L’Indifferenza divina (9)

Le radici bibliche

Le radici bibliche, sono vere? Sono state tratte da una storia reale, esistita? Ecco cosa scrive Celso a riguardo: “Quei popoli che hanno avanzato pretese sulla propria antichità come gli Ateniesi, gli Egiziani, gli Arcadi e i Fregi sostengono che presso di loro ci sono stati degli uomini generati dalla terra stessa e ciascuno di quei popoli ne fornisce delle prove. Gli Ebrei invece, rannicchiati in un non so quale angolo della Palestina, privi di qualsiasi cultura e senza aver mai sentito dire che queste leggende già da gran tempo erano state illustrate da Esiodo e da un’infinità di uomini ispirati, misero insieme favole le più incredibili e grossolane: un uomo sarebbe stato plasmato dalle mani di Dio e quindi insufflato, una donna sarebbe stata creata dal suo costato, Dio avrebbe imposto certi comandamenti cui un serpente avrebbe contrastato e questo serpente avrebbe alla fine prevalso sui comandi di Dio. Favole, come si vede, buone per essere raccontate alle vecchiette e nelle quali, nella maniera più empia, si rappresenta Dio già fin dall’inizio impotente ed incapace di farsi ubbidire persino da quell’unico uomo che egli stesso aveva plasmato”, p. 155.

Ecco cosa scrive Mario Liverani nella prefazione del suo saggio “Oltre la Bibbia, storia antica di Israele”: “Nel corso degli ultimi due secoli la critica biblica ha dapprima smantellato la storicità della creazione e del diluvio, poi quella dei Patriarchi, poi (sempre seguendo l’ordine cronologico) quella dell’Esodo e della conquista, di Mosè e di Giosuè, del periodo dei Giudici e della Lega delle 12 tribù – arrestandosi però al regno unito di David e Salomone considerato sostanzialmente storico…”, ma “La più recente critica al concetto stesso di regno unito ha messo in crisi totale il racconto biblico, perché ha ridotto l’Israele “storico” a uno dei tanti regni palestinesi spazzati via dalla conquista assira, negando un collegamento tra Israele e Giuda (dunque un Israele unito) in età pre-esilica. La riscrittura della storia d’Israele diventa a questo punto assolutamente drastica”.

Ecco cosa scrive Luigi Cascioli ne “La favola di Cristo”: “Non bisogna essere dei geni per comprendere, sin dalle prime pagine, che la Bibbia non è altro che un castello di stupidaggini, di contraddizioni e di assurdità la cui costruzione è stata possibile perché messa sulle spalle di un popolo di pastori che, fra tutti gli altri, era il solo a non avere una storia documentata che avrebbe potuto impedirlo. Praticamente la Bibbia ha attribuito una cronaca agli ebrei come quegli istituti di araldica che attribuiscono alberi genealogici a persone prive di un casato verificabile. Se si fosse dovuto dire soltanto la verità su ciò che si conosce realmente del popolo ebraico, il suo passato si sarebbe potuto riassumere, stando alle confuse documentazioni pervenuteci, in una sola frase: “C’erano una volta dei nomadi che, lasciate le zone semi-desertiche della Mesopotamia invasero la Palestina depredando per secoli i popoli che l’abitavano”, p. 5.

Ecco cosa scrive Baruch Spinoza in “Etica, trattato teologico-politico”: “Lo scopo perseguito dalla Scrittura, è solamente l’insegnamento dell’obbedienza. Nessuno può contestarlo. L’uno e l’altro Testamento altro non sono che una lezione di obbedienza, non hanno altro scopo se non quello di far sì che gli uomini obbediscano con genuina convinzione. Infatti, Mosè non si curò di convincere gli Israeliti per mezzo della ragione, ma di obbligarli col patto, coi giuramenti e con un debito di riconoscenza per i benefici ottenuti; quindi sotto la minaccia di una pena intimò al popolo di obbedire alle leggi e lo esortò a far ciò con la promessa di premi. Ora, tutti questi sono mezzi che portano esclusivamente all’obbedienza, non alla conoscenza razionale. La dottrina evangelica, poi, non contiene che il richiamo alla pura e semplice fede, cioè: credere in Dio e averne reverenza, ossia (il che è lo stesso) obbedire a Dio”.

