L’Italia analfabeta – post 6

L’ignoranza virtuosa di san Francesco è dedicata a san Dario Fo

            Per san Francesco di Assisi, l’ignoranza è una virtù, capisci Rossi? Riesci a capire? Per lui, dopo aver abbandonato vigliaccamente l’esercito che stava andando a combattere i perugini, dopo quest’atto vile e indegno, il signor Francesco si era fatto santo e la stoltezza, la bestialità, la somarità, il non sapere né leggere né scrivere né contare né pensare né sapere di esistere (quelli che non sanno neppure di esistere, non sanno neppure giudicare i codardi), erano diventate virtù. E così, grazie a questo signore di Assisi, l’analfabetismo si trasforma in bontà, carità, sacrificio, fede, cieca obbedienza!

            Dobbiamo essere grati a lui e all’istituzione a cui appartiene, se oggi, nella seconda decade del terzo millennio, ci troviamo a vivere in un paese di analfabeti, di semi-analfabeti, di illetterati, di gente che non legge (nel diciannovesimo secolo, al tempo di Charles Dickens, gli inglesi leggevano molto di più di quanto leggono oggi gli italiani), di idioti di ogni calibro e dimensione che trotterellano sulle strade del Paese delle meraviglie e, of course, di furbi, molto furbi. Questi, i molto furbi, guidano il paese, il paese dove l’ignoranza è virtuosa. Questi virtuosismi asineschi li dobbiamo principalmente a mister san Francesco di Assisi.

            Quindi, un ignorante virtuoso è anche, inevitabilmente, un virtuoso vile e lui, Francesco, di questa viltà, ne sapeva qualcosa! L’ignoranza attrae la viltà come gli escrementi attragono lo scarabeo stercorario. Perciò non abbiamo solo un paese di ignoranti virtuosi, abbiamo anche un paese di virtuosi vili (“C’è una bella differenza, scrive Oriana Fallaci, tra i militari italiani che l’Otto settembre del 1943 si arresero ai Tedeschi senza combattere, e i Tedeschi che nel 1945 difesero Berlino fino all’ultimo uomo”).

Questi tipi di virtuosismo sono di casa nella Santa Santissima Terra Italica. E non pensare che si siano creati così, a caso, Rossi. Not at all! Sono stati escogitati secoli addietro dai furbi, i molto furbi, i furbi professionali, quelli che hanno fatto della furbizia, non della verità, non della giustizia, non del buonsenso, ma della furbizia, la loro ragion d’essere. Oggi più che mai i furbi raccolgono i frutti del loro operare; oggi più che mai l’ignoranza e la viltà virtuose sono diventate arte, arte rinascimentale, arte mefistofelica, arte diabolica, addirittura arte clownesca, arte alla san Dario Fo, e blablabla e premio Nobel e quante balle e ha ha ha. Comunque, signori, arte!

            Ho un bel paragone, Rossi, quello di paragonare il popolo del Belpaese con il popolo degli gnu. Questi bellissimi animali hanno il dono di lasciarsi sbranare dalle iene, anche se le iene sono schifosissime piccolissime bestie in confronto agli gnu e lo fanno in un modo stoico, molto stoico: senza reagire! Si lasciano sbranare e basta. “In generale la preda (gnu) se ne sta ferma emettendo forti lamenti mentre viene fatta a pezzi dalle iene”, Donald R. Griffin “Menti animali”. Lo stesso succede al popolo italiano: mentre le iene, i furbi addottorati, lo fanno a pezzi, egli se ne sta zitto zitto, emette solo lamenti pieni d’arte, of course, arte del Santo Spirito, arte fascista, arte clownesca, arte zeppa di dolori virtuosi.

Ecco, dunque, dove porta l’ignoranza virtuosa di san Francesco di Assisi: all’arte di lasciarsi sbranare senza emettere grida di dolore, ma emettere, mentre si viene sbranati, grida di piacere!

Tratto da  L’Indifferenza divina

Nel prossimo post: se Dio è morto, quindi, anche il Rinascimento 

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