Biella, città non di vita, ma di suicidi – 3 post, il terzo e ultimo

 

 

urlo-munchI suicidi a Biella (33, solo nel 2013, e per una popolazione di 40mila abitanti sono molti) non provengono dalla parte povera della città, né dalla parte ricca. Si sa che Biella è divisa principalmente tra i tutti poveri e i tutti ricchi. I tutti poveri non hanno tempo per suicidarsi, perché devono pensare giorno dopo giorno a come restare in vita, in loro domina l’istinto di sopravvivenza; i tutti ricchi non hanno neppure loro il tempo per suicidarsi, perché devono impegnarsi costantemente a trovare il modo di come investire le loro nuove acquisite ricchezze e di farle fruttare in altre ricchezze.

Allora chi si suicida a Biella? Si suicida la gente di mezzo, quella che non è né ricca né povera, perché è solo questa che trova il tempo di pensare alla vita, alla sua esistenza, alla sua anima, mente, cuore, al suo destino. E il suo destino, il destino della gente di mezzo, in questa città, a volte diventa, oltre che un peso insopportabile, anche molto problematico.

Una città, qualsiasi città e in qualsiasi parte del mondo, una volta raggiunto un certo benessere economico, un certo agio lavorativo, senza una cultura adatta a questa nuova prosperità e rilassatezza, trasforma il suo benessere in malessere. È il caso di Biella.

Ora, per evitare che il benessere si trasformi in malessere, si dovrebbero, parallelamente alla crescita e alla prosperità economica, promuovere nuovi stili di vita, ampliare le idee, costruire e proporre nuove strutture e nuovi ambienti sociali. L’operosità, e i Biellesi sono dei grandi lavoratori e bellissime persone, è importante e onorevole, le belle macchine sono una conseguenza alla ricchezza sudata e meritata e nessuno ci sputa sopra, ma senza una cultura adeguata e degna di questo nome, questi sfarzi e comodità non aiutano a vivere meglio, tutt’altro!

Non è, dunque, solo il male oscuro l’autore di tanti suicidi, a Biella, come sostengono gli strizza cervelli. Affatto. Le mal de vivre, come viene comunemente chiamato, il male che porta i depressi al suicidio (la depressione è una patologia dell’umore in cui pulsioni ed emozioni di vita e di morte si alternano), è solo la punta dell’iceberg. No, non ci sono solo i suicidi dei depressi, ci sono anche e soprattutto quelli che si suicidano per ragioni sociali: cattivi rapporti coi propri simili, in famiglia, al lavoro; sentita mancanza di valori veri, solitudine forzata, solitudine esistenziale; false ideologie che vengono proposte come verità assolute; paradisi celesti che vengono promessi attraverso una retorica martellante e cancerogena, politiche che non hanno più nessun appiglio etico e morale; per non dire che, chi più chi meno, ormai ci sentiamo tutti vittime d’una cultura retrograda e bigotta, imposta machiavellicamente e con ogni mezzo, senza farsi più scrupoli di coscienza!

E allora? E allora vuol dire che i suicidi sono dovuti a cause sociali, a disagi culturali, a un mal di vivere portato all’estremo, a valori non più sentiti ma subiti, a superstizioni religiose morte, che non convincono più nessuno e, fino a quando qualcuno non si metterà ad urlare che il re è nudo, il re è morto, il re non esiste più, questo macello cieco e inumano non lo si fermerà!

E allora cosa? E allora la domanda è: qui a Biella, in questa piccola tranquilla località del nord, un gioiellino abitato da gente industriosa ma, ahimè, chiusa in se stessa, ci si suicida perché nella città si trova tutto ciò che si desidera dalla vita o perché è ormai diventata, almeno per la gente di mezzo, un cimitero vivente?

Se le cose stanno così, per bloccare gli aspiranti al suicidio, sicuramente non basterà innalzare altissime reti di protezione sui parapetti dei ponti, sulle ringhiere dei balconi, delle terrazze e su ogni profondo precipizio, come suggeriscono alcuni, ci vorrà altro, altro e altro ancora per stoppare l’avanzata dei suicidi!

 

UN INVITO: passate parola, condividete, dite ciò che pensate. Per crescere e maturare culturalmente (non biologicamente, di questo si occupa la natura), abbiamo bisogno di comprendere, di comunicare, confrontarci, dire la nostra brutta o bella che sia. Fatelo! La vita è qui e ora e poi mai più! Non perdetevi questo confronto con voi stessi e coi vostri simili. Siamo tutti degli esseri umani! È questo ciò che raccomanda agli amici del Web, Orazio Guglielmini.

 

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