Ecco cosa scrive Michel Onfray nel suo “Trattato di ateologia”: “Conclusione: se a monte si accetta la datazione più antica (XII secolo avanti Cristo) per il più vecchio libro veterotestamentario, e poi, a valle, la fissazione del corpus neotestamentario al concilio di Trento (XVI secolo), il cantiere dei monoteismi si estende su 27 secoli di storia movimentata. Per essere libri dettati direttamente da Dio alle sue pecorelle, le occasioni di intermediazione si contano a decine. Per lo meno, richiedono e meritano un reale lavoro archeologico”.

Ecco cosa scrive Piergiorgio Odifreddi in “Perché non possiamo essere cristiani e meno che mai cattolici”: “Il Pentateuco è un collage pasticciato e confuso di opere variegate e ineguale… Perché mai chi dettava (cioè chi dettava le Sacre Scritture) avrebbe voluto che si scrivessero così tante cose che, come abbiamo cominciato a notare e continueremo a fare, sono sbagliate scientificamente, contraddittorie logicamente, false storicamente, sciocche umanamente, riprovevoli eticamente, brutte letterariamente e raffazzonate stilisticamente, invece di ispirare semplicemente un’opera corretta, consistente, vera, intelligente, giusta, bella e lineare?”, pp. 28-9.

Le religioni, Rossi, si sviluppano assimilando le credenze di altre religioni che le hanno precedute. L’ebraismo ha assimilato la religione egiziana, persiana, indiana, mesopotamica ecc.; il cristianesimo, a sua volta, ha assimilato la religione mitraica, pagana, greca, ebrea ecc.; l’islamismo, la religione ebrea, cristiana, zoroastriana ecc. Le origini della Bibbia (cioè “i libri”, cioè il Libro dei libri, il Libro per eccellenza, il Libro scritto da Dio, la Parola di Dio all’uomo, il Libro il cui protagonista è Dio, il Libro di Dio per l’uomo, il Libro delle Sacre Scritture, il Nuovo e il Vecchio testamento e così via), in realtà, non sono divine, non sono neppure ebree, derivano da altre culture, da altri popoli. I redattori della Bibbia erano dei falsari, dei plagiatori, si sono appropriati di una storia non loro come più tardi fece la Chiesa.

 

Le radici cristiane

Le radici cristiane, tanto declamate da Giovanni Paolo II e compagnia, dopo quello che abbiamo appena detto, sono proprio così pure e degne di elogio come ci vengono proposte? Se è così, allora tutto ciò che abbiamo detto e che diremo in questa Lettera è sbagliato. I fatti, i fatti, i fatti, però, sono come ce li raccontano gli interessati, i signori con la sottana? I fatti, i fatti, i fatti, in realtà, quali sono? Per noi, Rossi, i fatti, quelli che prendiamo in considerazione, sono fatti storici e questi ci raccontano che, lungo tutta la storia, le radici cristiane sono ben diverse da come ce le presentano i cristicoli.

Intanto c’è da dire che le radici cristiane non sono per nulla occidentali, ma orientali. Sono radici che vengono a noi da una cultura straniera. Gli Ebrei vivevano in Medio Oriente e non in Europa. Gli autori del Vecchio e del Nuovo Testamento erano ebrei. Il loro fondatore per eccellenza, Saulus, era ebreo. Sono stati loro che hanno portato in Occidente la religione cristiana. Gli occidentali hanno sempre subito questo pensiero estraneo al loro, perché il vero pensiero degli occidentali è il pensiero pagano, e più precisamente il pensiero greco-romano.

E comunque, non ci sono solo le radici cristiane alla base della cultura europea, e per fortuna! Se avessimo avuto solo queste, forse a quest’ora l’Europa non esisterebbe più. Alle radici della cultura europea ci sono, innanzitutto, le radici greche. A queste l’Europa deve riconoscenza. Se oggi nella sua cultura esistono la scienza, il pensiero libero, la democrazia, la filosofia, l’astronomia, la scienza medica, la tecnica, questo lo si deve alle radici greche, perché, se fosse stato per le radici cristiane, a quest’ora avremmo ancora un’Europa governata dall’Inquisizione e dalle Monarchie.

Se dessimo un’occhiata da vicino alle vere radici cristiane, ci accorgeremmo che non sono quelle di cui ci parla papa Wojtyla. Le vere reali concrete storiche radici cristiane, sono, lungo tutto il loro percorso, insanguinate in ogni loro singola cellula. Le radici cristiane annegano in un mare di sangue che hanno versato i cristiani da quando Costantino li ha inseriti nel suo esercito della morte; da quando le crociate hanno scavato un fiume di sangue tra Occidente e Oriente; da quando la cristianità ha insanguinato il mare che separa il Nuovo Mondo dal Vecchio; da quando l’Inquisizione ha sparso in tutta l’Europa l’odore di carne umana arrostita.

