Seconda definizione dello Stato predatore (5)

Scrive Agostino di Ippona “Una volta che si è rinunciato alla giustizia, che cosa sono gli Stati, se non una grossa accozzaglia di malfattori? Anche i malfattori, del resto, non formano dei piccoli Stati? Si tratta infatti di un gruppo di uomini comandati da un capo, tenuti assieme da un patto comune e che si spartiscono un bottino secondo una legge tacita. Se questo male si allarga sempre più a uomini scellerati, se occupa una regione, fissa una sede, conquista città e soggioga popoli, assume più apertamente il nome di regno, che non gli viene dalla rinuncia alla cupidigia, ma dal conseguimento dell’impunità”, La città di Dio, pp. 221-222.

Scrive Nietzsche in “Così parlò Zarathustra”:“Stato si chiama il più freddo di tutti i gelidi mostri. Mentisce anche a freddo: e questa menzogna esce strisciando dalla sua bocca: “Io sono lo stato, sono il popolo … Ma lo stato mente in tutte le lingue del bene e del male; e qualsiasi cosa esso dica, mente; e qualsiasi cosa esso possieda, l’ha rubata. Tutto è falso  in  lui: esso morde con denti rubati ad altri, quel mordace. Anche le sue viscere sono false”, p. 87.

Scrive Alexander Berkman: “Sempre e ovunque, qualsiasi sia il nome che prenda il governo, qualsiasi sia la sua origine o la sua organizzazione, la sua funzione essenziale è sempre quella di opprimere e sfruttare le masse e di difendere gli sfruttatori e gli oppressori. La sua principale caratteristica e i suoi strumenti indispensabili sono il poliziotto e l’esattore fiscale, il soldato e la prigione”, sito Internet “L’anarchismo e parecon”.

Scrive Karl Löwith in “Il nichilismo europeo”: “Lo Stato ha imparato dagli industriali a sfruttare il credito, e lo fa con l’ostinazione di chi sa che la nazione non può farlo fallire: ora lo Stato se ne sta lì, accanto a tutti i truffatori, come supremo capo-sfruttatore”, p. 21.

Scrive l’antropologo Marvin Harris ne “La nostra specie”: “Da un punto di vista evoluzionistico, il problema dell’ingiustizia sociale è inestricabilmente legato alla crisi dello Stato inteso come forma predatoria di organizzazione politica, che nasce, cresce e si diffonde con la spada. Se questo è vero, è molto probabile che la nostra specie non sopravviverà al prossimo secolo, o addirittura ai prossimi cinquanta anni, se non saprà trascendere l’insaziabile volontà di sovranità ed egemonia caratteristica dello Stato”, p. 366.

La storia della politica, Rossi, ci dice un altro pensatore di cui ora non ricordo il nome, è la storia del fanatismo, dell’egoismo, delle scelleratezze, la storia del terrore e delle guerre. La sua lingua è progettata non per dire verità, ma per fare in modo che il delitto sembri rispettabile, che le bugie sembrino vere, le truffe una saggezza demagogica e per dare un senso di solidità alle sue furie logorroiche.

Detto in poche parole, dietro ogni “santità” si nasconde la bestialità, la più feroce delle bestialità; dietro ogni “maestà” si nasconde la crudeltà, la più feroce delle crudeltà; dietro ogni “presidente” si nascondono gli inganni e i soprusi più avvilenti; dietro ogni “istituzione” si nasconde un alieno con mani e denti gocciolanti di sangue; dietro ogni “virtù sociale” si nasconde un mostro dai mille tentacoli. Ecco, Rossi, grosso modo, la seconda definizione dello Stato predatore.

 

La politica ovvero l’arte di vivere insieme

“Qu’est-ce que la politique?” si chiede il filosofo francese André Comte-Sponville nel suo saggio “Présentations de la philosophie”. E risponde: “C’est l’arte de vivre ensemble”. Ecco come questo mandarino vede la politica: come l’arte di vivere insieme! Povero infelice. Tanta erudizione per poi collezionare tanta confusione mentale. I suoi primi libri parlavano d’un certo disagio esistenziale, adesso invece si è messo a parlottare di tutto. E lo fa, appunto, con arte. È un filosofo, Rossi, e i filosofi, come anche tu ora sai, possono permettersi di parlottare di tutto. Per lui la politica è l’arte di vivere insieme, ma lo è poi veramente? Menziona, filosofo, menziona un solo momento storico in cui la politica è stata l’arte di vivere insieme. Nome e periodo, prego? Avresti delle difficoltà a trovare anche un solo luogo nell’intero mondo.

La società in cui viviamo, amico mio, tutto è eccetto che arte di vivere insieme. Sì, se vuoi, la politica è un’arte, però, è l’arte di rubare, di imbrogliare, di tenere il mondo nel caos, di fare apparire il crimine un atto di giustizia, la guerra un segno di pace, lo sfruttamento una benedizione di Bogududù, la ricchezza dei pochi e la miseria dei molti un virtuosismo sociale.

Sì, filosofo, la politica ha il dono di fare apparire la distruzione del pianeta Terra come una sua edificazione, l’inquinamento come un’aria cristallina, la desertificazione come un campo fertile. Sì, sì, filosofo, l’arte politica è di trasformare l’amore in odio e l’odio in altro odio. Sicuramente, e tu lo sai molto bene, ipocrita d’un filosofo, venduto d’un filosofo, la politica ha tutte queste grazie e molte altre, inclusa quella di trasformare gli assassini in rispettosi membri dello Stato predatore.

Per inciso: il politico, culturalmente parlando, è programmato a trarne il massimo in ogni situazione e lo fa, non per la comunità, non per il popolo, non per il buon Bogududù, non per l’umanità, ma per il suo unico e solo tornaconto, altra politica il politico non ne ha. Voilà ton arte politique, philosophe!

 

 

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