e con l’esercizio del cervello, hanno un lungo processo intellettuale prima di diventare un processo spirituale. Anche le emozioni che noi proviamo sono relative alla nostra educazione, sensibilità, amore per la vita. È la cultura, non l’ignoranza, che forma il giudizio del gusto.

Attenzione, però, alle fabbriche scolastiche! Queste, per tradizione e per professione, sono schierate. Non si direbbe, ma è così. Fanno il gioco dei signori al potere. Non insegnano a vivere una vita piena e serena, non insegnano l’emancipazione, ma insegnano a produrre, a produrre ricchezza per alcuni e povertà per altri: le fabbriche scolastiche sono fabbriche ideologiche, fabbriche, in definitiva, della morte! Schopenhauer diceva che la filosofia la si può cercare ovunque tranne che nelle università e la filosofia, e solo lei, diremmo noi, è l’utensile mentale più appropriato per aprirci gli occhi e darci una vita bella, reale e sana.

 

Il bimbo ai genitori

“Ti prego mamma, ti prego papà, non insegnatemi cose che potrebbero un giorno farmi del male, che potrebbero creare in me inutili dubbi e confusioni mentali. Grazie!”

Filosofi si nasce

Filosofi non si diventa, si nasce. La filosofia è innata. I bambini sono filosofi per natura. Fanno domande su tutto e vogliono spiegazioni di tutto, vogliono capire e questa voglia di capire ce l’hanno dentro di loro. Per istinto chiedono:

Perché?

Come?

In che modo?

Spiegami.

E quella cosa che luccica nel cielo, che cos’è?

La luna.

Che cos’è la luna?

Un astro.

E che cos’è un astro?

Un corpo celeste.

E un corpo celeste che cos’è?

Vogliamo cambiare discorso, bambino mio?

Perché?

Il primo vagito è un vagito filosofico, ma non bisogna fermarsi ad una filosofia infantile. Bisogna trasformarla in una filosofia adulta, accorta, pronta a confrontarsi col mondo.

Diventare filosofi, possibilmente non accademici, è una nobile ambizione. I filosofi filosofi rinunciano all’avere, all’apparire, alle trombe dei falsi valori e si concentrano unicamente sull’essere. Eliminano dalla loro vita tutto ciò che è inutile e si concentrano sull’utile, l’utile esistenziale e umano. Diventano scuola a se stessi. Vivono la propria filosofia. Ogni pensiero, parola, atto sono il risultato del loro volere. La loro filosofia e il loro stile di vita sono la stessa e medesima cosa. I filosofi filosofi non hanno né dèi né capi né pregiudizi. Conoscono, si conoscono, amano la vita e se stessi. Sono questi i valori di cui si nutrono e trasmettono agli altri.

 

Personaggi

Chi sono questi? Sono il libero pensatore e l’individuo. Partiamo col primo. Come potrebbe uno definirsi libero pensatore se non si fosse affrancato da tutti i sistemi di pensiero? Infatti, solo coloro che si sono emancipati da ogni tipo di cultura e da ogni legge autoritaria sono degni di questo nome. Il libero pensatore è una mente ribelle. Unicamente la totale libertà di fare uso di tutti i campi del sapere si addice a lui. Col piccone sulla spalla e un macete nella mano, avanza nel mondo della conoscenza come un pioniere nella foresta.

 

La canzone del libero pensatore

“Passo dopo passo

tra i mille esiti della vita

traccio la mia strada

perché voglio essere il narratore

e il cantore delle mie azioni

il poeta della mia esistenza

il giudice della mia coscienza

il capitano del mio spirito

il maestro della mia anima

lo scultore della mia statua

l’autore del mio romanzo

il compositore della mia musica

il signore di me stesso;

“questo nettare del cervello

mi tiene lontano dai predicatori

dalle ideologie oscurantiste

e dagli stati predatori;

“fresca sana e cristallina voglio la mia fonte

non compromessi dunque

e non ipocrisie o formalità.”

 

Vai allora, vai, figlio mio

vai per la tua strada

segui il tuo cammino

e che il guerriero e l’umano

che sono in te

non ti abbandonino mai!

 

L’individuo

Di individui ce ne sono molti, i più conosciuti sono due. Il primo è quello che tutti ammirano, quello che vuole distinguersi a tutti i costi dai suoi simili, grazie allo sfarzo che si può permettere. È un mammifero volgare e prepotente che non vede oltre al suo stomaco ed egocentrismo. Quest’essere non è che un piccolo roditore grossolano, buffo e, al nocciolo, un raccoglitore di sterco. Dire altro di lui è uno spreco. Di questi individui, se individui li si può chiamare, il mondo è pieno.