Le radici cristiane, le così tanto vantate radici cristiane, oltre che orientali, sono anche bestiali. Di più. Affondano nell’ignoranza: per oltre millecinquecento anni la cristianità ha sostenuto a spada tratta che la Terra era piatta, che la Terra era al centro dell’Universo, che l’uomo è stato creato da Dio circa 6004 anni fa. Tutte bugie.

Le radici cristiane, in realtà, affondano nell’integralismo, nella violenza cieca, nella superstizione, nel fanatismo, nell’oscurantismo, nell’assolutismo, nell’intolleranza, nell’indottrinamento più dogmatico al mondo, nel fondamentalismo, nell’ingiustizia eretta a legge di Dio, nella mancanza di libertà, nella discriminazione sistematica: chi non era un cristiano era un barbaro, chi non era con la Chiesa era contro la Chiesa.

Le radici cristiane affondano in una giungla di angherie, menzogne, vigliaccherie, sozzaggine. Le radici cristiane affondano nella caccia alle streghe. Le radici cristiane affondano nella persecuzione più spietata di tutti coloro che cristiani non erano. Le radici cristiane affondano nella costruzione di un mondo da incubo. Tolkien, nel “Signore degli anelli”, probabilmente si è inspirato alla Chiesa nel creare il mondo di Mordor e il Signore del Male.

Le radici cristiane affondano nell’analfabetismo. Qui da noi, oggi nel nuovo millennio, ci sono 36 milioni di analfabeti ed illetterati  (La Stampa, martedì 15 novembre 2005), grazie al Santo Santissimo Padre e grazie alla Santa Santissima Chiesa.

Da quando i cristiani sono diventati cristiani hanno distrutto, bloccato, insultato la conoscenza: sin dalla loro nascita hanno impedito lo sviluppo del libero pensiero, hanno cercato con ogni mezzo di uccidere la filosofia, l’arte, il progresso economico, la letteratura, la biologia, l’astronomia, tutto. Solo la cristianità e il suo incubo dovevano regnare.

Le radici cristiane al posto della scienza hanno innalzato i dogmi, l’ignoranza, il filisteismo, la cultura della violenza e della morte. Le radici cristiane affondano nei milioni di persone innocenti sacrificate a un’ideologia grottesca: l’ideologia inquisitoriale. Le radici cristiane affondano in una istituzione diabolica, fanatica, irresponsabile, che ha come obiettivo la distruzione dell’umanità. Le radici cristiane si sono macchiate lungo tutta la loro storia di infiniti crimini contro il genere umano. Hanno assassinato lo sviluppo dell’uomo almeno per duemila anni.

Queste sono solo alcune delle vicende nelle quali le radici cristiane affondano. E così, quest’organizzazione del male più nero della Terra, oggi, oggi nel nuovo millennio, ha ancora il coraggio, la faccia tosta di vantare questa sua barbarie, questa sua mostruosità storica e di proporla come fondamento della Nuova Europa!

 

Non sei cristiano, quindi non sei umano

Fino a qualche tempo fa, il motto dei cattolici era: “Non sei cristiano, quindi non sei umano”. La Chiesa applicava un piano denigratorio a chiunque non fosse cristiano. Le altre religioni non esistevano, esisteva solo la religione cristiana; gli altri dèi erano diabolici, stolti, rozzi: solo il dio cristiano emanava saggezza e divinità. Il buddhismo, l’induismo, il confucianesimo, il taoismo, lo zoroastrismo, lo scintoismo, l’islamismo, l’ebraismo, tutti volgarità, degni solo di ingiurie, solo il cristianesimo era degno di lode.

