Quando gli italiani non erano italiani ma africani – in 3 post, il secondo

 Quando gli italiani non erano italiani ma africani  – in 3 post, il secondo

Fine Ottocento inizio Novecento, il biglietto per l’America in quei tempi costava intorno ai dieci dollari. Ci si imbarcava per diverse destinazioni, ma soprattutto per emigrare nel paese dei sogni: l’America. Dopo una traversata di tre settimane d’inferno, si arrivava a destinazione, sempre se si arrivava, ai limiti della sopravvivenza su quelle carrette marine cariche di bestiame italiano, dove i naufragi, i suicidi, le malattie, la morte erano all’ordine del giorno.

Una volta arrivati in America, la terra sognata, non iniziava il bello, ma il brutto: chi era analfabeta, aveva infezioni e altri problemi fisici, se ne ritornava a casa, volente o nolente. I fortunati, invece, quelli che venivano accettati dalle autorità, cominciavano, qui e lì sul grande continente, il loro calvario, non meno duro di quello degli schiavi che arrivavano dall’Africa sulle coste americane fino a non molto tempo prima. Il bestiame italiano era mano d’opera a bassissimo costo. Ad esso spettava il lavoro più pesante, pericoloso, disgustoso, servile, doloroso, umiliante.

         Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Schiavi e discriminati erano i neri; schiavi e discriminati erano gli italiani. Per gli americani di quei tempi, infatti, tra gli italiani e gli africani, c’era diversità di colore, ma non di contenuto umano: li si doveva sfruttare tanto quanto si poteva. È quello che facevano.

Si racconta che, all’inizio degli anni venti, un nero aveva fatto all’amore con una donna che apparteneva al Bel Paese e, dato che ai neri era proibito copulare con le donne bianche, era stato arrestato. In tribunale, il don Giovanni, si era difeso e aveva vinto la causa sostenendo che non poteva essere condannato perché l’italiana con cui si era accoppiato non apparteneva alla razza bianca, ma a quella nera!

In quel fantastico continente, i meravigliosi, cioè gli italiani, erano i più oltraggiati dopo i neri. Nick e Bart ossia Sacco e Vanzetti, due rappresentanti della fratellanza umana, erano stati giustiziati barbaramente e senza un reale “perché”. Per le autorità italiane, che autorità non erano, la vicenda Sacco e Vanzetti, era finita com’era finita e andava bene così. L’animale che mangia, beve e ha tutto, perché dovrebbe preoccuparsi d’altro?

         La povertà, la disperazione, l’umiliazione, la discriminazione, la barbarie, la nostalgia, l’incomprensione culturale e linguistica, l’alienazione, il risentimento, il senso d’inferiorità calpestavano il pensiero e l’anima dei nostri connazionali sul suolo americano. Molti non resistevano a questo calvario giornaliero e, come risultato, si toglievano la vita o ritornavano a morire nella zolla natale.

L’America: sogno o incubo?

Nel prossimo: il contratto capestro di Marcinelle

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