C’è, però, un altro individuo ed è quello che interessa a noi. Questo, tanto per cominciare, non ha ottimi rapporti con le autorità, i reggimenti, le congreghe. Pensa che il più delle volte le leggi sociali siano contro natura e tutto ciò che è contro natura è contro l’individuo. Infatti, il gruppo al potere non ha mai preso in considerazione la sua autenticità, ha sempre ignorato la sua essenza. L’individuo però va a lezione dalla natura non dagli uomini arroganti e di cultura vuota. La natura è la sua maestra. Ama la vita e fa del suo essere la sua ragione d’essere. L’unica realtà che ritiene corretta è quella che si trova nella sua testa, una realtà che lo isola e lo determina fisicamente, biologicamente e culturalmente. Si sente naturalista, scienziato, filosofo, poeta, unico. I regolamenti sono buoni per la gente che ama le prigioni, i recinti sorvegliati, i panottici, le gabbie d’oro. In questi luoghi non c’è posto per l’individuo. Se vuole crearsi una vita serena e sana, deve fare a meno dei virtuosismi sociali. L’individuo ama la vita come individuo e sa che per permettersela deve conquistarsela. Non è un patriota, un bigotto, un fascista, un comunista. Non si definisce in rapporto ad una gerarchia; ha simpatia solo per l’orizzontale. Come Cartesio a suo tempo si era sbarazzato da tutte le conoscenze che lo precedevano e si era creato la sua di sana pianta, così l’individuo oggi si sbarazza di tutte le leggi che lo circuiscono e si costruisce la sua legge: giusta, morale, umana, altruista. Il suo motto è: solo io posso decidere di volta in volta ciò che è buono e ciò che non è buono per me. È a self-made man: lui la giuria, il giudice, l’avvocato e il tribunale di se stesso. Nulla lo trascende. Si auto-trascende. È un essere autonomo. Rispetta quello che ritiene sia giusto rispettare, quindi anche i semafori!

 

Rinascere da se stessi

È questa seconda nascita, non la prima, che conta. La prima nascita ci è estranea. Non siamo stati noi a deciderla, desiderarla, volerla. Qualcun’altro, che va sotto il nome di “genitori”, ci ha messo al mondo senza che noi l’avessimo chiesto. La prima nascita appartiene al caso anche se è voluta; la seconda ci appartiene. L’individuo è colui che nasce, non dal seno della madre, ma da se stesso, nasce una seconda volta. Allora, e solo allora, tutto quello che fa porta la sua impronta, la sua firma. Sartre diceva qualcosa del genere, che noi siamo ciò che abbiamo fatto di quello che gli altri hanno fatto di noi. Gli altri (genitori, insegnanti, stato, terra natale, ecc.), infatti, ci hanno dato una lingua, un’educazione, una nazionalità, una professione, un mestiere, un’identità ancora prima che ci fossimo accorti, e questo è bastato per averci dato anche la loro impronta, impostazione. Quindi, noi, la nostra vita possiamo ricostruirla solo partendo da queste basi che comunque ci spingono verso un certo determinismo culturale. Sartre lo odiava, il determinismo. Anche noi. Ed è per questo che dobbiamo rinascere una seconda volta. This is possible solo se ci rendiamo coscienti di ciò che ci ha resi ciò che siamo prima di voler essere ciò che vogliamo essere. Ecco la seconda nascita, quella che conta: la nascita voluta.

 

Conosci te stesso

È il grido dei filosofi, l’imprescindibile conoscenza per diventare umani. Umani non si nasce, si diventa. Scopri la tua vera natura, lettore, sii una fonte di studio a te stesso, definisci la tua propria inclinazione, essenza, tutto. Se non ti conosci, sei un pericolo pubblico e un pericolo per te medesimo. La conoscenza di sé è l’apertura mentale per eccellenza sul mondo e sugli uomini. Il passaggio dall’animale all’umano sta proprio qui: nel conoscere se stessi.

 

Dichiarare guerra al proprio io

Non nasciamo perfetti. Possiamo, però, migliorarci. Per farlo, sicuramente, prima o poi, bisogna entrare in conflitto col proprio io. La conoscenza di sé porta inevitabilmente alla lotta con se stessi, alla lotta col proprio io. È inevitabile. Ci sono cose in noi che non ci piacciono, che vogliamo migliorare. La battaglia è lunga, dura e senza esclusione di colpi, ma è l’unico modo per trasformarsi da animali in umani. Poi, una volta scoperta e sperimentata la tempra del nostro io, sarà più facile ragionarci insieme; come dire, siamo diventati amici di noi stessi e, in questo mondo ostile e poco amichevole, trovare un compagno, e non esiste un compagno migliore del proprio io, è come trovare un tesoro. To love oneself is the beginning of a life-long romance – Amare se stessi è l’inizio d’un romanzo che durerà una vita, Oscar Wilde.