Taziano, scrittore cristiano, se la prendeva addirittura con la cultura ellenica. “Ironizzava sulla ‘millanteria dei Romani e degli Ateniesi’, sulla ‘schiera infinita delle vostre poetesse ed etere buone a nulla e perdigiorno’. L’ex discepolo dei sofisti condannava l’ ‘intemperanza’ di Diogene, l’ ‘incontinenza’ di Platone, l’ ‘ignoranza’ di Aristotele, le ‘vane chiacchiere di Ferecide e di Pitagora, le ‘fanfaronate di Empedocle. Saffo altro non era che ‘una donnetta lasciva, preda della follia d’amore, Aristippo ‘un libertino con l’aspetto di santo’, Eraclito ‘un autodidatta superbo’. In breve: tutti chiacchieroni, nessun vero maestro’, ‘capaci di riempirsi la bocca di parole, ma intellettualmente poco acuti, si aggirano con le unghie sfoderate come le bestie selvatiche”, Karlheinz Deschner, “Storia criminale del cristianesimo”.

“Nel secolo XIX, il filosofo Vincenzo Gioberti attacca induismo e buddhismo insieme, liquidandoli come ‘riti decrepiti’ (P. Prinetti, p. 325). L’Almanacco delle missioni del 1927, commentando l’arrivo in Italia del noto poeta indiano e premio Nobel Rabindranath Tagore, accenna al ‘cocente deserto del pensiero indiano’ e alle ‘fitte tenebre di quella terra infedele, preda di superstizioni luride e banali, indegne di menti incapaci di alta cultura’… Per l’Enciclopedia cattolica, i Lama del Tibet sono solamente ‘nemici mortali della religione cristiana’… Buddha era un demonio, il popolo giapponese viveva immerso in peccati mostruosi ed era in grave pericolo di perdere l’anima’ ” ecc., ecc., ecc., Pierino Marazzani, “La Chiesa che offende”.

Le radici cristiane, le vere radici cristiane, non quelle di cui parla papa Wojtyla, affondano nella discriminazione più aberrante della storia umana, nell’intolleranza più squallida, nelle azioni più irrazionali, nell’inumanità più nera.

 

Il rimedio è stato peggiore del male

Alcidamante, un sofista del IV secolo avanti la nostra era, condannò la schiavitù affermando che “Dio ha dato a tutti gli uomini la libertà e la natura non ha fatto nessuno schiavo” (1).

Alcidamante, come i suoi predecessori, Ippia e Antifonte nel V secolo, credeva nella “natura”, physis, e non nella “legge”, nomos. Non è stato così per Platone e Aristotele, ahimé!, che credevano nella “legge”, la legge degli uomini, quindi nella schiavitù. Si dice però che sia stata la religione cristiana a portare il concetto di libertà tra gli uomini antichi, le si riconosce questo merito. Ma è proprio così che stanno le cose?

La citazione di Alcidamante già smentisce questo presupposto storico. Gli uomini conoscevano il concetto di libertà molto prima che arrivassero i cristiani. E, in ogni modo, se si approfondisce l’argomento, c’è da dire che, se le accademie greche non fossero state chiuse con l’avvento della religione cristiana, lo schiavismo non sarebbe durato così a lungo. E come avrebbe potuto, se i filosofi greci erano dappertutto svegliando ed educando il popolo ai suoi diritti? Sarebbero bastati gli scritti stessi, per quanto controversi, di Platone e di Aristotele, a liberare il pensiero dalla servitù. Già allora c’era una forte presa di coscienza contro questo spregevole modo di trattare gli uomini, Spartaco l’ha dimostrato.

La libertà cristiana era e rimane un inganno. Era un inganno perché, anche se riconosceva la libertà degli uomini, in realtà li rendeva ancora più schiavi del suo sistema di credenza dogmatico, oscurantista, inumano: il peccato originale. Un’invenzione cancerogena.  Un virus mentale.

No, non c’è libertà nella religione cristiana, non c’è mai stata né mai ci sarà, ci sono solo catene. Si è schiavi del peccato originale, del deicidio, di Dio, di suo Figlio, della Trinità, del venerdì Santo; si è schiavi di paradiso purgatorio inferno, si è schiavi di ogni suo precetto, persino quando uno va a letto non deve dimenticare di pregare. Non è schiavitù questa? Chi vuole andare in paradiso deve seguire alla lettera l’insegnamento della Chiesa, altrimenti saranno le fiamme a riceverlo! C’è qualcosa di più schiavistico di questo? Con la religione cristiana si è schiavi sia nell’anima che nel corpo: Coloro che non mi seguiranno patiranno le pene dell’inferno per l’eternità, e laggiù vi sarà pianto e stridor di denti. Non pensi, Rossi, che queste parole di Gesù, dette con sentito odio, bastino a farti capire che la schiavitù predicata dalla Chiesa è di gran lunga peggiore di quella dei filosofi greci?

E poi, anche se teoricamente la religione era per la libertà degli uomini, praticamente si è comportata sempre da tiranna verso di loro. Si è sempre schierata coi despoti di turno; sempre al loro fianco con croce e spada in mano. La religione cristiana sosteneva la schiavitù, la schiavitù fisica, morale, spirituale, dogmatica.

Nel “Trattato di ateologia” Michel Onfray scrive della schiavitù: “Paolo il masochista espone le idee con cui il cristianesimo a un certo punto trionfa. Ossia l’elogio del godimento nell’essere sottomesso, obbediente, passivo, schiavo dei potenti col falso pretesto che ogni potere viene da Dio e che ogni situazione sociale di povertà, modestia e umiltà deriva da un volere celeste e da una decisione divina… Dio, buono, misericordioso ecc., vuole la malattia dei malati, la povertà dei poveri, la tortura dei torturati, la sottomissione dei servi. Ai romani, che egli blandisce, insegna assai opportunamente l’obbedienza ai magistrati, ai funzionari, all’imperatore. Esorta ognuno a rendere il dovuto: le imposte e le tasse agli esattori, il timore all’esercito, alla polizia, ai dignitari, l’onore ai senatori, ai ministri, al principe… Infatti ogni potere viene da Dio e procede da lui. Disobbedire a uno di questi uomini significa disobbedire a Dio. Da qui l’elogio della sottomissione all’ordine e all’autorità. Sedurre i potenti, legittimare e giustificare il destino dei miserabili, adulare quelli che detengono la spada: la Chiesa avvia un sodalizio con lo Stato che le consentirà sin dalle origini di stare sempre a fianco dei tiranni, dei dittatori e degli autocrati”, p. 131.

È questo, dunque, pagare le tasse, aver timore della legge, obbedire agli ordini dei potenti, onorare il principe, accettare la povertà, la schiavitù, è questo, dunque, il suo concetto di libertà? Il concetto di libertà, in realtà, la Chiesa non l’ha mai conosciuto né praticato. Si limitava a combattere e faceva combattere in nome di Dio lo vuole! guerre cruente e sanguinose. La religione cristiana ha cercato di convertire con la forza gente che aveva altre culture e modi di vivere, ha cercato di convertire i “selvaggi”; ha cercato di convertire anche i “saggi”, quelli che, del suo virus mentale e del suo fanatismo idolatrico ne sapevano più di lei. Non era il Verbo che aveva senso per essa, non erano i metodi democratici, umani, ma ricchezze e poteri. Sono stati sempre questi il suo vero dio.

La religione ha la parte più aberrante nella storia della schiavitù. Nel nome di Dio e dello Spirito Santo benediva il crimine, lo stupro, la guerra, i lavori forzati, la servitù, il giogo, l’oppressione, ogni cosa che offendesse l’umana dignità. Non c’era punizione, torto, ingiustizia che non assolvesse nel nome di Dio. Questi era il tappabuchi per giustificare ogni violenza. La religione è fede cieca, è credenza cieca, è prevaricazione, vuole imporre il suo credo, la sua visione del mondo a tutti, e questa sarebbe libertà?

La cristianità non ha portato agli uomini la libertà, ma la schiavitù, la schiavitù ai suoi dogmi, la schiavitù a Dio, alla Chiesa, ai Santi, ai potenti, ai capitalisti, ai padroni. Il detto nietzschiano, che il rimedio è stato peggiore del  male, è correttissimo. Di più. La religione è, ed è stata, non una sola volta, ma un milione di volte, peggiore del male, di ogni male: il male peggiore che poteva capitare al genere umano. E perché? La risposta ce la dà James G. Frazer.

“La società in Grecia e a Roma si fondava sulla concezione dell’individuo subordinato alla comunità, il cittadino allo Stato; essa postulava la salvezza della repubblica come scopo dominante della condotta, al di sopra della salvezza dell’individuo, sia in questo mondo che in un mondo a venire. I cittadini, allevati sin dall’infanzia in questo altruistico ideale, consacravano la loro vita al servizio dello Stato ed erano pronti a sacrificarla per il bene comune; se indietreggiavano davanti al sacrificio supremo, sapevano di agire bassamente preferendo la loro esistenza personale agli interessi del loro paese.

“Tutto ciò venne capovolto dalla diffusione delle religioni orientali che inculcavano l’idea della comunione dell’anima con Dio e della sua salvezza eterna come soli scopi per cui valesse la pena di vivere, scopi al cui paragone la prosperità e persino l’esistenza dello Stato divenivano insignificanti. Il risultato inevitabile di questa dottrina egoista e immorale fu di allontanare sempre più il fedele dal servizio pubblico, di concentrare i suoi pensieri sulle sue emozioni spirituali e di aumentare in lui il disprezzo per la vita presente, che egli considerava semplicemente come vita di preparazione per un’altra vita migliore ed eterna. Il santo e l’eremita, dispregiatori della terra e rapiti in estatica contemplazione del cielo, divennero nella opinione popolare l’ideale più alto dell’umanità e si sostituirono all’antico ideale del patriota e dell’eroe che, dimentico di sé, vive ed e pronto a morire per il bene del paese. La città terrestre sembrava povera e spregevole agli occhi degli uomini che contemplavano la città di Dio, che si avvicinava tra le nuvole del cielo. Il centro di gravità, per così dire, si spostava dalla vita presente a quella futura, e se l’altro mondo vi ha molto guadagnato è certo che questo ha assai perduto nel cambio. Si diffuse allora una disintegrazione generale del corpo politico; si allentarono i legami dello Stato e della famiglia; la struttura della società tendeva a risolversi nei suoi elementi individuali e a cadere perciò nella barbarie; la civiltà è infatti possibile soltanto per la cooperazione attiva dei cittadini e la loro volontà di subordinare i loro interessi privati al bene comune. Gli uomini rifiutarono di difendere la patria e anche di continuare la loro specie. Nella loro preoccupazione di salvare l’anima e l’anima del prossimo, erano contenti di lasciar perire il mondo materiale che essi identificavano con il principio del male. Questa ossessione durò un migliaio di anni”, James G. Frazer, “Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione”.

Per i greci esisteva l’ignoranza, non il peccato. Socrate insegnava la conoscenza. Sia per lui che per il suo discepolo Platone, il male non era nelle cose, ma nel giudizio di valore che gli uomini portano su di esse. Si trattava di curarli dall’ignoranza insegnando loro il giusto agire. Tutta la filosofia, in qualche modo, è terapeutica, il suo obiettivo è curare gli uomini dal modo errato in cui intendono le cose e Socrate, come Buddha prima di lui, svegliava e curava i cittadini della polis greca. Invece, Saulus, quello che si convertì sulla strada di Damasco mentre andava ad ammazzare i seguaci di Gesù, li corrompeva con il suo delirio, con dicerie false, inventate, di tornaconto.

Kierkegaard, il pensatore danese, ne “La malattia mortale” scrive: Il concetto per il quale il cristianesimo nel modo più decisivo si distingue qualitativamente dal paganesimo (quindi dai greci) è proprio il peccato, la dottrina del peccato …”. Lui, però, Kierkegaard, non sapeva che, dietro questa parola, c’era solo aria fritta; lui questo non lo sapeva, per questo scriveva: “Quindi il peccato, cristianamente inteso, deriva dalla volontà, non dalla conoscenza …”, p. 114. E dove la prendi la volontà se prima non hai la conoscenza, piccolo danese?

Nessun tribunale della ragione potrà mai assolvere la Chiesa dai suoi crimini e dal male che ha arrecato all’umanità intera. La sua negatività è d’ordine europeo, mondiale, cosmico, ma soprattutto è stata negativissima per l’Italia, dove si è stabilita, dove ha trovato il corpo in cui nutrirsi e crescere, come direbbe l’antropologa Ida Magli. La religione cristiana ha rovinato gli uomini rendendoli più schiavi di quanto mai avrebbe potuto fare un qualsiasi altro sistema di potere. Il minimo che si possa dire è che è stata un disastro, un danno inestimabile, un crimine di proporzione cosmica per la civiltà occidentale: ha ritardato la democrazia e la scienza per millenni e ha messo nella testa della gente un pensiero, non etico, non morale, non umano, ma un pensiero ALIENO, un virus letale.

 

1)   “La politica di Aristotele e il problema della schiavitù nel mondo antico”, a cura di Marina Maruzzi, p. 26.

 

In quello che segue, Rossi, voglio parlarti, tra l’altro, di due personaggi molto particolari. Il primo è Lattanzio, un padre della Chiesa del tempo di Costantino; l’altro è Jean Meslier, un sacerdote francese, vissuto a cavallo tra il Sei e il Settecento.

 

 

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