 

Ama te stesso

Conoscere se stessi senza amare se stessi sarebbe un lavoro incompiuto, perché l’amore e il rispetto per noi stessi ci invitano ad amare e a rispettare anche gli altri. Conosciamoci e amiamoci allora, non come bestie e narcisi, ma come esseri umani.

 

Pensare a se stessi

Come? Costruendoci un riparo interiore. “Bisogna proteggerti, diceva Marco Aurelio a se stesso, crearti una difesa, una cittadella interiore”. Così dobbiamo fare noi, costruirci, vista la portata del nemico!, un baluardo interiore per proteggerci in caso di attacco, e questo, l’attacco, stiamo pur tranquilli che prima o poi arriverà, da qualche parte arriverà. Conosciamo ormai abbastanza bene il mondo in cui viviamo: tutti contro tutti! Hobbes non era poi tanto lontano dalla realtà: l’uomo è un lupo per l’uomo. Allora, prima che arrivi ciò che prima o poi arriverà, diamoci da fare! Dopo la battaglia, solo quelli che si sono protetti nelle loro fortezze interiori rimarranno in vita. Non perdiamo altro tempo, al lavoro, costruiamo la nostra fortezza, il nostro riparo interiore!

 

Aver fiducia in noi stessi

Se non abbiamo fiducia in noi stessi chi mai potrebbe averla per noi? Il nostro romanzo, senza la conoscenza di noi stessi, senza l’amore per noi stessi, senza il rispetto per noi stessi, resterebbe pieno di pagine bianche, perché nessuno, proprio nessuno, né in cielo, né in terra, né in nessun altro luogo, penserà di scriverlo per noi. È decisivo tenere presente il proprio passato, costruirsi una stima di sé e avere fede nel proprio io.

 

Fare di necessità virtù

Non c’è scelta. Si deve vivere. Si è nati per vivere e questo anche in un mondo, per la stragrande maggioranza, grottesco e infernale come il nostro. Non ci resta allora che tirarci su le maniche e fare di necessità virtù, che vuol dire questo: accettare solo e solo quando non si può fare diversamente, la nostra realtà, e cercare di vivere tanto quanto si può positivamente in essa.

 

La cura che cura tutti i mali

La conoscenza, dunque, la conoscenza come balsamo, come medicina mentis, come emancipazione, come senso, come scopo, come voglia di vivere e di godere, come ricchezza interiore, come spiritualità, come felicità, come amore per i propri cari e per l’umanità intera, come purezza dell’esistere, come illuminazione mentale, come conquista di se stessi e del mondo; la conoscenza come distruttrice di paure inutili, di superstizioni, di oscurantismi, di guru, di santoni, di storture intellettuali, di vigliaccherie, di ignominie; la conoscenza come suprema dignità umana, come elevazione spirituale, come conquista; la conoscenza come cura della psiche, perché, se è vero che il 90% dei tumori sono dovuti a malattie psico-somatiche, cioè a malattie della mente, cioè all’incapacità di capire il mondo e se stessi, in breve, sono dovuti all’ignoranza, allora cerchiamo d’illuminarci prima che sia troppo tardi. Di più, La conoscenza come liberatrice della schiavitù che viene dalla cultura falsa. E ancora, la conoscenza come liberatrice di ogni male e di ogni bruttura; la conoscenza, infine, come salvezza personale e per sentirsi padroni del mondo.

 

La vita come arte

È decisivo, quindi, scoprire i propri valori, il proprio motore, campo di energia, la propria ambizione. Costruirsi un’esistenza su misura. Lavorando con noi stessi, diventiamo i fabbricatori di noi stessi. La realizzazione dei nostri desideri è più probabile quando questi sono educati e organizzati al massimo. Non è difficile ottenere quel che si vuole se è alla nostra portata. Tutto quello di cui abbiamo bisogno è: la ragione, un po’ d’intuito, la volontà e poi porsi l’obiettivo di fronte e non perderlo di vista fino a quando non lo si raggiunge. È determinante, per una riuscita esistenziale, fare tutto il possibile per trasformarci da materia cieca in materia che vede. La lotta è lunga e piena di sorprese, ma è l’unica che dà un senso alla vita. Essere, e ripetiamolo perché è bello, essere l’infermiere, il dottore e lo psicologo del proprio corpo; il marmo, lo scalpello e lo scultore di se stessi. Scolpire la propria statua, divenire il proprio fabbro, scrivere il proprio romanzo, vivere il proprio io, comporre la propria musica. Il grido è, e senza narcisismo e arroganza: “Io valgo più di tutto l’universo messo insieme!” È chiaro qui il concetto: “Se io valgo più di tutto l’universo messo insieme, questo vuol dire che anche tu, lettore, lo vali!” Amore, impegno e rispetto per se stessi prima di tutto, perché solo così potremo sviluppare amore, impegno e rispetto anche per gli altri. Detto in nuce, sii il poeta di te stesso!

 

 

 

 

 

 

 

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *